“Opening Night”, l’omaggio sorprendente al teatro firmato La Veronal di Renata Savo

Foto di May/Zircus-TNC

Quando abbiamo letto nel programma di sala che Opening Night della compagnia spagnola La Veronal, diretta dal coreografo Marcos Morau, era «un omaggio allo spettacolo dal vivo, al teatro e alle esperienze che solo questo luogo può contenere» abbiamo pensato: “ecco… un altro spettacolo autoreferenziale”. Per fortuna, abbiamo saputo mettere da parte i nostri pregiudizi e ricrederci. Quest’opera di teatro-danza ci ha spiazzato, dal primo istante. Comincia infatti l’attimo dopo la fine di uno spettacolo. Seduti in sala, sotto le luci accese in platea, sentiamo gli applausi a sipario chiuso di cui non siamo noi la fonte. Una donna in abito nero ottocentesco esce dal centro del pesante panneggio rosso portando un fascio di rose rosse tra le braccia. Ringrazia. Forse è un’attrice, una danzatrice, una cantante lirica. I suoi ringraziamenti si rivolgono non solo al pubblico, ai tecnici o ai colleghi della compagnia, ma al teatro stesso, che le consente di trasformare i propri complessi nel riflesso della sua forza. «Grazie al vostro mondo, posso essere in quest’altro», dice rivolgendosi agli spettatori. Le luci poi si abbassano, gradualmente. La donna apre il sipario schiacciando un pulsante, ma, come una scatola cinese, il dispositivo scopre un altro sipario. Sorpresa. Quando anche il secondo sipario si abbassa, su un piccolo schermo laterale appeso alla parete di una scena nuda come la pietra, scorrono titoli di coda, anche se lo spettacolo è iniziato da dieci minuti. Due danzatori eseguono una partitura di movimenti fluidi con i corpi che si intersecano. È la tecnica della contact ma senza improvvisazione, somiglia a una lotta, e infatti uno dei due soccombe. Nel frattempo, i flash di un fotografo sono su di loro, dalla platea era salita sul palco una figura con un grosso zaino in spalla, forse un cameraman, personaggi che esprimono la rottura di convenzioni legate al mondo teatrale. Un fotografo o un cameraman non dovrebbero far avvertire la propria presenza con i loro strumenti di lavoro, ma in questo spettacolo tutto è votato all’ostentazione dell’artificio, delle situazioni limitrofe o retrostanti alla performance, finanche dei fantasmi seppelliti tra quelle mura, tavole, palchetti, poltrone, in cui bisogna in qualche modo credere per lasciarsi attraversare dalla magia del luogo che per molti, ancora dopo millenni, resta una sorta di tempio. Nel momento stesso in cui sta accadendo, ogni cosa, dai pensieri degli interpreti e del regista ai tecnici (che influenzano l’atmosfera sul palcoscenico con i loro caschi luminosi), alle “americane” per i fari, ai performer che danzano provando a indossare un costume troppo grande o si muovono intorno a un pianoforte a coda come se fosse un partner, ogni cosa, appunto, viene svelata o smontata per rovesciare il rapporto tra la realtà e il teatro. Ciò che sta dietro le quinte in senso metaforico o fuori scena si fa spettacolo. È proprio un mondo a rovescio quello di Opening Night. Sognato, rifiutato, condiviso, emarginato. È l’artificio sviscerato, l’assurdo distillato.

Foto di Piero Tauro

Una donna esegue una danza di carattere con un ventaglio, e lo fa con movimenti irruenti su una musica sconclusionata. Poco dopo un’altra giovane, smarrita, deve incontrare un uomo ferito, e il loro stesso rapporto sembra una tela da fare e disfare, come la scatola scenica che li contiene. Tutto si manifesta fuori posto, ma in modo geniale.
I brani musicali commentano con ironia il caos fantasioso e strambo prodotto dalle figure che dominano la scena. Il teatro qui è un microcosmo in cui il tempo si accartoccia: come in un dipinto cubista, il soggetto viene scomposto in una moltitudine di istanti schiacciati su un solo piano che li comprende tutti. Così sul palco convivono tanto le ore che precedono quel momento atteso, il debutto – e quindi l’allestimento, le prove, l’imprevisto che scombina i piani della produzione, la preparazione in camerino – quanto quello che resta alla fine: applausi, ringraziamenti e un fascio di rose.

Opening Night

idea, direzione artistica e design Marcos Morau
coreografia Marcos Morau in collaborazione con i performer
performer Mònica Almirall, Valentin Goniot, Núria Navarra, Lorena Nogal, Shay Partush, Marina Rodríguez
testo Carmina S. Belda, Violeta Gil, Celso Giménez
assistente alla regia Mònica Almirall
consulenze artistiche Roberto Fratini
direzione tecnica David Pascual
light designer Bernat Jansà
direttore di scena, macchinari ed effetti speciali David Pascual
sound design Juan Cristóbal Saavedra
scenografia Max Glaenzel
costume design Sílvia Delagneau
sartoria Mª Carmen Soriano
maschere Juan Serrano – Gadget Efectos Especiales
produzione e logistica Cristina Goñi
gestione della produzione Juan Manuel Gil Galindo
co-produzione La Veronal, Teatre Nacional de Catalunya, Centro de Cultura Contemporánea condeduque e Romaeuropa Festival
con il supporto di INAEM – Ministerio de Cultura y Deporte de España e ICEC – Departament de Cultura de la Generalitat de Catalunya.

Romaeuropa Festival, Teatro Argentina, Roma, 5 e 6 ottobre 2022.

Prossima data:
VIE Festival, Teatro Bonci, Cesena, 9 ottobre 2022.