Sull’ OPI, Orchestra del Paese Immobile di Emanuela Bauco

Foto archivio OPI

«Un paese vuole dire non essere soli». È Fabrizio Saccomanno a pronunciare queste parole nello spettacolo Iancu (1). Perché risuona la frase di uno spettacolo che ho amato mentre scrivo di tutt’altro?
E cosa c’entra con il concerto del 21 giugno a Velletri?
A Piazza Mazzini (la parte bassa della città) è un pullulare di voci e volti di diverse generazioni.
È una festa.  La notte, stellata e afosa, è l’anticipazione di qualcosa di memorabile: lo spettacolo di OPI, Orchestra del Paese Immobile.

Preludio

Prima di raccontare la storia di OPI, Orchestra del Paese Immobile è necessario introdurre due dei suoi protagonisti: Roberto Zaccagnini e Matteo Scannicchio.
Veliterno di nascita il primo è un poeta vernacolare, un cultore della storia culturale della città di Velletri, un libraio e un attore, mentre romano è il secondo, un musicista che scrive, compone, produce e vive a Velletri. Loro non si sono mai visti. Tutti conoscono entrambi.
Un giorno un amico invia a Matteo una poesia di Roberto dal titolo: Ernesto ‘o macellaro, la poesia lo diverte e resta incantato dalla sonorità del dialetto sulla quale mai prima d’ora si è soffermato. Matteo inizia ad improvvisare sul testo e il giorno successivo vuole andare a conoscerlo, parlargli e chiedergli di poter mettere in musica le sue poesie. La Libreria Numero 6 si trova in via Della Croce, proprio vicina a Piazza Mazzini. Roberto Zaccagnini di solito è seduto dando le spalle alla porta d’ingresso e fuma la pipa. Essendo un uomo di poche parole alla richiesta di Matteo reagisce concisamente. «Fa po come cazzo te pare».
Matteo si immerge totalmente nella poesia di Zaccagnini, delle numerose raccolte ne citeremo soltanto alcune come Il ragazzo che sapeva ridere, Novine de cocozza, Vivi, morti e cacamiracoli.
Si rimette subito a lavorare sugli arrangiamenti e il giorno dopo torna nella libreria Numero 6 e con la sua chitarra improvvisa davanti ad un cospicuo gruppo di “aficionado”.  Matteo teme le loro reazioni invece dopo l’ultimo accordo de ‘O ggiro a camposanto tutti finiscono in lacrime. È questo l’atto di nascita di OPI, Orchestra del Paese Immobile. Poco tempo dopo diventa un collettivo. 

Foto archivio OPI

La tradizione della nascita 

Il dialetto è un antenato della lingua italiana, la musicalità delle lingue neoromanze (i dialetti) consente di affondare all’interno della nostra civiltà e della nostra cultura (anche) per questo è stato spesso usato nel canto. Una fonte di immagini, pratiche, valori, che appartiene ad un universo culturale parallelo e distante. Il dialetto è energia potenziale.
Il mondo di riferimento della poesia di Zaccagnini è quello della sua città, Velletri, delle sue strade, delle piazze, della campagna e della vita dei contadini.  Le voci delle storie appartengono a personaggi comuni, che compaiono nelle intuizioni fulminee di un motteggio, nell’eco di un’atmosfera, o di una nostalgia che abita la città immobile. “Immobile” come l’aggettivo da cui prende il nome l’orchestra.  Roberto Zaccagnini è parte dello spettacolo e insieme ai musicisti e alle voci diventano un unico respiro. Dieci poesie sono raccolte in un disco di prossima uscita: Callodemaggio, Certe specie de rimore, Comme fenisce l’incantesimo, Contro ‘a nostargia, ‘E scalette d”i struppi, L’Indico, ‘O ggiro a camposanto, Quiete in famiglia, Vedi si tte capisce, Voria esse microbo o moschino. OPI è un progetto corale, aperto, con radici nel cielo e nella terra che desta una certa attenzione.
Nella composizione, le sonorità contemporanee dialogano con le rime, i ritmi e le frequenze di espressioni tronche impossibili nella lingua italiana che qui trovano respiro. La parola come suono e il suono come impulso che “dice” prima ancora di avere un significato. Non preoccupandoci dell’aspetto semantico entreremo in quell’universo poetico attraverso i sensi, attraverso quella che chiameremo un’esperienza cinestetica. La lettura e la comprensione del testo può essere successiva, per questo gli spettatori non sono tenuti a conoscere “la lingua”, per questo può essere un progetto esportabile in qualsiasi parte del mondo. Autori – attori come Eduardo De Filippo o Eleonora Duse potevano recitare in Italia come in Russia o in Francia indifferentemente.
Molti artisti locali hanno usato il dialetto attraverso la ripetizione di pratiche molto antiche come “La Pasquella” o nella messinscena di opere di teatro in dialetto. Non segue il tragitto della musica etnica popolare. È diversa la strada intrapresa da Scannicchio che delle rime ha cercato di rintracciare le leggi interne, il movimento, l’impulso, rifondando la tradizione.
Chiudo questo breve racconto con le parole di un maestro, lo storico del Teatro Fabrizio Cruciani che guardando al teatro e all’arte ha scritto: «(…) La vera tradizione è solo la tradizione della nascita. La tradizione non è la passiva conservazione di forme e valori accettati nelle piccole successive degradazioni della continuità (l’identità dell’acqua nello stagno); è piuttosto la conquista attiva e dinamica che indaga e si serve dell’esperienza che ha prodotto forme e valori accettati nelle piccole successive degradazioni della continuità (l’identità dell’acqua nel fiume)». «(…) In arte è più che mai vero che «il conoscere non consiste nell’appropriazione e nel riconoscere ma nello stupore e nella differenza». 

Foto archivio OPI

Nota
1) IANCU. Un paese vuol dire, testo di Francesco Niccolini e Fabrizio Saccomanno
di e con Fabrizio Saccomanno, URA Teatro.

OPI, Orchestra del Paese Immobile è un collettivo composto da professionisti e amatori di generazioni diverse, tutti risiedono a Velletri.
Coro Massimiliano Marzuolo, Carlotta Blasi, Sofia Scannicchio, Manolo Bastianelli, Carlotta Blasi, Andrea Fatale, Daniele Cedroni, Eleonora Littek, Emiliano del Zanno, Martina Cori (voce), Lorenzo Lupi (batteria), Lorenzo Mancini (basso), Pasqualino Pasciuto (fisarmonica), Augusto Pallocca (voce, tastiere e sax tenore), Cristiano Mattei, Leonardo Fazi e Giampiero Villa (chitarre), Daniele Manciocchi (sax contralto e soprano), Fabio Calcari (tromba), Francesco Todaro (sax baritono), Simone Nanni (trombone), Nam Ramellini (flauto traverso), Laura Zaottini (violino/ukulele).
Il primo spettacolo è stato presentato lo scorso 19 marzo presso il Teatro Artemisio- Gian Maria Volonté di Velletri.
Prossime date: 24 luglio, DLF, Piazza Cairoli, Velletri, 11 settembre 2022.
Per coloro che volessero consultare il loro canale youtube:
https://www.youtube.com/channel/UCb82XcoBmS63CQVdKipixBw