Il grandioso ritorno di Ghostface in “Scream 5” di Carlo Alberto Biazzi

Premetto: non ci saranno spoiler in questa recensione. Perciò, leggete senza timori perché non rivelerò nulla sulla storia e sul risvolto finale.
Scream non è soltanto una fortunatissima e famosa saga. Scream è un’istituzione. Scream è una filosofia che dura da oltre vent’anni. Scream non è un film della paura, è un sottile filone cinematografico che parla della paura.
La prima regola di base per un revival è rimanere fedele all’originale, omaggiandone la memoria senza tradirne lo spirito. Purtroppo, spesso, accade che un sequel deluda le aspettative dei fans. Ma Scream 5 elude questo stereotipo, studiando con cura l’essenza della saga di Wes Craven e confezionando il miglior requel (a metà strada tra reboot e sequel) che l’industria del cinema abbia mai visto negli ultimi dieci anni.
Il film di Matt Bettinelli-Olpin e Tyler Gillett omaggia alla grande le opere precedenti di Craven e confeziona un’intelligente operazione citazionista che i fans della saga difficilmente non potranno non amare.
Il film ci presenta una nuova generazione di protagonisti alle prese con il ritorno di una vecchia minaccia, il letale Ghostface, pronto a seminare il panico tra le strade di Woodsboro. E, al tempo stesso, recupera i personaggi storici della saga, pronti ad aiutare e a supportare i nuovi protagonisti alla caccia del killer.
La pellicola, sequel dei quattro lungometraggi, riesce a raccontare una storia capace di tornare alle origini del mito. Ripercorre gli elementi cardine dell’intero franchise, tormentando un gruppo di amici che si scoprirà essere legati agli avvenimenti di oltre vent’anni prima.
Dopo un incipit pieno di citazioni, Scream 5 prosegue su binari che non ci si aspetta, presentando i nuovi protagonisti e reintroducendo lentamente al pubblico i più amati volti storici della serie.

Scream 5 porta avanti un’interessante riflessione sulle narrazioni cinematografiche e sul legame tra sequel e reboot. E lo fa esattamente come ci aveva insegnato Craven, tanto che Scream 5 può definirsi un riuscito sequel trascendentale dell’amato primo capitolo.
Un esperimento che può dirsi pienamente riuscito, e che rappresenta il degno ritorno di un’icona del cinema horror. E forse anche la perfetta chiusura. Sono gli stessi protagonisti ad ammetterlo: dal quinto film in poi la saga rischia seriamente il tracollo…
Quando uscì il primo Scream avevo dodici anni. Il divieto della censura per vedere il film era per i minori di quattordici e io dovetti attendere il secondo capitolo per entrare di diritto nel meraviglioso universo di Woodsboro.
Sono cresciuto con una saga che ha cambiato per sempre le regole dei film dell’orrore, diventando essa stessa una parodia macabra di questo genere, caricando i singoli personaggi, e gli stessi avvenimenti della narrazione, di una personalità unica che difficilmente si può riscontrare in altri slasher.
I registi sono stati perfettamente in grado di ricalcare l’opera del compianto Wes Craven, portando avanti un’eredità che non era per nulla facile da supportare.
Purtroppo, a mio avviso, il film non è adatto alla nuova generazione. Nonostante i protagonisti raccontino la società contemporanea, come accennavo a inizio articolo, Scream è un pensiero e, difficilmente, può essere capito, e soprattutto apprezzato, da chi non ha vissuto l’epoca dei primi film e i cambiamenti che il genere ha portato sul grande schermo.