ESERCIZI DI MEMORIA> Apprendere/Crocevia di Tiziano Di Muzio e Mariavittoria Rumolo Iunco

Foto di Arianna Morganti

La rubrica Esercizi di memoria continua con Massimo Verdastro. Il viaggio condurrà alla scoperta dei crocevia e della formazione dell’attore e regista romano, dai corsi serali alla Scuola delle Arti Ornamentali di Roma alla scelta di dedicare la propria vita al teatro.

Conclusi i cinque anni di ragioneria al Maffeo Pantaleoni di Piazzale Flaminio a Roma, mi sono iscritto ai corsi serali della Scuola delle Arti Ornamentali di via San Giacomo, una traversa di via del Babbuino. È una scuola serale antichissima, nata nel 1700 e pensata per i lavoratori, quelli che non avevano potuto studiare e che qui avevano la possibilità di frequentare i corsi la sera. Mi sono iscritto e ho fatto quattro anni. Questo mi avrebbe permesso di entrare all’Accademia di Belle Arti anche se, poi, ho frequentato la facoltà di Architettura per due anni prima di fare il passaggio a Lettere Moderne: ho lasciato anche questo percorso ed ho dedicato la mia vita al teatro.

Foto di Arianna Morganti

A Roma ho incontrato Silvio Benedetto, un regista pittore italo-argentino, che mi ha portato a Palermo. Mi sono innamorato di quella città e ho deciso di fare la scuola di teatro Teatès che Michele Perriera stava fondando proprio in quegli anni. Quindi, ho frequentato il primo biennio (1979 – 80) di quella che è stata la prima scuola nel meridione d’Italia. Considero Michele Perriera uno dei miei maestri. È stato uno dei fondatori del Gruppo ’63, avanguardia letteraria italiana nata a Palermo nel 1963, insieme ad altri importanti scrittori ed intellettuali come Sanguineti, Pagliarani, Arbasino e Porta. Michele Perriera era anche un autore, un drammaturgo e un regista e ha scritto molti testi teatrali. Ad un certo punto ha deciso di fondare questa scuola. Io l’ho conosciuto all’Hotel Centrale dove eravamo con Benedetto a fare degli spettacoli: è stato lui stesso a parlarmi di questa scuola. L’ incontro fu determinante per me sia perché ho deciso di frequentare la scuola sia perché, poi, sono rimasto a Palermo per gli altri sei anni. Successivamente, lui ha fondato anche una cooperativa con alcuni degli allievi che erano usciti dalla scuola e io ho partecipato ai suoi spettacoli. A Palermo ho conosciuto anche la fotografa Letizia Battaglia, il compositore e violoncellista Giovanni Sollima, giovanissimo in quegli anni, Mimmo Cuticchio e tanti altri. Letizia Battaglia è stata la mia compagna di scuola al teatro di Perriera. Lei frequentava il corso di regia perché questa scuola prevedeva, oltre al corso per attori, anche quello di regia. Era molto più grande di me e già lavorava come fotografa al giornale “L’ora”, per la sezione dedicata alla cronaca. Siamo alla fine degli anni Settanta e la sua notorietà arrivò, giustamente, dopo. Ho un legame forte con Palermo, mi sento quasi un palermitano d’adozione. Ho continuato, nel corso degli anni, ad andarci regolarmente anche con progetti teatrali che sono nati lì con altri autori, perché oltre a Nino Gennaro, ho avuto un rapporto molto intenso con la drammaturga palermitana Lina Prosa e con Franco Scaldati. Il poeta corleonese Nino Gennaro, trentenne in quel periodo, era uno dei frequentatori più assidui di quel teatro. Era un istrione, leggeva tutti i suoi testi e aveva una capacità oratoria straordinaria. Gennaro è stata, forse, la figura che mi ha in qualche modo “formato” più delle altre. Fa parte di me, della mia costruzione sia umana sia artistica perché mi ha dato la possibilità di sondare anche territori espressivi che non conoscevo. Nino Gennaro è stato un amico fraterno che purtroppo è venuto a mancare nel 1995, a 46 anni, a causa dell’AIDS. È stata una figura singolare nell’ambito culturale e storico di quegli anni. Scrittore amanuense, se così possiamo definirlo, perché non ha mai usato macchina da scrivere ne tanto meno un computer, è stato uno dei promotori del movimento di liberazione omossessuale in Sicilia. Agli inizi degli anni Settanta, poco più che ventenne, è stato anche attivissimo sul fronte della lotta alla mafia. Nel 1978 ha lasciato Corleone e si è rifugiato a Palermo dove ha vissuto fino alla morte. Alcune cose che vi ho portato sono le ultime che ha scritto durante la malattia, periodo in cui aveva intrapreso un percorso filosofico spirituale, coniugando l’esperienza di Madre Teresa di Calcutta con Francesco d’Assisi, l’esperienza dei monaci Sofi con il Cristo dei Vangeli gnostici. Le letture riverberavano questa solarità mediterranea sulle sue riflessioni o aforismi, o addirittura su degli Haiku (come lui stesso li definiva). Questi testi gioiosi, luminosi, Gennaro li scriveva su block-notes – più di 2000 – che chiamava Libretto gioia attiva e che regalava a tutti gli amici che lo andavano a trovare, facendo loro la dedica. Ad esempio: «Cuore di Nino a cuore di Massimo», proprio perché lui diceva che le cose preziose non si devono tenere ma passarle di mano in mano. Nino Gennaro è stato importante per la sua amicizia, la sua persona, il suo essere uomo, la sua profonda umanità e la sua notevole sensibilità, fuori dal comune.

Foto di Arianna Morganti

Penso che “incontrare” il teatro sia un’occasione veramente importante, necessaria. La scelta che ho fatto nel 1978 fu una scelta abbastanza singolare. Mi sono ritrovato a Palermo casualmente ma lì ho incontrato delle persone meravigliose e ho deciso di rimanere. I miei genitori mi consideravano matto e mi dicevano: «Ma che vai a fare a Palermo?! A Roma c’è l’Accademia di Belle Arti. Altrimenti vai a Milano al Piccolo». Io, invece, ho deciso di andare a Palermo, era una scelta solo mia, fatta per me; una scelta sorprendente che mi ha permesso di conoscere artisti e persone meravigliose, degli attori meridionali che sono straordinari. Molti non sono noti ma posso assicurare che sono bravissimi! Come anche diversi autori: quanti eccellenti autori provengono dal meridione? Quanti drammaturghi? Le persone che ho incontrato in quegli anni di formazione erano giovani coraggiosissimi per tutto quello che hanno fatto. Siamo tra la fine degli anni Sessanta e i primi anni Settanta e a Corleone di coraggio ce ne voleva molto! Un coraggio che hanno pagato. Ero giovane, facevo teatro, ricordo che ci sono state delle occasioni per approfondire lo studio della materia teatrale, per confrontarsi e sperare in maggiori aperture. Ma non era facile, anzi. Partecipavamo ai laboratori, oppure seguivamo il lavoro di un’attrice, di un attore o di un regista. Anche entrare a far parte di una compagnia era complicato. Da diversi anni, invece, mi sembra che ci sia stata un’apertura maggiore, quindi, io credo che molti giovani che hanno intrapreso questa strada, hanno avuto e hanno la possibilità di approfondire in maniera più completa lo studio delle discipline che regolano il teatro. Io volevo fare il ballerino, quindi ho studiato danza, poi mimo negli anni Settanta e, solo successivamente, mi sono avvicinato al teatro. Mi interessava molto lo studio della parola, il lavoro sul testo. Poi, ho fatto alcune esperienze di teatro negli appartamenti e, dopo Palermo, sono tornato a Roma, dove ho ricominciato praticamente da capo. Palermo non offriva grandi opportunità professionali. Ho anche avuto la fortuna di lavorare con Peter Stein e con Luca Ronconi. Ho abbandonato, per un periodo, il lavoro sul corpo e mi sono dedicato molto alla parola. C’è stato quel connubio con il teatro di Federico Tiezzi e ho avuto anche la possibilità di andare in molti posti. Credo che anche questo sia importante. La visibilità è importante perché ti mette alla prova, ti fa confrontare con la critica e, soprattutto, con il pubblico.