Il flamenco e il folclore spagnolo, tra tradizione e innovazione, conquistano Roma di Livia Nigro

foto Ilde Sandrin

Uno dei più importanti festival dedicati alla danza folcloristica internazionale, tra quelli promossi dalla fondazione Musica per Roma presso l’Auditorium Parco della Musica, è sicuramente il Festival di Danza Spagnola e Flamenco che, dopo una fase di sperimentazione, dal 2019, avrà cadenza annuale.
Sotto la direzione artistica di Roger Salas e la consulenza di David Lopez, il Festival si propone di mostrare le attuali molteplici sfaccettature della danza sperimentale spagnola e del flamenco e ciò attraverso serate dedicate alla musica e alla danza. Per la prima volta in assoluto va in scena la collaborazione artistica tra la bailaora e coreografa sivigliana Belén Maya e la cantaora catalana Maite Martín (n.b. i termini bailaor/a e cantaor/a indicano specificamente i ballerini e i cantanti di flamenco) nonché un inusuale appuntamento interamente dedicato ai giovani talenti under 34.
Sostenuta dal Ministero della cultura spagnolo e dall’Ambasciata di Spagna a Roma, questa edizione può contare inoltre sul supporto artistico della comunità autonoma d’Andalusia (terra natia del flamenco) e per la diffusione del programma, dell’Istituto Cervantes.
Tra le esibizioni legate alla danza si distingue lo spettacolo Emilio Ochando y compañia.

 

foto Maria Alperi

Ochando – definito uno degli artisti più interessanti della sua generazione perché estremamente abile a rinnovare la tradizione senza stravolgerla – mostra, con il suo ensemble, un altro aspetto delle tendenze del flamenco e della danza tradizionale spagnola, rileggendola in chiave attuale e personale. L’artista valenciano presenta Siroco (Scirocco), riferendosi al vento caldo e secco che soffia dal Nordafrica sul Mediterraneo centrale, per richiamare il carattere sensuale e avvincente del flamenco. Su questa ispirazione coreografica il ballerino mostra come i quattro accessori fondamentali di questa danza, lo scialle, il ventaglio, la bata de cola (la coda del vestito) e le nacchere prendano vita e assumano dinamicità grazie allo spostamento d’aria. Questi oggetti completano l’espressione del danzatore e, essendo difficili da maneggiare, ne mettono in risalto l’abilità tecnica. Quando poi il movimento scorre liberamente, gli ausili assumono un carattere, un’identità autonoma, divenendo i veri padroni della scena. Tradizionalmente associati alla figura femminile, i quattro elementi complementari sono inusualmente maneggiati da soli danzatori maschi. Questi ultimi alternano esibizioni singole, che fanno risaltare le doti tecniche di ciascun ballerino, a coreografie di gruppo travolgenti e incalzanti. Ochando lancia così una provocazione: sottolinea la necessità di far tacere i preconcetti e di far cadere i tabù sull’intersessualità per trasmettere un messaggio di libertà espressiva, slegata dall’identità di genere, incitando danzatori e danzatrici a mostrarsi nel loro “essere quotidiano” senza, perciò, venir frenati o annichiliti dalle etichette sociali.
Far esibire gli uomini con ventaglio e nacchere e, ancor più, il far indossare loro lo scialle e la bata de cola, è un’idea molto coraggiosa che destruttura totalmente la tradizione del flamenco. Non solo sottrae gli oggetti e il vestiario all’universo tipico femminile, ma mostra quanto essi possano essere usati, con pari destrezza, anche dagli uomini. Se dal Settecento ad oggi questa forma di danza, di origine andalusa, si è arricchita di colori e di valenze simboliche, nessuno prima dell’attuale generazione di coreografi, si era spinto al punto di rompere gli schemi differenti e distintivi dei ruoli svolti dai due sessi.

 

foto Maria Alperi

Lo spettacolo si apre al ritmo del tanguillo: un palo (tipo di canto) flamenco caratterizzato dall’allegria, a cui ne seguono altri (come tangos, jaleos e fandangos) cantati a cappella o supportati dagli strumenti dei musicisti presenti in scena. Il trio musicale ha ripercorso l’evoluzione della tradizione acustica del flamenco, originariamente solo cantata e priva di strumenti, supportata dalla sola ritmica corporea del battito delle mani, giungendo all’uso più moderno della chitarra e delle percussioni per predisporre un tappeto sonoro (compás) ai bailaor e agli stessi cantaor.
A dimostrazione delle capacità innovative del danzatore e coreografo Ochando, va citata un’esibizione inusuale e particolarmente impegnativa in cui i danzatori, liberatisi delle tradizionali scarpe con tacco da flamenco ed indossate le scarpette da danza classica, hanno compiuto notevoli virtuosismi (tra cui il tipico entrechat sis della tecnica classica maschile). Come se ciò non fosse sufficiente a mostrare la loro bravura, nei diversi stili di balletto, hanno voluto accompagnare i movimenti con i quattro accessori, rendendo il pezzo superlativo nell’ibridazione dei generi.
Le luci calde assistono la coreografia disegnando raffinate atmosfere e mettendo in risalto il moderno minimalismo dei costumi, anch’essi innovativi rispetto a quelli sgargianti della tradizione, disegnati dallo stesso coreografo. La semplicità, assieme alla sobrietà dei colori, marrone e verde, non li priva, però, di dettagli più ricercati come passamanerie, frange e merletti.
Nonostante il flamenco non nasca come forma di esibizione pubblica ma come esigenza personale di sfogare emozioni attraverso un linguaggio intimo e privato, lo spettacolo sembra sdoganare anche quest’ultimo vincolo: se la complessa tecnica di base è rispettata, i movimenti introversi che, usualmente, si rivolgono verso il basso, sono riletti in chiave moderna e dedicati al pubblico, in una performance curata nei minimi dettagli e che non ha nulla da invidiare ad altre forme di danza.
Lodevole non solo la pluralità di competenze artistiche del coreografo, ma anche il coraggio di reinterpretare un folclore così sentito in terra spagnola e rimasto immutato per diversi secoli.

foto pubblicitaria parco della musica

Siroco – Emilio Ochando y compañia

regia e coreografia Emilio Ochando
ballerini José Alarcón, Juan Berlanga, José Ángel Capel, Pedro Ramirez (del Ballet Nacional de España)
musiche originali Daniel Jurado, José Ibáñez e Maka Ibáñez
progetto luci David Pérez
costumi Emilio Ochando
realizzazione costumi Miriam Mogollón
suono Juan Luis Vela

Sala Petrassi, Auditorium Parco della Musica, Roma, 10 gennaio 2019.