Strike, l’amicizia ai nostri tempi. Nuovi autori per nuove realtà di Sergio Roca

Tra le nuove proposte teatrali cui ho assistito recentemente Strike è sicuramente tra le più interessanti. Una commedia diversa, contemporanea, che per gli argomenti trattati e per l’uso, seppur non intensivo, dello slang dei ventenni cerca di immergersi nei problemi e nel “sentire” dalle nuove generazioni. Situazione particolarmente inusuale è che i drammaturghi-attori che hanno realizzato l’opera: Gabriele Berti, Giovanni Nasta, Diego Tricarico sono tutti poco più che maggiorenni.

Il lavoro narra dell’incontro di tre ragazzi in un SerT: un centro di cura delle tossicodipendenze.
È una estate torrida e Dante (Gabriele Berti), laureando in psicologia, ragazzo complessato e in sovrappeso, sta svolgendo il tirocinio semestrale, prima di discutere la tesi. Nel cortile della struttura frequenta Pietro (Giovanni Nasta), obbligato ad un periodo di disintossicazione per piccoli problemi di droga che, nella desolazione del luogo, sembra non essergli troppo distante per cultura e ceto sociale. Un pomeriggio i due incontrano un altro ospite della struttura: Tiziano (Diego Tricarico), un soggetto apparentemente difficile, un reietto della società, sottoposto a terapie di recupero più drastiche.


Dopo un iniziale imbarazzo, superati i preconcetti e le reciproche diffidenze, i tre riusciranno a conoscersi tanto da costruire una sincera e salda amicizia. I ragazzi, in fondo, sono simili nella diversità perché accumunati da varie forme di disagio sociale. Se Pietro e Tiziano hanno compensato il loro malessere cedendo alla droga, Dante lo ha fatto eccedendo nel cibo perché, benché apparentemente il più fortunato del trio, non è esente da sofferenze esistenziali. Dopo una serie di peripezie, tra scene comiche, brani fra il rap e l’hip hop, qualche scommessa sui cani e un doloroso dramma familiare, tutti troveranno la loro strada prima dell’arrivo dell’autunno. Si avvera così l’auspicio fatto da Dante che, nel tentativo di incoraggiare i suoi amici a non cedere alle difficoltà della vita, lanciando una palla da bowling nel tentativo di fare Strike (da qui il titolo della pièce) dichiara: «abbiamo tutti una palla da bowling da lanciare».

Gli attori durante la rappresentazione sono concentratissimi. Sudano, si agitano, inventano gags, cantano e si impegnano fino allo stremo e agli spettatori non resta che lodare la generosità scenica degli interpreti. Lo spettacolo, però, seppure molto divertente, ha alcuni limiti di scrittura causati dalla probabile volontà dei singoli autori/attori, di avere pari dignità scenica. La trama mostra delle ingenuità di scrittura con un finale che risulta scontato proprio nel momento in cui il testo lascia spazio ad un dramma inaspettato. Lo stile, cinematografico, richiama volutamente quello della commedia all’italiana (con plateale citazione di Febbre da Cavallo di Vanzina) ma anche quello all’americana che impone il lieto fine o, almeno, il lasciar spazio alla speranza. La regia, forse, avrebbe dovuto imporsi tagliando alcune scene e scegliendo di sacrificare qualche battuta a favore di una maggiore “identità” e compattezza narrativa della rappresentazione. Concludendo se da un lato, lasciando il teatro, ci si ritrova allegri e soddisfatti per le numerose risate scaturite dalle varie scene comiche e dall’affiatamento del cast, dall’altro si resta un po’ confusi (e delusi) dal plot che nella forma oscilla di continuo tra farsa e dramma, parodia e commedia, reale ed assurdo.

Strike

scritto e interpretato da Gabriele Berti, Giovanni Nasta, Diego Tricarico

regia Gianni Corsi
supervisione artistica Massimiliano Bruno
aiuto regia Veronica Benassi

assistente alla regia Alessandro Fanelli

colonna sonora Muninn e Chaz Trio

scenografia Ambramà e Lisa De Benedittis
costumi Giulio Morini

organizzazione Susan El Sawi

foto Chiara Calabrò

luci Marco D’Amelio

progetto grafico Daniele Benedetti

Teatro Cometa Off, Roma, dal 18 al 23 dicembre 2018.