Il Berretto della vergogna tra apparenza e realtà di Giulia Chiaraluce

Il berretto a sonagli, commedia in due atti di Luigi Pirandello, datata 1917, è stata rappresentata sicuramente migliaia di volte nei nostri teatri, ma è impossibile non ricordare la versione in napoletano di Eduardo De Filippo del 1936 riproposta, nel 1981, in una indimenticabile versione televisiva.
l teatro Quirino di Roma, fino al 23 dicembre 2018, è andata in scena l’edizione curata da Sicilia Teatro con la collaborazione del Festival La Versiliana-Pietrasanta e Teatro Luigi Pirandello di Agrigento e con la regia di Sebastiano Lo Monaco.
Si spengono le luci, si apre il sipario e un tema musicale accompagna il pubblico nella Sicilia degli anni Venti.
La costruzione scenica di Keiko Shiraishi propone una scenografia minimale, raffinata ed efficace: disegna sul palcoscenico un giardino esterno arredato sobriamente, posando due sdraio sul lato sinistro e un tavolo con sedie sulla destra. Non serve altro per sostenere le azioni e i dialoghi degli interpreti, che caratterizzeranno i personaggi e il fitto intreccio pirandelliano.
La prima scena, tutta al femminile, vede protagoniste: Fana, La Saracena e Beatrice. È proprio la presenza di tre donne sul palco a rendere esplicito lo splendido lavoro della costumista Cristina Da Rold, la quale riesce a imprime allo spettacolo un realismo moderno che collega il costume e la moda dell’epoca ai giorni nostri. Le tinte chiare della nobile Beatrice si distanziano dalle scure cromie della Saracena: impreziosite da gioielli e pendagli, mentre entrambe si contrappongono alla serva Fana, vestita di stoffe nere e priva di qualsiasi accessorio.
Il Primo Atto prende vita. Il carattere subdolo e manipolatore della Saracena è scandito da un ritmo suadente e persuasivo. Vani sono tutti i tentativi della serva di destare Beatrice dalla sua fobica gelosia.
Beatrice e La Saracena concordano la trappola per smascherare il tradimento del Signor Fiorica, marito di Beatrice.
Rispettando fedelmente il copione originale, i personaggi maschili giungono in scena: è il momento di conoscere Fifì, fratello di Beatrice. Personaggio dal carattere fanfaronesco e prototipo del giovane gagà.

 

Fifì è elegante e fatuo. Bastano poche battute e si è traghettati alla terza scena dove farà il suo ingresso Ciampa, il vero protagonista della storia.
In abito scuro, Ciampa (interpretato da Sebastiano Lo Monaco) regala al pubblico numerose risate grazie al dialogo con lo sciocco Fifi. La pièce concede ancora un’intonazione prossima alla commedia. Gli equivoci linguistici si trasformano in gags e vanno al di là del copione originale. In questo senso rintracciamo quella regia “viva e non scritta” di cui lo stesso Lo Monaco racconta nelle note diffuse a proposito del suo lavoro sul testo.
Ciampa, inutilmente, prova a distogliere Beatrice dalla sua vendetta.
La narrazione, poi, prosegue fino all’arrivo dell’ultimo personaggio maschile della storia: il delegato Spanò che rappresenta sì la giustizia ma quella prigioniera dell’ottusità umana. L’adulterio (ai tempi di Pirandello) è un reato. Il delegato e Beatrice tramano sul modo migliore per cogliere in flagranza il Signor Fiorica e la sua amante Nina, moglie di Ciampa.
Se il Signor Fiorica non si paleserà mai, l’arrivo della sua amante scandirà la fine del Primo Atto. Il finale è costituito come un preludio di una sinfonia: le luci prendono i toni di un rosso intenso, metafora della passione e del sangue. Un dettaglio nel costume di Nina cattura l’attenzione degli spettatori: è elegantemente casto ma sbracciato, atipico in “quella” Sicilia. L’abito, infatti, contraddice il carattere che dovrebbe avere la sottomessa moglie del geloso Ciampa e racconta di una donna che è in grado di disobbedire: soggetto e non oggetto, dal pensiero determinato e moderno. Come un carnefice silenzioso Ciampa esce di scena assieme a Nina, poco prima della chiusura del sipario.
Nel Secondo Atto la scenografia si ribalta. Siamo all’interno di casa Fiorica. Questa volta le sedie e il tavolo sono a sinistra, le poltrone a destra. È come vedere un’immagine allo specchio, capovolgere l’arredamento del Primo Atto come, spesso, si capovolgono i pensieri negli scritti pirandelliani.
I colori si fanno più scuri, le luci si abbassano col predominio di un’illuminazione crepuscolare: è una atmosfera più tetra e noir.
La prima scena è ancora al femminile. Sono presenti di nuovo Fana e Beatrice.
Con la stessa metrica ritmica della prima parte, i personaggi calcano il palco con regolarità. Arriva Assunta, la mamma di Beatrice, donna nobile, che si distingue per un inusuale abito lungo e per un vistoso cappello. Madre e figlia sono i poli opposti della figura femminile del tempo. Se la seconda si ribella al servilismo femminile, la prima appare molto contrariata dallo scandalo che ha appena colpito la famiglia. L’apparire, per la matrona, è più importante dell’essere anche se questo può ferire i sentimenti della figlia Beatrice.
Il Signor Fiorica è stato arrestato ma non per adulterio, non essendo stato colto in flagrante, bensì per aver reagito con ira all’arrivo dell’autorità. Il verbale del funzionario di turno contraddice la realtà: se non conferma l’adulterio non lo esclude neppure. Di fatto certifica che Nina ed il Signor Fiorica sono stati trovati assieme, da soli, di notte, nella casa di Ciampa ma non spiega il perché.
Il delegato Spanò non si è voluto sporcare le mani e la giustizia non si è voluta compromettere col potente Signor Fiorica anche se la vergogna e il disonore sono sotto gli occhi di tutti.
Giunge in scena, finalmente, lo sconvolto Ciampa. Con un’interpretazione coinvolgente e viva, Lo Monaco cattura il pubblico, mentre l’intera compagnia sostiene l’attore con una presenza scenica equilibrata e attenta.
Ciampa, per salvare il suo onore e quello di Nina, condanna Beatrice alla follia. Sgretola l’accusa di adulterio, rovesciando la situazione e beffando la verità della donna. L’antieroe pirandelliano salva se stesso.
Attuale nei temi affrontati, magistrale nella stesura del testo, Luigi Pirandello colpisce al cuore gli spettatori dopo poco più di un secolo. I leitmotiv a lui cari come la pazzia, la maschera, il paradosso dell’esistenza, rendono intenso il lavoro dell’intera compagnia teatrale, all’altezza della penna dell’autore.
Spettacolo consigliato vivamente a tutti coloro che, nel prossimo 2019, avranno la fortuna di ospitare nei teatri delle proprie città la tournée.

Il berretto a sonagli

di Luigi Pirandello
regia Sebastiano Lo Monaco
con Sebastiano Lo Monaco, Marina Biondi, Claudio Mazzenga, Barbara Gallo, Giovanni Santangelo, Lina Bernardi, Maria Laura Caselli e con la partecipazione di Clelia Piscitello
costruzione scene Keiko Shiraishi
costumi Cristina Da Rold
musiche Mario Incudine
luci Nevio Cavina
Teatro Quirino, Roma, dal 11 al 23 dicembre 2018.

Tournée:
29-31 gennaio 2019, Teatro Amintore Galli, Rimini
24 marzo 2019, Chieti, Teatro Marrucino.