ARIA, l’essenza della pandemia Intervista al regista Daniele Vicari di Carlo Alberto Biazzi

Lo recita il titolo di questa docu-serie: Aria. È vero, è tutto ciò che ci è mancato nel terribile 2020 e ancora oggi. L’aria che ci manca, quella che ricicliamo dentro le mascherine, l’aria aperta, il senso di prigionia che schiaccia ogni individuo.
Aria è una docu-serie narrativa impostata sull’arco temporale di quattro mesi, che racconta la vita quotidiana di alcune persone. Narra il senso di oppressione, la capacità di reagire, le difficoltà, le speranze, la rassegnazione e i desideri di persone che sperano in un mondo migliore.
Smartphone, videocamere amatoriali, mezzi di ripresa improvvisati. Donne e uomini comuni, speciali a loro modo, individuati dagli autori proprio per la loro unicità, raccontano ciascuno il proprio quotidiano nel periodo del lockdown.
«Qui la Storia è quella dell’Italia del terribile anno 2020, le storie sono quelle delle persone che la vivono sulla e sotto la propria pelle, nelle ossa, nel cuore», spiegano gli autori Andrea Porporati, Costanza Quatriglio, Daniele Vicari che sono alla cura di questo progetto.
Per le nostre lettrici e i nostri lettori, abbiamo intervistato Daniele Vicari. 

Una docu-serie su questo terribile anno. Come le è venuta questa idea? 

Quando il 21 febbraio dello scorso anno sono state chiuse le scuole per la pandemia, e il 9 marzo è scattato il lockdown generalizzato, alla Scuola GM Volonté abbiamo riorganizzato la didattica e impostato le esercitazioni cinematografiche a distanza. Così, con Andrea Porporati, che è un insegnante di regia della scuola e con Francesca Zanza, una produttrice con la quale nel 2007 avevo realizzato il primo film partecipato europeo, Il Mio Paese2.0 (prodotto da TheblogTv e Vivofilm), abbiamo deciso di costruire due gruppi di lavoro per realizzare un film di finzione e un documentario partecipato, opere che nelle nostre intenzioni dovevano essere una risposta alla paralisi del cinema che ci era improvvisamente piombata addosso. Aria, in particolare, doveva essere nelle nostre intenzioni il racconto di ciò che stava accadendo nel mondo, perché fin da subito è stato chiaro che la pandemia fosse figlia della globalizzazione e la “diaspora” degli italiani sparsi nel mondo per le ragioni più varie è anch’essa una conseguenza della globalizzazione.

Aria, un titolo che evoca voglia di libertà, di respiro, di desiderio. Eppure, nel film si fa riferimento al soffocamento, alla prigionia che ha riguardato tutto il mondo, alla costrizione. Come mai questo titolo?

In realtà Aria racconta proprio l’energia e la reattività dei nostri testimoni che dinanzi al blocco trovano il modo di dare un “respiro” alla propria vita. Inoltre, nell’Opera Lirica l’aria è un momento sublime nel quale il personaggio canta la propria condizione più intima, conducendo lo spettatore nei propri dolori segreti, nei sentimenti più profondi. I nostri testimoni, infatti, riprendendosi per mesi e mesi, raccontando la loro intimità personale e familiare, ci hanno permesso di guardare “dentro” la pandemia saltando la retorica pubblica, i canti sui balconi, le messe sui terrazzi come l’eroismo (che pure c’è stato) dei medici nelle corsie d’ospedale. Così abbiamo avuto la possibilità di raccontare il desiderio di futuro che si sviluppa nella “prigionia” e non la prigionia in sé come fosse un destino ineluttabile.

Nel film una serie di testimonianze, di storie vissute da singole persone in tutto il mondo, il loro racconto personale. Come ha vissuto, lei, questo momento di chiusura totale? Intesa anche come chiusura, speriamo momentanea, della creatività?

Proprio grazie ai compagni di viaggio, ai gruppi di lavoro che abbiamo creato, composti da colleghi, collaboratori ed ex allieve e allievi della scuola Volonté, personalmente non solo non mi sono sentito paralizzato dal lockdown, ma addirittura ho avuto il privilegio di trasformarlo in un momento di grande creatività. Io e Costanza non abbiamo sentito minimamente il peso di stare insieme h24, perché abbiamo lavorato a tanti progetti oltre che alle scuole che dirigiamo, io la Volonté e lei il CSC di Palermo. Tra noi c’è stato uno scambio proficuo, intenso, e Aria ci ha catturato, è stata un’esperienza umana e professionale straordinaria.

Se dovesse fare una previsione, scrivere un copione per un docu-film post pandemia, come se lo immagina?

Il futuro è inutile immaginarlo, bisogna viverlo, costruirlo. La nascita della società di produzione Kon-Tiki film, con la quale stiamo progettando film, documentari e serie, è un pezzo di futuro, da qualche parte ci porterà, come ha saputo fare la zattera a cui ci siamo ispirati.

Aria docu-serie in 6 puntate da 25 minuti, in onda dal 29 dicembre su RayPlay. Di seguito il trailer:

TRAILER ARIA