Il Nostro Domani di Ascanio Celestini a Attraversamenti Multipli: un racconto tragicomico del nostro Presente di Letizia Bernazza

foto Chiara Cocchi

Sabato 15 settembre. Largo Spartaco. Quartiere Quadraro di Roma. È la giornata di inizio del Festival Attraversamenti Multipli. Lo spettacolo che inaugura la Rassegna è Il Nostro Domani di Ascanio Celestini. Arrivo con un po’ di anticipo. Impossibile restare indifferenti alla smisurata partecipazione. Persone ovunque: molte in fila per ritagliarsi un posto; tante sedute o in procinto di sedersi; numerose popolano la piazza incuriosite dall’evento.

È già questo il successo ottenuto da Attraversamenti Multipli, il progetto – rigoroso e attento – che Margine Operativo (il gruppo fondato da Alessandra Ferraro e da Pako Graziani) sostiene dal 2001. Il tema del 2018 è Sconfinamenti. Sconfinare vuol dire andare oltre <<muoversi sulle linee di confine tra differenti codici artistici e nelle zone di prossimità tra arte e vita>>. Un viaggio che ha l’obiettivo di <<attraversare i confini: i confini tra culture diverse, i confini tra generi artistici, i confini tra spettatore e azione artistica>>. Una posizione di non-univocità cui si sostituisce l’idea della pluralità: <<lo sconfinare è un processo costituente di incontro e di confronto, grazie al quale le diversità si relativizzano e possono avere origine nuovi percorsi>>. Porsi negli interstizi della “discontinuità” ha un significato fondamentale per la poetica e l’estetica di Margine Operativo: investe il nostro Presente, il nostro Passato e il nostro Futuro. Come a dire, che non c’è alcuna frattura, alcuna possibile interruzione, in quella zona liminale, simbolo dell’andare e dello stare. Sconfinare coincide con la fondamentale libertà delle persone di muoversi, sostenendo – contro la spaesante banalizzazione dei “non-luoghi” – l’idea di paesaggi culturali partecipati.

Ed è proprio alla partecipazione responsabile che ci richiama Ascanio Celestini. L’autore, attore, musicista e regista romano non ha certo bisogno di presentazioni. Su Il Nostro Domani, invece, vale la pena fare alcune riflessioni. In primo luogo perché il lavoro si inserisce all’interno di una indagine profonda sul nostro Presente. Un Presente confuso, sia da un punto di vista politico sia sociale, dove non sembrano esserci più punti fermi; dove tutti affermano qualcosa per poi rinnegarla il giorno dopo e dove, soprattutto, c’è una sciatteria che, invece di avere a cuore il bene del Paese, sposa una voluta approssimazione priva di alcuna progettualità.

<<Il nostro domani sarà più luminoso del nostro ieri. Ma chi ci garantisce che il nostro dopodomani non sarà peggiore del nostro ieri?>>.

La frase dell’autore russo Venedikt Vasil’evič Erofeev contenuta nel volume Mosca- Petuski (l’opera più celebre dello scrittore apparsa in Russia sotto forma di samizdat nel 1973) è lo spunto de Il Nostro Domani. Celestini fa proprio il pensiero, oltre che il linguaggio grottesco, visionario, tragicomico di Erofeev. Il protagonista del suo romanzo è un uomo disperato, soggiogato dall’alcool, che da Mosca parte per un viaggio, forse immaginario, che gli consente di interrogarsi sull’“uomo nuovo” sovietico. Un essere distrutto <<dai torrenziali monologhi dell’ubriaco>> e, insieme a lui, dai << totem e tabù ufficiali>>.

foto Chiara Cocchi

Il Nostro Domani è una narrazione dalla struttura complessa: <<un repertorio di racconti, musiche e testimonianze che ogni volta possono cambiare, ma che sempre hanno una piccola missione, raccontare storie di persone>>. Come quella di Davide Bifolco, il sedicenne napoletano ucciso da un colpo sparato da un carabiniere perché il ragazzo, senza casco, non si era fermato a un posto di blocco. <<Un ragazzo tenero>> che amava giocare a pallone e della cui morte la madre viene a sapere alle due di notte <<con una guardia vicino>>. La vicenda di Davide si intreccia a una incessante sequela di avvenimenti.

Accompagnato da Gianluca Casadei alla fisarmonica, tastiere e live electronics, Celestini non si risparmia mai. I tempi serrati del suo monologo ci conducono verso uno “sconfinamento” continuo: non c’è alcuna tesi precisa da dimostrare. La volontà dell’attore è, piuttosto, quella di guidarci a comprendere altro: la complessità delle storie con i loro assunti e i loro rovesci. Così la “divisa” non si processa, il “negro” che al semaforo ci vuole pulire il vetro diventa colui al quale <<diamo una pacca sulle spalle, un euro o un calcio nelle palle>>. Ma, poiché il <<Mondo è un automobile>>, chi sta dentro può decidere. E, allora, invece di dare un euro o una pacca sulle spalle, le persone propendono per <<un calcio nelle palle>>. La storia si ripete: egemonia e subalternità, vittima e carnefice. E la lotta di classe? Sospesa come una bolla di sapone. <<Cari compagni e care compagne, l’abbiamo imparata da voi la lotta di classe e oggi ve’ stiamo a fa un culo così!>>. Un’eredità obnubilata da un Paese che ha la necessità di rinverdire la propria Memoria. Celestini cita Gramsci. Quell’uomo <<che di notte camminava per non fermare i suoi piedi>>. Cosa avrebbe fatto oggi Gramsci? Non nominerebbe di sicuro i Ministri che abbiamo: <<prenderebbe un clandestino e gli farebbe fare il Ministro degli Esteri; un pacifista rivestirebbe il ruolo di Ministro della Difesa; chi ha subito ingiustizie quello di Ministro degli Interni>>. Una questione importante di auto-rappresentanza. Molto lontana dalle linee guida del nostro Governo che preferisce “spaesarci” e diffondere odio e paura nei confronti dell’Altro. E allora, come risolvere e chi risolve i problemi? Nello spettacolo, esplicativa la metafora della “goccia”: chi si prende in carico la questione e trova la soluzione di quella goccia d’acqua che allaga un appartamento? Si può mettere un tappo e appianare momentaneamente la questione? Si può parlare per ore di chi sia la colpa, di come eliminare il problema o di come farlo ricadere su chi potrebbe avere una eventuale responsabilità? Tutti sono e siamo coinvolti: soprattutto se stiamo ancora a dissertare su una destra o sinistra radicale e moderata. La destra è destra e la sinistra è sinistra. Iniziamo, dunque, a fare chiarezza. Abbiamo una mano destra e una mano sinistra, ironizza Celestini. Non dovrebbero esserci equivoci di sorta. Perché imprigionarci in una logica di fraintendimenti che non aiuta nessuno?

Spero che l’arte del Teatro, possa alleviare il nostro comune senso di “spaesamento” e assisterci per fronteggiare quel sentimento di paura che ci obbliga a essere vigili nei confronti dei nostri confini. Cerchiamo di essere uomini e donne liberi/libere. Lasciamo ai nostri politici il peso delle loro azioni. A noi cittadini, l’onere della responsabilità civica. Soltanto così, forse, <<Il nostro domani sarà più luminoso del nostro ieri>>.

foto Chiara Cocchi

Il Nostro domani

di Ascanio Celestini

con Ascanio Celestini e Gianluca Casadei

musiche dal vivo eseguite da Gianluca Casadei

Attraversamenti Multipli, Largo Spartaco, Roma, 15 settembre 2018.