“Rugantino” sessant’anni di storia e (piccole) modifiche di Sergio Roca

Nel 2020, a pochi giorni dalla prevista messa in scena, al Teatro Sistina, della nona edizione di Rugantino, il Covid-19 la bloccava. A due anni esatti da quel mancato debutto e in occasione del sessantesimo anniversario della sua scrittura, risuonano finalmente, per la storica strada dove soggiornarono lo scultore Bertel Thorvaldsen (tra l’altro citato nel Rugantino), il compositore Franz Liszt e gli scrittori Nikolaj Gogol e Hans Christian Andersen, le note di Roma nun fa la stupida….
Le voci che la intonano sono quella maschia, un po’ rasposa, di un Rugantino esperto (l’ultimo selezionato direttamente da Pietro Garinei nel 2001): Michele La Ginestra, assieme a quella femminile, potente e aggraziata di Serena Autieri, una Rosetta anch’essa veterana del ruolo in quanto già sostenuto, nel 2018, a fianco di Enrico Montesano. 

Foto di ADR Photo Studio

Questa nona edizione si basa sulla regia “storica” realizzata da Pietro Garinei nel 1978 revisionata, oggi, dal direttore artistico del Sistina Massimo Romeo Piparo. Quella del 1978, di fatto, è la prima regia annotata disponibile per Rugantino, perché «dello spettacolo di allora (la prima edizione del 1962 n.d.r.) non esisteva, sorprendentemente, nessuna registrazione. L’unico filmato era quello girato da un ballerino con una cinepresa a otto millimetri. La bobina venne però rubata dall’interno di un’automobile e nemmeno l’appello di Aldo Fabrizi, fatto nella trasmissione Portobello, riuscì ad ottenere il recupero del raro documento. Rugantino fu quindi rimesso in scena a “memoria”. Trovajoli riorchestrò le sue oramai famose musiche, Coltellacci rifece gli stessi costumi e modificò appena le scene, Gino Landi ritoccò un poco le coreografie originali» (1).
Sandro Giovannini, purtroppo, era venuto a mancare già nel 1977 e, per ricostruire l’ambientazione, non ci si poté avvalere del suo contributo. Assieme a Garinei, comunque, a indirizzare il giovane Montesano e il nuovo cast, c’erano in scena due degli interpreti storici della commedia: Aldo Fabrizi e Bice Valori.
All’epoca, una modifica sostanziale fu il sostituire, nel primo Atto, la canzone: Ommini, bisommini e Cazzabbubboli (pezzo cantato da Rosetta che ne delineava il carattere) con Anvedi sì che Paciocca (pezzo con un maggior intervento dell’ensemble). Mi sono sempre domandato se tale modifica sia stata dettata da esigenze sceniche, per adattare il brano ai mutati gusti musicali, oppure per evitare problemi con la censura RAI che avrebbe ripreso lo spettacolo per mandarlo in onda.
Qui furono fatte anche le prime modifiche al testo del 1962 come, per esempio, il taglio della scena terza del secondo Atto dove, in origine, c’era una lunga contrattazione tra Rugantino e Mastro Titta per acconsentire al matrimonio della (finta) sorella Eusebia. La scena, di fatto, era il naturale prosieguo del dialogo di Don Fulgenzio (cioè Rugantino camuffato) e Mastro Titta nel confessionale del primo tempo.
Nelle edizioni successive, sempre sotto la supervisione di Pietro Garinei, per accorciare lo spettacolo (originariamente della durata di oltre tre ore), sono state spesso tagliate e modificate altre scene. Ad esempio: l’originale prima scena (l’ingresso di Rugantino, dei suoi amici e, poi, Rosetta) è stata accorpata alla terza, eliminando la seconda e creando una specie di lungo “piano sequenza”, che ha inizio con la messa alla gogna di Rugantino e la canzone di Mastro Titta È bello ave’ ‘na donna dentro casa.
Il taglio della scena terza ritarda di fatto, l’ingresso di Eusebia fino alla scena quinta e così la truffa ordita da Rugantino ai danni del marchese Facconi (l’originale scena seconda) diviene un evento non visto ma unicamente narrato. Sempre per rendere più breve lo spettacolo, la scena dei lanternoni – alla fine del primo Atto – composta originariamente da un (lunghissimo) pezzo corale, coreografico, è stata accorciata.
Per chi ha dimestichezza con la drammaturgia di G&G è noto che effettuare dei tagli, sui loro testi, è abbastanza complicato. I due autori, infatti, erano soliti disseminare i loro scritti con piccole informazioni, spesso ripetitive, apparentemente incomprensibili. Nulla però era lasciato al caso e tutto trovava una spiegazione per segnalare un nodo della storia o suscitare una risata. Chi non si è chiesto, assistendo a Aggiungi un posto a tavola, perché si richiami, durante tutto lo spettacolo, la figura di un carabiniere per, poi, scoppiare a ridere, sul finale, quando un rappresentante della Benemerita, giunto per “sedare” la rivolta dei costruttori dell’arca, porterà il lieto fine a Clementina facendole trovare un amore “possibile”?
Nel Rugantino, a mio parere, tra i tagli fatti, senza pensare troppo alle conseguenze, c’è quello alla fine del primo Atto, dell’episodio in cui Rugantino, sbruffoneggiando, getta dalla finestra della casa di Rosetta un soldo arroventato a un suonatore ambulante, deridendolo per il dolore arrecatogli. A quell’inutile crudeltà, Rosetta risponde indispettita rimbrottandolo amaramente. All’inizio del secondo Atto, però, c’è il completo ribaltamento psicologico della situazione. Infatti, ritroviamo i due a Campo Vaccino: Rugantino si apre alla tenerezza e confida il suo amore a Rosetta, mentre questa, apparentemente disattenta alle confidenze di lui, comincia a ridere sonoramente ripensando al sadico scherzo ordito ai danni del postulante. Questo suscita in Rugantino il sospetto che la donna si stia prendendo gioco della sua sincerità. In realtà, se l’episodio è “narrato” (più che visto in accadimenti scenici), questo rende evidente allo spettatore, in modo subliminale, il nuovo pensiero di Rosetta e il suo cambiamento di attenzione nei confronti di Rugantino. La modifica di queste due scene in modo “non coerente” può rendere efficace il testo, ma difficilmente il sottotesto emotivo che ne era il movente.

Immagine tratta dal “Corriere di Informazione” del “Corriere della Sera” del 17/18-152-1962. Disegni di Flora Gandolfi

Tornando all’oggi cosa possiamo dire dell’attuale allestimento?
Michele La Ginestra è un attore esperto, sincero ed empatico e Rugantino è un personaggio in cui sa calarsi con naturalezza. In un’intervista, concessa al “Corriere della Sera” il 12/05/2001, dichiarava: «Sin da ragazzino ho sempre sognato di poter un giorno interpretare Rugantino e adesso sto vivendo questo sogno. Un personaggio che ho sempre amato e al quale forse somiglio anche un po’, non solo perché sono romano doc ma come lui ho sempre affrontato la vita con “l’arte di arrangiarsi”». Credo che le emozioni di quel “ragazzo” del 2001 vivano ancora nell’uomo del 2022 e questo, in scena si vede.
Serena Autieri, Rosetta, voce di straordinaria bellezza e dotata di grande presenza scenica, risulta particolarmente coinvolgente nel far risuonare le parole della canzone È l’omo mio alla fine del secondo Atto. Se la Autieri, forse, nella precedente edizione doveva contenere la sua esuberanza per non creare eccessivo contrasto con un Rugantino non proprio “scattante” – sebbene interpretato dal bravissimo Montesano – ora può finalmente esprimere le sue potenzialità a vantaggio di tutto il lavoro.
Nella figura di Mastro Titta troviamo una new entry nella storia di Rugantino: Massimo Wertmuller. Per gli spettatori abituati a vedere nella figura dell’oste/boia un uomo “sovrappeso” ci potrebbe essere una delusione dal punto di vista corporeo, ma in scena, Wertmuller, come fu nel cinema Paolo Stoppa, anche se con qualche indecisione e qualche imprevisto, sa rendersi grande o, se si preferisce rimanere nel tema della fisicità, “grosso”. Accanto a lui, nel ruolo di Eusebia, c’è la gradita riconferma di Edy Angelillo. Aggraziata ed esilarante come sempre è più che una certezza collocata in quella parte grazie alla vis comica e alla professionalità che la contraddistingue. 

Un bravo al riconfermato Giulio Farnese che dona alla maschera del cattivo Don Niccolò Paritelli delle note di allegra ironia. Accanto a lui la bella e volitiva Brunella Platania, altra gradita riconferma, che interpreta Donna Marta Paritelli: la risata più nota e contagiosa fra tutte quelle scritte da G&G nella loro lunga carriera.
Un plauso a parte merita Matteo Montalto, il serenante (e Calascione), che ha incantato la platea con la rivisitazione vocale dei pezzi che furono di Lando Fiorini. Impossibile non citare anche Roberto Attias nella figura comica di Thorvaldsen; il possente Marco Rea (Gnecco); Alessandro Lanzillotti (Bojetto); Marco Valerio Montesano (Scariotto); Tonino Tosto (Cardinal Severini); Gerry Gherardi (Don Fulgenzio); Gloria Rossi (Donna Letizia) e, ultima, ma tutt’altro che ultima, la meravigliosa Monica Guazzini nella parte della Gattara.
Rugantino è uno spettacolo corale e senza l’apporto di tutto il rimanente cast – Sebastiano Lo Casto, Sandro Bilotta, Raffaele Cava, Alessandro Lo Piccolo, Francesco Miniaci, Valentina Bagnetti, Nicolò Castagna, Luca Paradiso, Silvia Pedicino, Fabrizia Scaccia, Rossana Vassallo, Martina Bassarello, Morgana Codognotto, Ilaria Ferrari, Zoe Nochi, Giovanni Papagni, Fatima Rosati, Denis Scoppetta – l’effetto scenico non sarebbe più lo stesso. Bastano le poche note dell’ingresso in scena del serenante e poi le corali de La Morra e Rugantino alla Berlina per rendersi conto che l’ensemble è fondamentale per poi divenire preponderante nei Lanternoni, in Roma nun fa’ la stupida… e nel pezzo coreografico del Carnevale.
È sempre un’emozione uscire da una sala gremita in questi tempi grigi, tra guerra e residui pandemici, dopo aver assistito ad una commedia musicale come Rugantino. Sono sempre grato a registi, in questo caso Massimo Romeo Piparo, che proseguono il lavoro del duo G&G. Rugantino è di fatto un “classico” della commedia italiana e, come tale, è meritevole di studio storico.
Dedico questo pezzo a Silvia Delfino, scomparsa di recente a soli 51 anni, che fu tra le interpreti dell’edizione del 2004 accanto a Valerio Mastrandrea e a Sabrina Ferilli.

1)Lello Garinei & Marco Giovannini, Quarant’anni di teatro musicale all’italiana, Rizzoli, Milano, 1985.

Foto di Sergio Roca

Rugantino

commedia musicale di Garinei e Giovannini
scritta con Pasquale Festa Campanile e Massimo Franciosa
collaborazione artistica di Luigi Magni
con Serena Autieri, Michele La Ginestra, Edy Angelillo, Massimo Wertmuller, Giulio Farnese, Marco Rea, Alessandro Lanzillotti, Matteo Montalto, Marco Valerio Montesano, Tonino Tosto, Roberto Attias, Brunella Platania, Gerry Gherardi, Monica Guazzini, Gloria Rossi.
E con: Sebastiano Lo Casto, Sandro Bilotta, Raffaele Cava, Alessandro Lo Piccolo, Francesco Miniaci, Valentina Bagnetti, Nicolò Castagna, Luca Paradiso, Silvia Pedicino, Fabrizia Scaccia, Rossana Vassallo, Martina Bassarello, Morgana Codognotto, Ilaria Ferrari, Zoe Nochi, Giovanni Papagni, Fatima Rosati, Denis Scoppetta.
musiche di Armando Trovajoli
scene e costumi originali di Giulio Coltellacci
versione storica originale- regia di Pietro Garinei
direzione artistica Massimo Romeo Piparo
supervisione musicale Emanuele Friello
nuove coreografie Roberto Croce
supervisione scene Teresa Caruso
supervisione costumi Cecilia Betona
luci Umile Vainieri
suono Alfonso Barbiero
assistente alla regia Andrea Palotto
assistente coreografa Claudia Scimonelli
assistente scenografie Tiziano Cofanelli.

Teatro Sistina, Roma, fino al 27 marzo 2022.
Teatro Augusteo, Napoli, dal 3 al 10 aprile 2022.