Quella distonia emotiva di Čechov tra le mani di Fabrizio Arcuri di Paolo Ruffini

Foto di BeiRicordi Teatro

Carrozzerie n.o.t è uno spazio di residenza e di laboratorio delle arti performative a Roma, così perfettamente incuneato nell’agglomerato di un’area in between tra le arterie di Trastevere, quel quadro tra il borghese e il trendy ch’è Testaccio e la fluidità commerciale di Marconi a due passi da Porta Portese, proprio a ridosso delle sponde di un Tevere meno appariscente; e qui, lo scorso 25 maggio, abbiamo visto uno dei recenti lavori scenici di Fabrizio Arcuri. Uno, perché, come da sua abitudine, troviamo spesso il regista alle prese con più progetti in contemporanea, siano essi spettacoli tout court oppure esiti di un processo che ha accompagnato attori e attrici in un piano di formazione avanzata, come in questo caso il corso di recitazione della Scuola d’Arte Cinematografica “Gian Maria Volonté”.

Eccoci allora a Villa Dolorosa, ripensamento iridescente e tensivo di Tre sorelle di Anton Pavlovič Čechov (più prosaicamente Čechov), un depositare le tracce emotive in quella certa asciuttezza surreale dei giorni più prossimi al nostro tempo che sgorga dalla penna di Rebekka Kricheldorf e che Arcuri fa esplodere come solo lui (ormai) sa fare, tracciando cioè un segno indelebile di paradossali misunderstanding linguistici; il suo è un cifrario somatico e fonico che chi lavora con lui sussume, incorpora, ne riporta l’attitudine, finanche i tic, i vezzi di un pastiche ch’è gestuale quando smonta l’ipertrofia dello stare in scena e accenna a possibili comportamenti teatrali, subito contraddetti o rimossi nelle intenzioni, o anche umorali nel motivare la parola portata senza iperboli come chiave di volta psicologica dei personaggi, sempre distonica nel lambire l’attenzione dello spettatore, dialogandoci per giunta, ma refrattaria a concupirlo. E lo spettatore sta al gioco.

Foto di BeiRicordi Teatro

La scena sembra ricreare un interno decisamente privo di suppellettili inessenziali, un campo di forze incontaminato da diversi anni, tant’è si preannuncia a più riprese un suo cadere a pezzi da un momento all’altro come un mantra, forse, per esorcizzarne l’eventualità; il “monumento” che tiene assieme le intemperie emotive fotografa l’immobilità di un passato che non vuole passare, un alveo famigliare non più riparato dalle intemperie dell’esistenza, anzi, ci appare fissato in una certa capitolazione al destino con dolente ineluttabile discorso di un decadente rimuginare sul tempo che inesorabilmente segna tutto: incorniciato da sedie, divanetti, lampade, tappeti, fotografia austera anni Settanta di una villa in Germania, da qualche parte non ben definita, lo spazio scenico è lo spazio-ring dove si ripercuotono frustrazioni e voluttà inespresse.
Il nucleo che si ritrova a ogni compleanno ogni tre anni vede le tre sorelle in questione e un fratello tentato più volte dal suo desiderio di fuga per assecondare la scrittura, una trascuratezza artistica che si concretizzerà soltanto quando ormai non potrà dimettersi dalle sue responsabilità di padre e compagno permettendosi di scompaginare quel ruolo non cercato e mal digerito.

Foto di BeiRicordi Teatro

Villa Dolorosa è una messa a punto tra una scrittura radente Čechov (quella di Kricheldorf) e l’impertinenza poetica di Arcuri, sommatoria di raffinati sabotaggi delle due visioni (quella scenica su quella drammaturgica), quasi a ribaltarne il senso, seppure rimanga l’urgenza di una patina melanconica e spesso dolorosa di un archetipo che si infrange nello strepitio di un riso a volte anche irrefrenabile che Arcuri è capace di far innescare ai e alle performer, proprio con un lavoro in sottrazione, dell’allusione, perfettamente cinico nel tessere una trama sovraccarica di felici interludi verbali.

Tempo presente, dunque. La ricorrenza del compleanno per Irina non è mai stata una festa felice ma piuttosto la conferma di un fallimento. Lì bloccata nel non riuscire a invertire un pensiero su di sé, sulla propria condizione di esule dalla vita. Lì, nella stretta cerchia familiare dove si ripetono quei tentativi di immaginare un altrove, di reiterare la solita inappropriata scelta musicale per una festa che di fatto non si farà, di suicidi più volte tentati, delle gravidanze improvvise della giovane (ed esuberante) morosa di Andrej detentrice di un ribaltamento (come in Teorema di Pier Paolo Pasolini) facendosi odiare da tutti e tutte. E ogni anno si ripete quell’andamento, la villa come paravento di una vita che avrebbe potuto essere altro ma invece rinnova l’identico con medesimi meccanismi conflittuali, rintanati tutti nella loro assuefazione in attesa che qualcosa di straordinario accada.

Foto di BeiRicordi Teatro

Olga la sorella insegnante che nonostante la svogliatezza dal lavoro farà carriera, il fratello Andrej donnaiolo incallito che rimarrà bloccato in una relazione immatura e Masha, sposata ma insoddisfatta che si innamora dell’amico del fratello, a sua volta spostato con una donna con manie suicide.

Andrej è lo sguardo politico di Čechov sul mondo (e sembrerebbe della stessa drammaturga come dello stesso regista), figura-emblema alla Trofimov de Il giardino dei ciliegi che si abbandona all’ordinario rinunciando allo spostamento da sé, da quella palude, intellettuale assorbito da un matrimonio infelice. Ci parlano di lavoro, di passioni e di tempo, tempo del fuori che sfugge.

Lo spettacolo procede con ritmo nelle quasi tre ore con attori e attrici di grande livello e rigore, nella misura voluta da Arcuri che asseconda le pause e mette in scena le didascalie in forma di commento interno alla pièce e sovente di posizionamento dialettico dei punti di vista. Grande lavoro dove l’amarezza sposa una divertita e divertente trasfigurazione.

Villa Dolorosa

drammaturgia Rebekka Kricheldorf
traduzione di Alessandra Griffoni
regia Fabrizio Arcuri
con Enrico Borello, Paola Buratto, Georgia Lorusso, Maria Chiara Orti, Andrea Palma, Francesca Parisi, Dharma Mangia Woods
produzione BeiRicordi Teatro, Anomalia Media
in collaborazione con ATCL Lazio – in accordo con Arcadia & Ricono Ltd
per gentile concessione di Gustav Kiepenheuer Bühnenvertriebs-GmbH.

Carrozzerie n.o.t, Roma, dal 23 al 25 maggio 2025.

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