Io sono Chi: storia di un’esperienza nelle RSA Intervista a Alessia Arena di Carolina Germini

Io sono Chi è un’affermazione, che somiglia però a una domanda rovesciata, come se, anche nell’atto di enunciare, non potessimo fare a meno di continuare a interrogarci. L’indagine sul corpo infatti non si interrompe mai o meglio è il corpo stesso che non si stanca di essere esaminato. È questo quello che Alessia Arena nell’ultima ricerca teatrale ci mostra. Il suo lavoro, presentato al Roma Fringe Festival e diretto da Matteo Marsan, descrive il rapporto tra corpo e identità negli anziani.
L’attrice toscana ricrea sul palcoscenico le atmosfere e i dialoghi di uno spazio, confinato al di là della realtà, quello delle RSA. Viene in mente, ascoltando questo testo, una poesia di Alda Merini, una delle tante dedicata al manicomio. Si tratta di Vicino al Giordano. I primi versi in particolare evocano l’atmosfera che il testo di Alessia Arena riesce a ricreare: «Ore perdute invano nei giardini del manicomio, su e giù per quelle barriere inferocite dai fiori, persi tutti in un sogno di realtà che fuggiva buttata dietro le nostre spalle da non so quale chimera». Questo sogno di realtà non è altro che il desiderio di riavere la vita di un tempo. È per questo che i malati di Alzheimer chiedono sempre di essere riportati a casa.
Ma più che sull’esperienza della mente, il testo di Alessia Arena si concentra sulla storia dei corpi che occupano lo spazio delle RSA. Valchiria, una delle tante donne che ci parla di sé, sa benissimo che ormai il suo corpo non le appartiene più: «Il mio corpo, ora lo vedete, è una cosa vecchia. Io mi muovo poco, sto su questa sedia. Ora più che per me, è un corpo per i dottori: loro lo ascoltano, lo misurano, io non sento più niente. Lo guardo da fuori».
Delle persone che si nascondono dietro i personaggi che incontriamo sul palcoscenico, Alessia Arena ci svela il lato più umano durante un’intervista a fine spettacolo.

                                                                           

Da dove nasce il desiderio e la curiosità di fare un’esperienza residenziale nelle RSA?

Vi è stato un periodo nella mia vita in cui ero impossibilitata a camminare, ed ho sentito forte l’esigenza di volermi confrontare con chi forzatamente non può rifuggire dal dialogo con il proprio corpo, gli anziani. Un corpo che nelle RSA è il loro unico elemento identificativo.

Qual è il significato dell’omissione del punto interrogativo nel titolo Io sono Chi?

Io sono Chi non è infatti una domanda ma una affermazione, l’affermazione di una identità, rafforzata da quella C maiuscola, che vuole essere raccontata.

Vi è un elemento comune a tutte le storie che racconti?

Sicuramente le mani, in cui gli anziani che ho conosciuto hanno custodito gli schiaffi mai dati, le carezze perdute, l’amore per i lavori manuali, i “ti voglio bene” mancati e molto altro ancora.

Le RSA sono soltanto il luogo di partenza di questo lavoro teatrale o hai in mente di portare il tuo spettacolo nel luogo in cui ha preso forma?

Ho volutamente scelto di ritornare nelle RSA solo con un format laboratoriale dal titolo omonimo, sviluppato sul modello di quanto realizzato durante la mia residenza artistica, perché gli anziani potessero ancora una volta raccontarsi e scavalcare con le loro identità quelle mura.

                                                                             

Io sono Chi

di Alessia Arena
regia Matteo Marsan
collaborazione artistica Daniela Morozzi e Valerio Nardoni
video Federica Toci
contributi fotografici Simona Albani.

Fringe Festival, Roma, 10 e11 gennaio 2020.