Galatea Ranzi tra Maria di Nazareth e Sarah Bernhardt di Alessandra Bernocco

Può essere ragazzina e vecchia, figlia e madre, algida e sensuale, popolana e aristocratica, intellettuale e sprovveduta, greve e sofisticata, amante e moglie nel dramma borghese o passionale e sofferta eroina tragica. Galatea Ranzi ha incarnato nel corso della sua ormai più che trentennale carriera quasi tutti i ruoli e le possibilità che si offrono all’interpretazione, capace di farsi trasparente pellicola su cui proiettare gli umori diversi del corpo e dell’anima.
Il volto antico e perfetto, la carnagione diafana, il corpo duttile e i movimenti precisi, sorvegliati in ogni piccolo gesto, le mani da suonatrice di arpa mai lasciate a se stesse. E poi la voce. Una voce così ricca di timbri e intonazioni, di accenti e colori, che riesce a sorprendere anche chi ne segue il percorso fin dagli esordi.  La prima volta la vidi a Torino, al Teatro Carignano: faceva Mirra, la figlia innamorata del padre, protagonista dell’omonima tragedia di Vittorio Alfieri e Luca Ronconi, suo maestro e regista, l’aveva voluta con una voce grave e sgranata, che contraddicesse la figura lieve e indifesa per suggerirne i tormenti.
Di questa versatilità non comune, mai smentita nel tempo, ho avuto ulteriore conferma recentemente, dopo averla vista in due lavori completamente diversi, a pochi giorni l’uno dall’altro.
In nome della madre di Erri De Luca diretta da Gianluca Barbadori e Lezione da Sarah, la rielaborazione drammaturgica de L’arte del teatro di Sarah Bernhardt a cura di Pino Tierno, con la regia di Ferdinando Ceriani. Il primo è il racconto di Maria in prima persona, un racconto denso, quasi pittorico nelle sue descrizioni nitide e sensoriali, che Galatea restituisce emanando una grazia che è insieme innocenza e maturità. Seduta su uno sgabello con il capo avvolto in un drappo blu da cui si intravede la cuffietta rossa, sembra un dipinto ritrovato nel fondo di una grotta che attende i visitatori un poco alla volta. Ci stavamo inoltrando negli spazi sotterranei di uno dei teatri più suggestivi di Roma (e non solo di Roma), il Teatro di Documenti, un percorso scavato nel monte dei Cocci, ideato e progettato da Luciano Damiani, tra stanze scale cunicoli e strettoie che ti risucchiano fino là in fondo, in un anfratto di luce, dove Galatea-Maria ci attendeva in silenzio, mentre prendevamo posto sulle gradinate. Finché nel silenzio è entrata timidamente una voce di donna che, pur senza comunicarcelo, annunciava di venire dall’est. Comincia così, con una doppia annunciazione, il racconto in stazioni di Maria giovanissima. L’accoglienza senza riserve della gravidanza inattesa, la fiducia di stare dalla parte giusta, il dialogo intimo con la creatura in grembo, il sogno dell’angelo del suo Iosef, il segno chiaro di un accordo profondo che non chiede parole ma che «con il suo esempio prova a spiegare l’amore alla legge», il viaggio verso Betlemme, la neve, il mercato, l’incontro con il cieco che conosce il mare a memoria, la stalla, il parto con «nelle orecchie i fiati degli animali» e, su tutto, l’amore. Un amore fatto di accoglienza e rispetto, di vocazione all’ascolto, di incontro di anime che si fanno corpo. «È la più certa prova d’amore quella di un uomo che cambia parere per essere d’accordo con la donna». Emerge in filigrana un pensiero profondamente laico di apertura e di improrogabile necessità di accoglienza e l’adozione di un accento straniero che ci è ormai familiare, a cui credi subito, tacito patto tra simili, è una scelta che lavora molto bene in questa direzione.
Da parte sua l’attrice rende tangibili le parole e i pensieri, cercando di sequenza in sequenza un ritmo nel flusso, che si leva verso l’alto acquistando tridimensionalità e colori. E una verità disarmata che accarezza il cuore.

Tutt’altro che disarmata si presenta invece la Sarah maestra del secondo lavoro. La risoluta precettrice che accoglie la sua allieva (una brava Martina Galletta) con voce perentoria dalla platea del Teatro Off Off e avvia con lei una sfida a perdere, ben sapendo che se sfida dev’essere, tiferà per l’allieva con tutta se stessa e per portarla a vincere farà di tutto.
Il difficile sta in questo “tutto”, in cui la divina infligge alla fanciulla suggerimenti che sono ordini inderogabili.
«Inizia a considerarmi un nemico». Così, per cominciare. E poi via, tra il categorico e il provocatorio. Sfatando luoghi comuni, primo tra tutti la democrazia del talento, e sgombrando il campo da quegli equivoci dalla lunga vita per cui basterebbe aumentare il volume della voce per essere intesi. «Non sento» ma «non urlare». La dialettica che si sviluppa tra le due, molto ben condotta, è divertentissima, accompagnata da una solida regia altrettanto divertita, che non risparmia in leggerezza e ilarità. Un esempio, forse il momento più alto, è la scena (no spoiler) in cui Galatea scivola da Sarah a Fedra di Racine, per poi ritornare Sarah, sotto gli occhi basiti dell’allieva. Perché «niente è più appassionante di lasciare se stessi per essere un altro essere».
È anche in questo scambio di esseri, di ruoli, di competenze e forse anche di testimone, il punto di forza dello spettacolo. Diventare Fedra, essere Fedra, essere Sarah, diventare Sarah, ma Sarah Bernhardt, divina e Maestra, e poi tornare da sola, coi suoi pensieri, i suoi autori, le sue peonie rigogliose nel vaso di cristallo, i fantasmi tanti che la circondano a cui è tentata di domandare un parere.  Con tutto il bagaglio che l’attrice maestra ha lasciato all’allieva e a quanti vorranno accollarselo, Galatea per prima: il teatro è «voce, memoria, cuore, animo, nervi. E pazienza, soprattutto pazienza».
Lo spettacolo, che aveva debuttato al Festival di Todi nel 2019, ha avuto al Teatro all’Off Off una nuova vetrina in occasione di una ripresa più strutturata per i cento anni dalla morte di Sarah Bernhardt. A presto le date.
In nome della madre invece sarà in scena dall’1 al 12 dicembre 2021 nella Sala Strehler del Teatro Biondo di Palermo.

In nome della madre

di Erri De Luca
regia Gianluca Barbadori
con Galatea Ranzi
produzione Teatro Biondo Palermo
in collaborazione con soc. coop. Ponte tra Culture / AMAT – Associazione Marchigiana Attività Teatrali con il patrocinio di Regione Marche.

Teatro dei Documenti, Roma, 15 ottobre 2021.
Teatro Biondo, Palermo, dal 1° al 12 dicembre 2021.

Lezione da Sarah

con Galatea Ranzi e Martina Galletta
regia Ferdinando Ceriani
da L’arte del teatro di Sarah Bernhardt
elaborazione drammaturgica Pino Tierno
musiche originali Martina Galletta
audio Michele Scalet
assistente alla regia Alice Guidi
luci Francesco Traverso
i costumi della sig.ra Ranzi sono di Alessandra Giannetti
Compagnia Diritto e Rovescio.

Teatro Off Off, Roma, dal 5 all’11 novembre 2021.
In tournée con date ancora da definire.