
Compagni di scuola è un film del 1988, diretto da Carlo Verdone. Divenne una pellicola cult sin da subito. Metteva in risalto, tramite l’escamotage narrativo di una riunione di vecchi compagni di scuola, tutti i vizi, i difetti, i sogni, le illusioni e le speranze di una generazione che, nata prima del boom economico, si era trovata inizialmente a vivere un periodo di (illusorio) benessere, poi a contrastare la crisi petrolifera del 1973 e infine a fare i conti con una generale recessione e gli anni di piombo, per essere nuovamente coinvolta nelle “speranze” di un futuro migliore… Era l’era degli yuppies.
Al centro della vicenda teatrale (come nel film) c’è Piero, soprannominato Er Patata, insegnante insoddisfatto, in bilico tra il precariato e un impiego nel settore privato. Piero vive una relazione platonica e clandestina con una sua allieva, Cristina, mentre affronta manie, fragilità e una vita familiare insoddisfacente.

La rimpatriata è organizzata da una bella e (apparentemente) ricca padrona di casa: Federica, una donna che definisce la propria fortuna derivante dalla professione di “mantenuta”.
Gli ospiti, oltre a Piero, sono: Bruno, in arte Tony Brando, un artista fallito pieno di debiti, disposto a tutto per racimolare danaro; Walter, commerciante all’ingrosso di carni, rozzo ma concreto e sincero nel modo di essere; Mauro, importante uomo politico, tanto distinto quanto privo di scrupoli; Maria Rita, psicologa dall’indole fragile, sempre richiesta per consigli e supporto, ma che raramente trova aiuto per sé; Lino, magistrato burlone che si diverte a prendersi gioco degli ex compagni di scuola; Ottavio, meridionalista logorroico e invadente; Luca, disegnatore vignettista, separato dalla moglie Valeria con cui era insieme sin dal liceo e con la quale vorrebbe tornare assieme; Valeria, giornalista, paziente di Maria Rita, che nei confronti dell’ex Luca vive sentimenti contrastanti.

La storia, pur ricalcando le vicissitudini dei vari protagonisti del film, ha dovuto subire tagli e modifiche per ragioni di compattezza e organicità narrativa. Anche gli eventi sono stati attualizzati, in quanto la rimpatriata non è più quella di un gruppo di adulti sul finire degli anni Ottanta ma, cosa evidente per l’uso dell’attuale tecnologia, vissuta nel presente, con degli ex studenti liceali della fine del vecchio millennio.
La trama, nonostante questo spostamento temporale, non perde la forza drammaturgica originale pur, forse, decontestualizzando alcuni atteggiamenti non più di “moda”. La storia, però, proprio per questo “straniamento temporale” si accresce di nuove sfumature.

Ai personaggi, a seguito della loro riduzione numerica nell’opera teatrale, viene concessa una maggiore profondità psicologica e questo al fine di “ridistribuire” alcuni nodi narrativi che venivano “sciolti” dai ruoli mancanti.
Soltanto Piero (interpretato con passione da Pietro Romano) perde parte dell’originale figura del protagonista “assoluto” divenendo un elemento più “omogeneo” alla vicenda del gruppo. Viceversa, Maria Rita (Sara Valerio) acquisisce un carattere più forte e più attuale.
Si impreziosiscono i ruoli del commerciante arricchito (il sempre poliedrico Stefano Ambrogi) e della volitiva Federica (Emy Bergamo), che “ristruttura” felicemente la parte che fu di Nancy Brilli. Fenomenale Matteo Cirillo, nel non far rimpiangere De Sica (l’elemento yuppie al quale si accennava) nell’interpretazione di Tony Brando/Bruno.
Molto ben riuscite le caratterizzazioni di Annalisa Favetti e Leonardo Bocci, impegnati nelle scaramucce d’amore di Luca e Valeria. Spassosa la “macchietta” costruita da Gigi Palla per la figura logorroica e petulante di Ottavio. Calzanti le costruzioni sia dell’uomo politico Mauro, tanto educato quanto viscido e immorale, interpretato da Stefano Thermes sia del magistrato Lino, proposta da Marco Blanchi che, come nel film, fa credere ai suoi ex compagni di aver avuto un grave malanno che lo costringe in carrozzina.
Non ho trovato, invece, sia stato dato il giusto risalto alla figura di Cristina (la giovane e brava Marta Gagliardi), che nella vicenda di Verdone risulta il “motore” del triste e malinconico finale. Finale che, invece, in forma di nostalgia del “perduto candore” viene reso estremamente toccante con musiche, effetto luci e uno straniante gioco della palla.

Complessivamente, la storia è ben scritta e la regia riesce a dare ampio respiro alle figure di primo piano, lasciando, però, aperti ancora spazi importanti tra gli attori non impegnati direttamente nella scena.
Tutti i quadri si svolgono nell’ipotetica villa di Federica dove la scenografia è stata progettata per essere rimodulata nel cambio tra il primo e il secondo Atto. Nel primo, gli ospiti vengono accolti in terrazza, dove si trovano dei divani, poltrone e un’area bar/rinfresco. Nel secondo, la storia prosegue in giardino avvolto dai colori del tramonto.
Incisivi gli effetti luce creati per enfatizzare il pathos. Ben aderenti alla psicologia dei personaggi i colori usati per i costumi.
Uno spettacolo ben riuscito, credibile, che alterna momenti ilari a situazioni più toccanti. È sempre difficile ridurre un’opera filmica in un lavoro teatrale e per tale motivo ritengo giusto rendere omaggio a Sara Valerio e Giancarlo Fares per aver dato vita a questo coraggioso progetto.

Compagni di scuola
liberamente ispirato al film di Carlo Verdone
adattamento Sara Valerio
diretto da Giancarlo Fares
con Stefano Ambrogi, Emy Bergamo, Sara Valerio, Gigi Palla, Marco Blanchi, Annalisa Favetti, Leonardo Bocci, Matteo Cirillo, Stefano Thermes, Pietro Romano, Marta Gagliardi
scenografia Fabiana di Marco
light designer Giuseppe Filipponio
musiche originali Massimiliano Pace
costumi Marina Sarubbo
produzione Lea Production.
Nuovo Teatro Orione, Roma, fino al 9 marzo 2025.