«Io e Romaeuropa abbiamo quasi la stessa età». Così Marcos Morau quando ha presentato in conferenza stampa all’Ambasciata di Spagna, Afanador, lo spettacolo che ha inaugurato il 4 e 5 settembre al Teatro dell’Opera, la quarantesima edizione di Romaeuropa Festival.
Il progetto, inserito nelle celebrazioni per i centosessant’anni delle relazioni diplomatiche tra Italia e Spagna, ha visto per la prima volta la collaborazione tra Morau, direttore de La Veronal di Barcellona, e il Ballet Nacional de España diretto da Rubén Olmo, e la scelta è caduta sull’opera del fotografo colombiano Ruvén Afanador, celebre per il suo sguardo visionario sulla moda e sulla danza, soprattutto il flamenco.
Il risultato è una monumentale coreografia con trentatré danzatori e nove musicisti, la drammaturgia di Roberto Fratini e le musiche originali di Juan Cristóbal Saavedra, che dell’opera di Afanador ha espressamente accolto la cifra surreale e visionaria, concedendo all’invenzione e avvertendo che «sarebbe impossibile ricreare quell’alchimia tra il fotografo e i personaggi di grande carisma che ha ritratto».
Eppure quella “lente deformante” che secondo Morau è per Afanador lo strumento privilegiato di osservazione, è come se venisse porta allo spettatore per la sua intima e personalissima visione. Ciascuno la sua, ciascuno con il proprio occhio più o meno esercitato e incline a sintonizzarsi su traiettorie che da un ipotetico centro di gravità deviano, si arrestano, si frantumano in una moltitudine di segmenti dis-ordinati.
Allo spettatore, così come al visitatore di una mostra fotografica o allo spettatore di un film, si chiede una sorta di ricostruzione soggettiva di quella che parrebbe una meravigliosa provocazione ellittica. Come se gli si offrisse il bandolo per riannodare le fila di un discorso fatto di allusioni, evocazioni, input lanciati attraverso scene interrotte, fermi immagini, sezioni di corpo che attendono di essere completate e contestualizzate.

Accanto a spaccati di ordinaria quotidianità come risse, liti, feste di paese, si racconta il set di uno studio fotografico, si immortalano i modelli e le modelle in posa, le probabili sale da ballo e le platee di un teatro, restituite entrambe dal punto di vista del pubblico, con file ordinate di spettatori che applaudono e subito dopo si scompongono e si disfano fino a disperdersi, dileguati in altre forme e confluite in nuove architetture. Così come composizioni geometriche di corpi, mani, braccia, articolazioni di gomiti, polsi, caviglie vanno a morire in grandi ammucchiate in una improvvisa virata di tempo.
Minimi gli oggetti di scena ma fortemente simbolici e raccontati con citazioni stilizzate, come un ventaglio nero fuori misura, vera e propria scultura, un cavallino da giostra, file di sedie identiche come sedute di una platea, biciclette, chitarre, strumenti percussivi e quella sorta di totem che si erge a inizio spettacolo, intorno al quale si consuma una danza di corpi nudi.

La drammaturgia del gesto e del suono è in costante dialettica con le luci e le ombre proiettate su due grandi schermi mobili, ma vive anche di voci, grida, dialoghi in diretta tra i danzatori mentre i costumi, tutti giocati sul cromatismo del nero, sono capaci di ricreare atmosfere antiche e lontane nel tempo, epiche andate che si affacciano tra un modernissimo set e il frammento di una corrida, come quel capannello di vecchie donne con il fazzoletto in testa, curve e prosciugate come tante Bernarda Alba di lorchiana memoria.

Quello che impressiona di questi lavori corali, che pure riservano ai passi a due e agli assoli il peso che meritano, è l’assoluta perfezione d’incastro che confida in una tecnica inattaccabile.
Che la danza sia da tempo una sfida continua a superare sé stessa, a trasformare codici consolidati e rassicuranti in forme nuove e spericolate, è parte di storia, ma l’impressione è che a volte si sia alzata l’asticella oltre le possibilità e le risorse del corpo, e si sia superata.
Afanador
idea e direzione artistica Marcos Morau
coreografia Marcos Morau & La Veronal, Lorena Nogal, Shay Partush, Jon López, Miguel Ángel Corbacho
drammaturgia Roberto Fratini
scenografia Max Glaenzel, Mambo Decorados, May Servicios para Espectáculos, Carmela Cristóbal
costumista Silvia Delagneau, Iñaki Cobos
composizione musicale Juan Cristóbal Saavedra
collaborazione speciale Maria Arnal
musiche per Minera e Seguiriya Enrique Bermúdez e Jonathan Bermudez
testi Temporera, Trilla, Liviana, Bambera e Seguiriya Gabriel de la Tomasa
disegno luci Bernat Jansà
design e dispositivi elettronici José Luis Salmerón de la CUBE PEAK
progettazione audiovisiva Marc Salicrú
fotografia Ruven Afanador
copricapi JuanjoDex.
Il progetto, inserito nelle celebrazioni per i centosessant’anni delle relazioni diplomatiche tra Italia e Spagna, ha visto per la prima volta la collaborazione tra Marcos Morau, direttore de La Veronal di Barcellona, e il Ballet Nacional de España diretto da Rubén Olmo.
Romaeuropa Festival in corealizzazione con il Teatro dell’Opera di Roma
e presentato con il sostegno dell’Ambasciata di Spagna in Italia, l’Istituto Cervantes e la Banca Ifis.
Romaeuropa Festival 2025, Teatro dell’Opera di Roma, Roma, 4 e 5 settembre 2025.
Prossime date :
Concertgebouw Brugge, Bruges, 5 novembre 2025.
Grand Théâtre de Provence, Aix-en-Provence, dal 4 al 6 dicembre 2025.
Théâtre du Châtelet, Parigi, dal 27 marzo al 2 aprile 2026.
