Alessandro Chiti e i trucchi scenici di Aladin, il musical geniale di Sergio Roca

Quante volte, andando a teatro, e vedendo degli effetti speciali, non direttamente riconducibili ad una videoproiezione o a un’opera di prestidigitazione, presi dalla meraviglia, ci siamo soffermati a osservare con curiosità questi “trucchi”, chiedendoci come fossero stati realizzati?
Se non pochi, nelle ultime stagioni, sono stati gli spettacoli che hanno fatto ricorso ad effetti “speciali” e in particolare nei musical (ricordo: Mary Poppins con il suo volo o la “scalata degli spazzacamini”, la proiezione di realistici panorami in Mamma Mia o ancora gli effetti del fantasma della metropolitana in Ghost), uno dei più interessanti sotto questo aspetto, andato in scena poco prima del lockdown e da poco ripreso al Teatro Brancaccio di Roma, è Aladin, il musical geniale per la regia di Maurizio Colombi con le scene curate da Alessandro Chiti.
I grandi sforzi profusi per rendere credibili vari momenti mozzafiato della pièce, come la discesa nella grotta del serpente, il passaggio sul ponte (a causa di problemi burocratici, non sempre ha potuto essere funzionante), l’apparizione dei geni nelle nicchie e, soprattutto, il romantico viaggio sul tappeto volante risultano un sapiente mix di meccanica e proiezionistica.
Incuriositi dall’attività del “dietro le quinte”, abbiamo chiesto allo scenografo Alessandro Chiti di guidarci alla scoperta di questo universo “nascosto”.

Alessandro Chiti:
In un contenitore limitato come potrebbe essere quello di un palcoscenico, la sfida più grande è stata quella di rievocare in modo fiabesco il mondo de Le mille e una notte.
Attraverso un boccascena che fa da filtro all’intera storia e che si retroillumina, cambiando colori e atmosfere, si varca la soglia del palcoscenico e si entra in un contesto molto diverso, fatto di tecnici e operatori che danno vita, ogni sera, alla magia dello spettacolo antistante.
Il passare, ad esempio, dalla rievocazione di un deserto a quello di una duna che si trasforma in una grande testa di cobra con la bocca spalancata al punto da permettere ad Aladin di addentrarsi in una grotta piena d’oro, nella quale lui troverà la famosa lampada, è stata la prima sfida.
Tutto ciò è realizzabile grazie alle possibilità tecniche che il palco del Teatro Brancaccio offre, ma soprattutto grazie alle capacità di uno staff tecnico sicuramente competente ed esemplare.

La grande duna è stata ottenuta attraverso un gioco di luci proiettate su un fondale magistralmente dipinto a mano su tela che, alzandosi, svela l’enorme testa di serpente scolpita in modo tridimensionale con un’anima di polistirolo e trattata successivamente con resine bicomponenti.
Il cobra appare mostrandosi alla platea con grandi e penetranti occhi rossi illuminati a raggi laser.
Nell’aprire la bocca, il cobra esibisce grandi denti acuminati mentre, al contempo, i tecnici si mettono all’opera per far fuoriuscire vampe fumogene, così da permettere ad Aladin di entrare e poi scendere nella grotta, in un’atmosfera rarefatta quasi surreale, magica, attraversando zampilli di fuoco e per poi ritrovarsi davanti a una maestosa ragnatela dorata. Solo per questo momento, che ha una durata di circa due minuti, i tecnici, pronti e nascosti dietro le quinte, puntuali come gli ingranaggi di un orologio, devono alzare e abbassare decine di contrappesi per far entrare mucchi di ori, bauli, scheletri, grandi lanterne dorate e poi manovrare i meccanismi di apparizione dei geni, le macchine del fumo, quelle per le piogge dorate, posizionare le luci, per ottenere, immediatamente dopo, tutti gli effetti particolari di cui necessita la scena.

Se si considera che questa è soltanto la descrizione di una scena, di un quadro, di uno spettacolo che dura quasi due ore, è chiaro che possiamo solo lontanamente immaginare quanto sia lo sforzo tecnico e operativo che si può trovare quando si passa da una scena come questa a quella del salone del Sultano con tanto di trono, oppure al Mercato di Bagdad ricco di botteghe e di mercanti di stoffe e di tappeti. Ma ancora quanto sia l’impegno per passare dall’interno dell’harem – dorato, ricco di grandi grate orientali – nel quale vivono la principessa Aisha e Jasmine, ai balconi dove i due amici Aladin e Abdul le fanno la serenata fino ai momenti spettacolari come quello del cielo stellato con una grande falce di luna.
Il team dietro le quinte deve essere naturalmente coordinato e affiatato, e tutto ciò si rende possibile grazie a continue e, a volte, incessanti giornate di prove.
Il momento topico, quello del viaggio sul tappeto volante, in cui i due amanti sorvolano magicamente i tetti della città di Bagdad fino ad arrivare alle galassie dell’universo infinito, è forse il momento più complesso, difficile e impegnativo per tutto lo staff tecnico perché si rende necessario mantenere un “equilibrio” complessivo che possa garantire quel preciso risultato finale: coinvolgente e “magico”.

Assistere, dietro le quinte, a tutta questa organizzazione di lavoro è praticamente impossibile: tutti gli operatori, dal cast ai tecnici, hanno una serie di compiti ben precisi da osservare; devono garantire una puntualità netta, specifica, dettata dalla musica e dalle battute. Quando inizia lo spettacolo è come entrare in un vortice di movimenti di scena, di cambi di costume, di preparazione di attrezzi per la scena successiva, al punto che, probabilmente, se una persona estranea potesse assistere a tali operazioni correrebbe il rischio di essere travolta.

C’è da dire che, oltre a grandi mezzi tecnici, come nel caso di Aladin, le “magie” spesso accadono anche con semplici espedienti psicologici. Uno di questi è quello di attrarre l’attenzione del pubblico su un punto del palcoscenico per far succedere qualcosa di grandioso e imprevisto in un altro posto.
Le luci, in questo, fanno naturalmente sempre da complici. Per esempio, la grande ragnatela della grotta, in primo piano, prendendo luce, fa diventare infinito il fondale nero che sta dietro, principio usuale e consueto applicato nel Teatro nero di Praga.
Del resto, diciamolo, è sempre meglio non svelare troppo alcuni segreti e trucchi di scena, altrimenti si rischierebbe di perdere quella magia che è propria di un musical come Aladin, il musical geniale.

Aladin, il musical geniale

Teatro Brancaccio, Roma, fino al 9 gennaio 2022.