La notte dei Beatles a Roma al Parioli Theatre Club di Giulia Chiaraluce

Hanno scritto la storia della musica, appassionato generazioni intere di ascoltatori, musicisti e collezionisti. In soli dieci anni di vita, I Beatles hanno rappresentato il fenomeno musicale, commerciale e di costume più importante di tutti i tempi. I Fab Four hanno conquistato tutto il mondo, determinando il primo esempio di globalizzazione commerciale. Quando pensiamo ai Beatles oltre alla loro musica risultiamo invasi mentalmente da una carrellata di fotografie e di immagini che abbracciano ogni ambito della vita sociale. A distanza di quasi sessant’anni dal loro primo album, l’effetto Beatles rappresenta una moda e un consumismo da collezionismo che sembra intramontabile.
I Beatles a Roma, cover band romana che nasce da un’idea di Simone Mariani, Lorenzo Mazzè, Martino Pirella, questo fenomeno lo conoscono perfettamente anche perché il loro lavoro, negli anni, si è arricchito di collaborazioni, ospiti e musicisti appassionati dei Beatles. Il gruppo propone spettacoli diversi e incentra, di volta in volta, il focus sugli elementi più disparati della storia beatlesiana e questo in modo da non annoiare mai i propri fans. I Beatles a Roma sono ritornati sul palco del Parioli Theatre Club sabato 16 marzo.
L’ingresso alla sala del Parioli Theatre Club è una mostra-itinerario, curata da Gianpietro D’Ercole, che espone rarità di ogni tipo: stampe, poster, libri, dischi che incuriosiscono i neofiti e fanno gola ai cultori. Il sipario è ancora chiuso e, se gli strumenti sono ancora silenti, siamo già dentro la storia: i Beatles a Roma costruiscono con intelligenza uno show che racchiude in sé tutti i fattori principali del successo Beatles.

 

Lo spettacolo è diviso in due parti, come lo sono state le due anime della band inglese. Come la Luna e la sua faccia inosservabile, anche i Beatles hanno un lato più oscuro, meno scanzonato e leggero: un Dark Side of The Beatles, mi sia concesso questo omaggio/richiamo ai Pink Floyd perché fu proprio in quel periodo che il gruppo, di recente formazione, cominciò a preparare il primo album. Il narratore, Martino Pirella, ci conduce su questo confine tra la luce e l’ombra e lo fa giocando con la moda del tempo, con la libertà allucinata della fine degli anni Sessanta: il suo outfit ricorda Dott. Robert, il santone lisergico interpretato da Bono nel cameo di Across The Universe. Siamo alla fine degli anni Sessanta; Pirella interpreta Lennon dopo aver letto The Psychedelic Experience (Timothy Leary). L’accento sulla svolta psichedelica della produzione beatlesiana sovverte l’ordine storico degli avvenimenti e ci guida all’ascolto di Tomorrow Never Knows, traccia conclusiva dell’album Revolver. È la fine di un disco capolavoro e l’inizio di un esperienza sonora di grande impatto. La band non tradisce le aspettative, i visual caleidoscopici sostengono la musica mentre gli aneddoti e le curiosità storiche citate da Pirella valorizzano la scaletta, facendoci incontrare anche Bob Dylan e i Rolling Stones. La band rimane su Revolver, passa per l’album Let It Be (del quale ascoltiamo Get Back) e Day Tripper, il singolo uscito nel 1965. Cresce lentamente la suggestione data dal rapporto tra i Beatles e le droghe. La relazione, poi, diventa più esplicita nei racconti del narratore, a testimonianza dell’inevitabile impatto che gli acidi hanno avuto sul loro modo di vedere il mondo e sentire la musica. Arriviamo così al momento tanto atteso da ogni fan: la celebrazione dell’album Sgt. Pepper’s Lonely Heart Club Band. La band romana si gioca la carta del dualismo beatlesiano – McCartney/Lennon – suonando Penny Lane e Strawberry Fields Forever. I due brani, non presenti nel disco ma registrati durante le sessioni in studio di Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band, sono due tracce che camminano insieme nella storia: fu proprio Strawberry Fields Forever, firmata da Lennon, a stimolare in McCartney la scrittura di Penny Lane, entrambi dedicati a luoghi cari della loro infanzia. Ascoltiamo Gettin Better, Sgt. Pepper’s Reprise e A day In The Life, suonati con grande energia. Ma i Beatles a Roma non si fermano qui; ricordano il 1967 con un video storico, un collage di eventi importanti provenienti da ogni parte della terra. Il primo album dei Pink Floyd, la dittatura rumena di Ceausescu, Guccini in Rai che cantava Auschwitz, Muhammad Ali che si rifiuta di partire per il Vietnam. Un mondo in cui accadono, velocemente, eventi grandiosi, che cerca l’amore, che scopre le droghe, che mette in comunicazione persone e luoghi sempre più lontani. Sono gli anni di una società che vuole iniziare un cambiamento radicale, contattando e condividendo tematiche da una parte all’altra del pianeta. Proprio in quel 1967 tutta l’umanità si unisce, idealmente, sotto la “poetica” dei quattro Liverpool quando la canzone All You Need Is Love venne eseguita in diretta mondiale all’interno del programma Our World. I telespettatori furono milioni e questo brano servì a diffondere il messaggio di adesione al movimento Flower Power. Durante lo spettacolo, la musica, quella più impegnata, attivista e rivoluzionaria ha qui una pausa; si cambia veste per riprendere l’altra faccia dei Beatles, quella più visibile e divertente. I Beatles a Roma trasformano Il Parioli Theatre Club nel Cavern Club di Liverpool. Il gruppo capitolino ripropone i grandi classici del repertorio Rock’n’Roll: I Saw Her Standing There, I Want To Hold Your Hand, Help, All My Loving che scuotono la platea che, inevitabilmente, cede alla tentazione di alzarsi e lasciarsi andare un po’ sulle note del rock. La band ha un tiro coinvolgente, divertente e solido ed è qui che l’esibizione lascia totalmente spazio alla musica.
Senza imitazioni o contraffazioni tipiche delle cover band, i Beatles a Roma convincono e interessano. Nel repertorio della serata non possono mancare, prima che si chiuda il sipario, Can’t Buy Me love, A Hard Day’s Night e Back in The USSR. Mentre, entusiasticamente, il pubblico si accinge a chiamare il bis, la consolle del Parioli Theatre Club parte immediatamente con Barbara Ann dei Beach Boys e si accendono le luci in sala. Tra me penso: «chissà se, restando ancora un poco, avremmo potuto ascoltare Hey Jude oppure Don’t Let me Down, proprio come nell’ultimo concerto del 30 gennaio 1969, sul tetto a Savile Row».

Beatles a Roma

narratore Martino Pirella
voce e chitarra Simone Mariani
chitarra e seconda voce Francesco Cavalluzzo
basso e cori Luigi Abramo
batteria Francesco Pradella
mostra a cura di Gianpietro D’Ercole.

Parioli Theatre Club, Roma, 16 marzo 2019.