Roberta Calandra e il suo romanzo “Otto. Tutti siamo tutti” di Katia Ippaso

Ci vuole una conoscenza vasta non solo della letteratura e della storia, ma anche e soprattutto dei volti e dei paesaggi umani, per elaborare un’opera che è, in sé stessa, vortice esperienziale, autentica mise en abyme. L’avevamo già letta e apprezzata nella sua forma teatrale (che le era valso nel 2012 il primo premio al concorso Elsa Morante per gli inediti). Ma ora che Otto. Tutti siamo tutti di Roberta Calandra è anche un romanzo, quello che nella forma drammatica risultava a volte un po’ troppo letterario, trova qui il suo arioso giardino in cui stendere dettagli, ingrandimenti, annotazioni filologiche e storiche. E se il teatro ci permetteva di conoscere verticalmente gli otto protagonisti della pièce, che si calavano in un pozzo profondo, per riemergerne assottigliati, ombre di sé stesse, l’avventura letteraria ci dona lo spazio orizzontale, l’architettura labirintica di figure e specchi dentro cui perdersi. Con Otto è difficile percorrere la strada unilineare dell’immedesimazione, poiché il romanzo di Roberta Calandra si sottrae alle categorie narratologiche che sono diventate mainstream, al punto che nessuna scuola di scrittura oggi ti direbbe che è possibile comporre un testo senza che ci sia un unico protagonista attraverso i cui occhi seguire la storia. Per fortuna che non è stato sempre così: in altre epoche (prendiamo l’inizio del Novecento, o gli anni Sessanta) si sono affermate forme narrative più libere, in cui la frammentazione, o il pastiche, diventavano strumenti di conoscenza in sé stessi. Ecco, rispetto al modello omologato dominante, che accredita, per esempio, sotto il generico genere noir o poliziesco, qualsiasi forma di narrazione insipida che non permette al lettore di fare alcun lavoro, il romanzo di Roberta Calandra impone una concentrazione assoluta.
Otto parte dalla fine e si presenta come un trattato alchemico, un manuale ottocentesco di anatomia dell’animo, che chiama a sé una differente esperienza del tempo. Molte pagine sono dedicate alla cosiddetta epoca dei Lumi, ed è in piena Rivoluzione Francese che si incontrano Olympia e Philippe. Lei è una donna inafferrabile, di cui è persino difficile leggere i tratti del volto (tale è la pressione inconscia del suo linguaggio). Sfugge ad un amore sicuro con un vecchio uomo, Jean. Si imbatte in Philippe l’alchimista. Lei che è decisa a scrivere una Dichiarazione dei diritti delle donne, è costretta a confrontarsi con l’universo fluido di segni rappresentato da lui. Fugge, come le detta l’istinto. La storia mondana la condanna alla ghigliottina, perché giudicata nemica del popolo. Ma quel «Ti amo!» urlato da Philippe tra la folla assetata di sangue, quando il corpo di Olympia si sta dissolvendo nella forma in cui l’abbiamo conosciuta fino a quel momento, sarà destinato a lavorare nel tempo, depositandosi sulle onde di altri lidi e differenti epoche.  La coppia alchemica Olympia-Philippe trova nei successivi capitoli nuove forme e metamorfosi: la vediamo risorgere con Gabriel e William, nell’Inghilterra del 1820, e poi in Milena e Greta in un lager. Di Elena e Giacomo, nostri contemporanei, facciamo subito conoscenza nel primo capitolo: in una stanza d’ospedale che richiama il Fatebenefratelli di Roma, la donna sta dando alla luce due gemelli.
Frutto di un lungo lavoro di ricerca che dona ad alcuni personaggi le traslucide nervature di alcune figure della Storia (in Olympia si può facilmente intravedere Olympe de Gouges, drammaturga e attivista francese, come dietro Gabriel e William i due poeti Keats e Shelley), il romanzo di Roberta Calandra ci porta a riflettere sul Bene e sul Male, sulla Violenza e Non Violenza,  in maniera non dogmatica, aiutandoci a disfarci di sicurezze o pre-giudizi che si stratificano, magari inconsciamente, nel nostro modo di pensare e parlare.
Otto. Tutti siamo tutti è un libro sul Tempo, che trattiene una forte filosofia di vita, quella buddista, secondo la quale “tremila mondi si manifestano in un singolo istante di vita”. E sono tutte fole di fole, immagini di immagini, quelle che incontriamo, non perché siano pure illusioni, ma perché nella forma mondana di un ogni singolo corpo, nell’incarnazione di una precisa voce e di un gesto, c’è un passaggio di coscienza, l’evoluzione di un destino che si compie, appunto, in un tempo che è in grado di espandersi e contrarsi in modo non lineare. Nello slancio vitale di Bergson.  Quando il Passato e il Futuro si manifestano Qui ed Ora.

Roberta Calandra, Otto. Tutti siamo tutti, prefazione di Giovanni Mastrangelo, Edizioni Croce, Roma, 2020, pp. 272, euro 18,00.