Dopo la proiezione in anteprima al Biografilm Festival di Bologna arriva in tv il bel documentario di Silvia Luzi La Storia: il romanzo dello scandalo. Scritto dalla regista con Luca Bellino (sodalizio da cui sono nati diversi apprezzati documentari e anche un lungometraggio di finzione, Il cratere), il film racconta Elsa Morante dalla prospettiva della sua opera più nota e maggiormente discussa, a cinquant’anni esatti dalla sua pubblicazione. Era infatti il 1974 quando, per Einaudi, esce La Storia: la scrittrice romana che nel 1957 si era aggiudicata per L’isola di Arturo il più ambito dei riconoscimenti letterari, prima donna ad aver vinto il Premio Strega, finisce al centro di una polemica infuocata. Il romanzo, oggi incontestato capolavoro, diventa un “caso”. Anzi, come ben sintetizza Marino Sinibaldi davanti alla m.d.p., «il più clamoroso caso editoriale della storia editoriale, culturale e politica dell’Italia del Dopoguerra».
Il documentario ricostruisce la genesi del romanzo e la sua lunga “incubazione”, necessaria a lasciar depositare ricordi di vita vissuta per distillarli in invenzione letteraria. Tutto ha inizio nell’autunno del 1943: Elsa Morante e suo marito Alberto Moravia, entrambi di origine ebraica, fuggono da Roma. Lui è già uno scrittore affermato, lei appena una talentuosa “promessa”. Per un guasto il treno, diretto a Napoli, si ferma nelle campagne a un centinaio di chilometri da Roma. Ed è qui, a Fondi e poi nel borgo montano di Sant’Agata, che la coppia trova rifugio presso famiglie di contadini della zona, adattandosi alla meglio all’asperità del luogo e delle circostanze (commovente la testimonianza di chi allora, ragazzo, conobbe Elsa, una cittadina, forse un’attrice, chissà… che «teneva due quaderni, li portava sempre con sé»). Eppure, per Elsa quel periodo di forzato esilio segna la scoperta di un mondo altro, povero, estremamente semplice: di quegli umili ai margini e mai protagonisti ai quali, tre decenni dopo, darà voce proprio ne La Storia attraverso le vicende, dal 1941 al 1947, di Ida Ramundo, insegnante e vedova, e dei suoi figli, l’adolescente Nino e il gracile Useppe, frutto della violenza perpetrata su di lei da un soldato tedesco.
Ma di mezzo, in quei tre decenni che separano l’ambientazione del romanzo dalla sua uscita, c’era stata la rinascita, il boom economico, la o le rivoluzioni del Sessantotto, ed erano arrivati gli anni Settanta. Nel clima di piena contestazione quel libro insieme «disperato e consolatorio» appare «fuori tempo», peggio ancora «fuori moda». Così come l’autrice, pur facente parte dei circoli letterari e mondani, conservava il suo carattere scabro e manteneva a tratti un’estraneità quasi sospetta: dopo la separazione da Moravia (anche se per alcuni resterà “solo” la moglie di) e la tragica scomparsa dell’artista newyorkese Bill Morrow cui si era legata, Elsa – «la grande solitaria» – si era avviata verso la stagione dell’invisibilità, delle angosce che di lì in avanti la risucchieranno. Così, nonostante l’enorme successo di pubblico e di vendite de La Storia (dalla tiratura iniziale di 100.000 copie si passò alle seicentomila e poi a un milione), buona parte dell’élite intellettuale – valgano per tutti i nomi di Pier Paolo Pasolini e Rossana Rossanda – non le risparmia durissimi attacchi. Al pregiudizio di genere (una scrittrice salita alla ribalta popolare evidentemente dispiaceva a molti) si sommava il pregiudizio tutto ideologico nei confronti di quei suoi personaggi non eroi che parevano ignorare qualunque afflato sovvertitore, esprimendo una «concezione rinunciataria» dell’esistenza, e tuttavia tanto più autentici da avvincere il lettore ordinario.
Accostando al classico commento in voice over, e così contenendolo, estratti delle pagine del romanzo (letti da Silvia Gallerano) e ben contrappuntando presente e passato, tra interviste, materiali di repertorio (davvero pregevole il lavoro di ricerca d’archivio) e brevi sequenze della trasposizione televisiva del 1986 diretta da Luigi Comencini, La Storia: il romanzo dello scandalo consegna allo spettatore un ritratto intimo e partecipato di una scrittrice tanto complessa nella sua parabola esistenziale quanto straordinaria nello spazio che per lei era e fu sempre sacro: quello della scrittura, della grande letteratura. Capace di sondare e abbracciare l’umanità fino all’ultima stilla, senza esclusione di bene o male; di rileggere la Storia con la S maiuscola con gli occhi di persone comuni, quegli ultimi che non ne muovono i fili ma che in fondo ne sono le uniche vittime. Perché questo è il vero “scandalo” racchiuso nelle seicentocinquanta pagine e più incriminate del romanzo: «uno scandalo» – espliciterà la Morante nel sottotitolo della prima edizione – «che dura da diecimila anni». E che ancora continua.
Prodotto da GA&A Productions e Luce Cinecittà, in coproduzione con ARTE G.E.I.E. e in collaborazione con Rai Cultura, il documentario andrà in onda in prima visione domani 17 giugno su Rai 5 per il ciclo Sciarada. Il circolo delle parole.