Quest’uomo mi ha rubato la psiche! Sul Raoul di Thierrée di Katia Ippaso

Etichettato sotto il genere di Nouveau Cirque, Raoul di James Thierrée è arrivato per la prima volta in Italia, grazie al Romaeuropa Festival. Eppure, l’opera sfugge a qualunque classificazione. Se dobbiamo guardare ai mezzi espressivi e tecnici, l’artista che si è esibito al Teatro Argentina è, a tutti gli effetti, un clown. Però è anche un meraviglioso danzatore. E uno scenografo visionario. Ultimo discendente della gloriosa famiglia dei Chaplin (suo nonno Charlie, sua madre Victoria), James, nato in Svizzera, si è formato nel mondo circense. «È un magma che risale dalle viscere di un vulcano, la sorgente del mondo sotto la calotta terreste, qualcosa di estremamente presente nei miei ricordi e nel mio corpo. Un ricordo legato all’Italia, attraversata da capo a piedi per grandi tournée quando ero piccolo» dice Thierrée parlando del circo.
James è un attore: a teatro ha lavorato con Bob Wilson e Peter Greenaway, al cinema è stato diretto da Coline Serreau, Agnieszka Holland, Tony Gatlif, Roschdy Zem (Premio Cesar 2017 per l’interpretazione di Foottit nel film Chocolat). Per questo sa usare il volto come uno strumento musicale e a noi che lo osserviamo seduti in platea da lontano, pare di vedere ogni sottile increspatura degli occhi e della bocca, come se fosse in primo piano. Lo spettacolo con cui si è presentato a Roma ha dieci anni di vita. Intanto, in questo lungo arco di tempo, il Nouveau Cirque, specialmente quello di area francese, si è spinto talmente avanti nella sperimentazione da far apparire Raoul uno spettacolo dell’era analogica sperduto in mezzo al dominio delle opere digitali. Gli animali creati dalla sorella di James, Victoria Thierrée, sono magnifici nella loro semplicità, al punto da sembrare dei giganteschi giocattoli. E della potente scenografia si possono distinguere chiaramente gli elementi di legno e di stoffa.


Allora, quale è il prodigio? Ecco, il prodigio sta nell’equilibrio che James Thierrée ha saputo trovare tra il gesto acrobatico, i numeri di illusionismo, e la messa in campo di una natura disarmata, fragile. In scena, c’è un solo uomo, James, che si sdoppia nell’assediato e nell’assediante. E sono altissime le pareti che quest’uomo erge tra sé e il mondo. In fondo, non desidera che essere lasciato in pace, a leggere il suo libro. Ma la sua calotta polare è destinata a sciogliersi e a cadere, nel momento in cui una seconda forza interiore prende furiosamente d’assalto il nido dell’animale uomo. A quel punto Raoul si mostra nella sua nudità, in balia delle sue piccole ossessioni che non gli fanno trovare pace. Continuamente scisso tra il gesto che apre e quello che chiude, tra il desiderio di accucciarsi e quello di scrutare il mostro che ci cammina dentro, questo piccolo uomo con i capelli e i vestiti argentati è capace di parlare direttamente alla nostra psiche. Antico e futuristico, il cerchio siderale in cui si muove James/Raoul con i suoi fantasmi è l’Ade della mitologia greca, è l’inconscio freudiano, è la terra rovesciata di Lewis Carroll, è il mondo distopico in cui si aggira la fantascienza, è un bestiario onirico che annovera sempre nuove creature, quelle che vengono a trovarci ogni notte quando dormiamo, con forme tutte diverse. Chiamiamolo come vogliamo, ma Raoul è un’opera che ci fa sentire amati e compresi: nelle paure, nei desideri, nelle piccole ossessioni, negli istinti di fuga e nella tenerezza che ogni tanto ci assale pure verso quel Raoul che abbiamo lasciato solo, seppellito tra montagne e sipari della mente. Ma, soprattutto, quest’opera delicata e vorticosa ci mostra fino a dove si può spingere l’uomo. Come un piccolo Leonardo da Vinci, James Thierrée è capace di volare giù, sempre più giù, negli abissi nella nostra psiche, in un universo che non ha limiti, dove incontra tutte le altre creature della terra e del cielo, suoi simili, e di risalire più leggero, stanco e felice di avere così a lungo scolpito con le sue umanissime arti il mistero chiamato Uomo.

Raoul

progettato, diretto ed eseguito da James Thierrée
costumi e design degli animali di Victoria Thierrée
suono Thomas Delot
luci James Thierrée e Bastien Courthieu
l’ombra e le creature Samuel Dutertre
direttore di palco Guillaume Pissembon e Anthony Nicolas
light manager Bastien Courthieu
costumi e set manager Sabine Schlemmer
registrazioni di chitarra elettrica Matthieu Chedid
assistente alla regia Laetitia Hélin e Sidonie Pigeon
estratti musicali “Manifeste” Tony Gatlif e Delphine Mantoulet
set e costumi Victoria Thierrée, Monika Schwartzl, Matthieu Bony, Marie Rossetti, Pierre Jean Verbraeken, Jean Malo, Véronique Grand, Pauline Köcher, Brigitte Brassart, Philippe Welsh.
foto di scena Richard Haughton.

Romaeuropa Festival, Teatro Argentina, dal 2 al 6 ottobre 2019.