LIBERTEATRI > La maternità intermittente nella Medea futuribile di Damiana Guerra di Renata Savo

Si potrebbe scommettere che in questi due mesi di isolamento domiciliare i veri nostalgici del teatro abbiano smesso, a un certo punto, di rincorrere sui social media le numerose proposte di reading e performance in live streaming partite da teatri e artisti, e avranno cercato diletto nella visione delle storiche regie televisive di spettacoli teatrali che venivano trasmesse in Italia intorno alla metà degli anni   Settanta. In alternativa, avranno provato a ritrovare il piacere dell’immaginazione più pura, ascoltando podcast – di cui è un esempio il #Teatroatradimento via Whatsapp di Frosini/Timpano, estratti di spettacoli in forma di messaggio vocale – o a leggere in solitaria un po’ di testi teatrali. Magari, leggendo, si saranno innamorati di un autore del passato; oppure, qualcuno avrà preferito concedersi il rischio della scoperta, in un tempo libero per molti dilatato che consente, così, anche di avvicinarsi alle firme della nuova drammaturgia italiana. Se vi sentite tra questi ultimi e state cercando il posto giusto in cui andare a cercarle, allora dovreste consultare l’elenco della collana digitale O3S – Opere da Tre Soldi dell’autore e teatrante romano Antonio Sinisi.
La collana Opere da Tre Soldi intende essere un «raccoglitore di drammaturgia, testi e pièce prevalentemente teatrali» in formato digitale. Sinisi, amante di un teatro capace con le sue figure di attraversare le epoche e i linguaggi, ha ben scelto di pubblicare nella sua libreria digitale questa Ipotesi di Medea della drammaturga Damiana Guerra, residente a Modena, ma di cui avevamo già avuto modo di apprezzare la scrittura nel 2017, quando il suo testo P. Butterflies fu rappresentato al festival Dominio Pubblico di Roma.

Damiana Guerra

Il mito della caleidoscopica Medea, maga espatriata, eroina ribelle, moglie tradita e madre infanticida, fu concepito nel V secolo a.C.: inscenata per la prima volta alle Grandi Dionisie di Atene, nata dal calamaio del tragediografo Euripide, fu amata anche da Pasolini, che sul grande schermo la fece interpretare a una paradossale Maria Callas, silenziosa e monumentale. Nella lettura di Damiana Guerra, Medea diventa l’archetipo femminile della donna contemporanea (e futuribile) combattuta tra amore materno e ambizione professionale. Damiana affonda la lama in uno dei  temi più controversi della modernità: essere   madri è ancora spesso, nel nostro immaginario, e soprattutto per una certa  fetta di società, un  progetto   non  individuale ma necessario a espletare una funzione biologica, quella della continuazione della specie, per il benessere collettivo: Ipotesi di una Medea ci consegna una visione critica della questione, mostrando una donna isolata dal mondo esterno, con il corpo circondato da monitor difettosi e altri strumenti tecnologici, che grazie alla sua azienda, la Medea-inc Spa, aiuta gli esseri umani a concretizzare il proprio desiderio di genitorialità senza implicazioni sulla vita e sulla libertà del singolo.
Così, infatti, si legge nelle “Note di lavoro” che aprono l’edizione: «Mi sono interrogata su cosa avrebbe fatto la protagonista se avesse avuto piena coscienza di sé come personaggio letterario e ha preso vita questa Medea, un po’ futuristica e un po’ portatrice del dolore di tutte le madri del mondo».

Medea prima dell’assassinio dei figli, affresco da Pompei, Casa dei Dioscuri.
Foto di Public Domain via Wikimedia Commons

Nella versione originale Medea uccide il fratello per far disperdere le sue tracce mentre viene inseguita dal padre: lascia la sua terra, la famiglia, per amore di Giasone, che viene da lei aiutato attraverso le arti magiche in suo possesso nel furto del Vello d’oro, mantello dal potere di curare ogni ferita. Una volta giunti nella terra di Giasone, i due si sposano e hanno dei figli, ma questi, ingrato, la abbandona per accettare la proposta, a lui più conveniente, di sposare la figlia del re di Corinto. Così, la vendetta che la protagonista realizza è quella – per dirla in modo anacronistico – di un contrappasso per analogia: uccide i figli nati dal seme di Giasone, il suo uomo “senza gli attributi”, diremmo oggi. La Medea ipotizzata da Damiana Guerra si profila, in modo sempre nitido nel corso della lettura, come lo stesso personaggio dell’antichità che cerca riscatto alla sua fama, ma sul finale il personaggio fallisce, cede al suo implacabile destino, ricadendo nella stessa tragicità. E che cosa farebbe la Medea di oggi per riscattarsi? Secondo Damiana tenterebbe di percorrere una strada al contrario: aiuterebbe, cioè, le altre donne a non ricadere in quella stessa esecrabile vendetta, e a sbarazzarsi per un tempo determinato dei propri figli, fornendo robotici androidi dotati di software programmati per funzionare a comando. E proprio per questo è un personaggio profondamente meta-teatrale: «Non è la prima volta che la mia fama mi reca danno e mi procura grandi sciagure», afferma colei che appare già vittima di pregiudizio nella sua versione antica, in cui si legava la propria notorietà alla conoscenza di forze magiche e oscure. Sotto la lente cinica dell’autrice, Medea rappresenta allora tutte le donne che oggi proverebbero ad avere una maternità a patto di sceglierla con consapevolezza ogni giorno, senza che questa comporti gli enormi sacrifici che sarebbe politicamente   scorretto rimproverare alla natura. Tuttavia, la freschezza dello sguardo di questa riscrittura coincide con una nuova configurazione della funzione sociale di Medea: non soltanto è infatti l’icona femminile della contemporaneità liquida, ma quella di tutto il genere umano, anche degli uomini, sollevati e affrancati   dalle stesse identiche responsabilità.

Damiana Guerra, Ipotesi di una Medea, Opere da Tre Soldi, collana digitale, 2020, pp. 66, euro 3,00.