Quarant’anni di scena italiana attraverso le parole di Franco Quadri di Laura Novelli

Un libro di teatro non è mai solo un libro di teatro. Quando è ben fatto, la sua lettura apre giocoforza prospettive storiche, sociali, culturali che si impongono come lo sfondo necessario di riflessioni e di memorie collettive. Un bel libro di teatro è quasi sempre, poi, anche un libro di racconti umani, popolato di incontri, corrispondenze intellettuali, affinità, utopie, ideali condivisi o dialetticamente in contrasto tra loro. Dunque, esso racconta molto più di quanto “semplicemente” racconta.
Il volume Tiezzi secondo Quadri, che la Ubulibri ha pubblicato qualche tempo fa con curatela di Leonardo Mello e l’introduzione di Maria Grazia Gregori, ne è un esempio emblematico. Motivo per cui, in occasione della serata conclusiva dei Premi Ubu 2019 (prevista lunedì 16 dicembre al Piccolo Teatro di Milano e in diretta su Radio3 ), vale la pena tornare su un’opera che rappresenta non solo un omaggio al fondatore stesso del Premio e della casa editrice milanese, ma anche un esito significativo dell’importante lavoro di studio e di salvaguardia dell’archivio di Quadri che l’Associazione Ubu per Franco Quadri (www.ubuperfq.it) svolge dal 2012.
E se già il titolo del libro suggerisce un confronto quasi fisiologico tra due importanti personalità del teatro italiano, la materia che esso assembla – complici gli apparati introduttivi e fotografici – davvero stupisce per la forza con cui conduce il lettore dentro l’eclettico percorso creativo della compagnia guidata dal regista toscano (quella che agli esordi si chiamava Il Carrozzone, per poi diventare I Magazzini Criminali, in seguito I Magazzini e ora Compagnia Lombardi-Tiezzi) e al contempo dentro lo sguardo vigile, arguto, vivo, fremente del grande studioso lombardo, intercettando i cambiamenti stessi del suo linguaggio critico e coprendo un arco temporale di quasi quattro decenni: la prima recensione riguarda lo spettacolo La donna stanca incontra il sole che fu pubblicata nel 1973 su “Panorama”; l’ultima è relativa, invece, al lavoro I promessi sposi alla prova di Testori ed è datata 2010 (“la Repubblica”). Il corpus di contributi critici comprende, oltre a quelli editi nelle due testate citate, recensioni e saggi usciti – tra gli altri – per “Il Manifesto”, “Vogue”, “Il Patalogo”, o scritti introduttivi per i programmi di sala di alcuni spettacoli e per la rivista “Quaderni dei Magazzini”, cui si aggiungono, inoltre, le introduzioni a due libri dedicati da Quadri stesso alla compagnia.
Sarebbe, tuttavia, superficiale fermarsi a questa constatazione. Perché, a ben vedere, il carattere del libro, il suo senso più profondo, scaturisce sì da tutto questo ricco – ricchissimo – materiale, ma non coincide con esso. Vi è, cioè, una sorta di “sovratono” annidato nel cuore di queste importanti pagine: un elemento di coesione che risiede nelle atmosfere, nei dettami estetici ed etici, nella voglia di nuovo, nei modelli internazionali assurti a slogan rivoluzionari, nei travasi artistici, nei continui passaggi stilistici propri di un’intera generazione teatrale. Non è un caso, infatti, che l’incontro tra un Quadri già critico affermato e animatore di importanti progetti culturali e un Tiezzi pressoché ventenne ma già sorretto da una lucida progettualità creativa, oltre che da una profonda passione per la Storia dell’Arte, sia avvenuto proprio nei primi anni Settanta. Gli anni della neo-avanguardia, della sperimentazione sui linguaggi visivi e gestuali, della drammaturgia collettiva, dei teatri fuori dai teatri, della scrittura di scena, del teatro-immagine.
Il primo – il Maestro – incoraggia e sostiene l’esuberanza visionaria del giovane. Ne affianca la crescita artistica, intravedendo in lui e nel suo gruppo (formato da Sandro Lombardi e Marion D’Amburgo) fervide energie innovative. Il fermento di quei tempi ce lo restituisce con vivida immediatezza Maria Grazia Gregori in alcuni passaggi della sua introduzione: «Milano era diversa in quel 1976. In tutto – a cominciare dal teatro – c’era fame di nuovi linguaggi, nuove parole, nuovi progetti. Su quest’onda nacquero i Confronti Teatrali (…). Si combinò un incontro alla Scuola d’arte drammatica di Corso Magenta (…). C’era un grande tavolo attorno al quale eravamo seduti in attesa dei nostri ospiti: Franco arrivò con un ragazzo giovane che noi giudicammo bellissimo. Ero scettica sul fatto che una persona di quell’età potesse essere già toccata dalla grazia, ma l’incontro fu colmo di slancio, di idee, di progetti, vitale e me lo ricordo ancora».
Qualche riga sotto annota: «F&F possedevano qualcosa che andava preservato, dove era difficile per chiunque entrare, anzi non era permesso. Ma quando questo raramente succedeva erano lampi sorprendenti e inquietanti. Gli anni passavano e Franco era sempre Franco: intelligente e sicuro di sé, ma anche capace di sorprendersi; Federico cresceva coraggiosamente cercando la sua autonomia, avendo sempre accanto Sandro Lombardi e, allora, anche Marion D’Amburgo e poi solo Sandro con nuovi compagni».
L’autorevole critico assiste a questa crescita da “dentro”, un po’ complice e un po’ testimone, come ben chiarisce Leonardo Mello nella sua prefazione: «Procedendo in quest’operazione di raccolta e catalogazione si cede inesorabilmente al fascino delle molte pagine, e si fanno anche alcune interessanti scoperte. La prima riguarda il rapporto che si poteva instaurare negli anni Settanta, forse per la prima volta, tra artisti e critici militanti. Un rapporto sicuramente diverso e più articolato di quello che preveda la consueta scansione “elaborazione dello spettacolo/visione critica dello stesso/ restituzione nella carta stampata”: questo è ovviamente uno degli elementi, ma non l’unico».
C’è da dire che l’intero contributo del curatore si impone qui come un saggio breve dentro un saggio più ampio. Anticipando i fili rossi che sorreggono la poderosa impalcatura critica di Quadri, sottolineando la levatura internazionale e la raffinatezza speculativa del critico, inseguendo le evoluzioni stilistiche di Tiezzi regista dalla prima fase visiva e astratta (i riferimenti più ricorrenti sono Wilson, Foreman, il Living Theatre, e basti citare La donna stanca incontra il sole, Punto di rottura, Crollo nervoso, Ebdòmero) a quella più lirica e fabulatoria che affonda la sua ricerca nel ventre della parola (il teatro “di poesia” come sintesi di materia e ritmo, la riflessione sulla scrittura attoriale, sulla musica, gli articolati progetti dedicati, tra gli altri, a Dante, Shakespeare, Beckett, Pasolini, Cechov, Testori), Mello già apre la strada al lettore; lo cattura e lo conduce per mano attraverso le tante declinazioni di questo libro che, proprio come il precedente volume “gemello” Ronconi secondo Quadri, appare stratificato e fluido perché stratificato e fluido è il teatro stesso, viste le umanità e le utopie che lo determinano e lo motivano.
A tal riguardo colpiscono alcune parole di Sandro Lombardi riportate a mo’ di testimonianza nel breve ma incisivo ricordo intitolato Quadri secondo Lombardi: « (…) Per Franco il teatro non era solo una forma della vita ma anche lo strumento per mettere ordine nelle cose. I suoi amori erano altrettanto intensi dei suoi furori. (…) Nel corso del tempo, di Franco avrei soprattutto ammirato l’empirismo dell’azione, quell’inesauribile sporcarsi le mani, (…) sempre dalla parte dei giovani, con l’instancabile passione per quel luogo astratto, crudele, amaro, feroce (…) che da sempre è il teatro».

Tiezzi secondo Quadri: storia di un percorso teatrale
a cura di Leonardo Mello
introduzione di Maria Grazia Gregori
foto di copertina Marcello Norberth.

Ubulibri, Milano, 2017, pp. 223, 18,00 euro.