Patrizia Vicinelli, l’artista totale rivive a teatro di Renata Savo

Foto di Cosimo Trimboli

Cosa fa di un’artista, un’artista? Chi ne decide le sorti? Quanto la fama e la popolarità possono assegnare o non assegnare affatto un’aura di artisticità al lavoro di chi scrive, disegna, modella, produce? E che ruolo gioca il contesto storico, sociale, economico in cui si vive? Sono domande interessanti e non solo, per fortuna, per chi si occupa di arte. In un certo senso riguardano la Storia e sotto alcuni aspetti anche la strada compiuta dai diritti sociali, ma più in generale sono domande che alimentano la curiosità verso la conoscenza di figure rimaste ingiustamente nell’ombra. Soprattutto donne. Questioni che si sposano molto bene con la possibilità di essere portate su un palcoscenico e che si affacciano puntualmente all’interno del bel lavoro del Gruppo RMN.

Lo spettacolo, che ha debuttato a Roma lo scorso 28 aprile allo Spazio Diamante per il festival InDivenire e che è tornato, sempre nella capitale, in scena all’Angelo Mai il 21 e il 22 maggio, si intitola Costellazione Vicinelli, e di fatto s’interroga sulla possibilità di messa in scena di queste domande. Lo fa mettendosi sulle tracce di una figura, quella di Patrizia Vicinelli, poeta (come lei preferiva, e non poetessa), che è stata importante per la città di Bologna, ma che non ha mai raggiunto la popolarità di molti altri cittadini bolognesi – per inciso, tutti uomini, come gli stessi attori in scena fanno notare. Non solo attrice, Patrizia Vicinelli fu un artista totale: autrice teatrale di una Cenerentola che mise in scena con le detenute del carcere di Rebibbia, in cui venne reclusa per la detenzione di due grammi di hashish, e attrice in alcuni film italiani (come Amore tossico di Claudio Caligari, 1983).

Gli attori Leonardo Bianconi, Luisa Borini, Giulia Quadrelli e Chiara Sarcona si assumono così, in quanto attori, la responsabilità di portare alla luce, grazie anche al dramaturg Francesco Tozzi e alla consulenza letteraria di Allison Grimaldi-Donahue, la vita e l’opera di un’artista controversa, mettendo in discussione i possibili motivi che l’hanno ostacolata nel suo percorso di emancipazione in particolare economica, ma non solo. Fra questi motivi, sicuramente c’è stata una dipendenza dalle droghe, che la portò anche a essere detenuta presso il carcere di Rebibbia a Roma e, soprattutto, a contrarre l’AIDS. «Nessuno se l’è filata quanto il suo ego avrebbe voluto», dicono dal palcoscenico. Eppure, chiosano gli attori, il modo in cui la forza dei suoi versi si coniugava con la forza della parola detta convinse intellettuali come Moravia, Eco, Schifano, che si unirono insieme ad altri per firmare un appello a favore dell’applicazione, per Patrizia Vicinelli, della Legge Bacchelli, la quale fornisce sussidi alle persone che hanno fatto «qualcosa di rilevante per la patria», di chiara fama, e che riversano in gravi difficoltà economiche o di salute.

Foto di Cosimo Trimboli

Ogni discussione, si sa, merita un altare e un contraltare. E mentre Leonardo Bianconi è l’elemento di contrarietà, di auto-boicottaggio del lavoro che per due anni ha tenuto impegnati gli attori alla ricerca di materiali e di persone da intervistare e poi con la scrittura e la realizzazione scenica (una prima versione ha calcato l’anno scorso le scene della rassegna Forever Young alla Corte Ospitale di Rubiera), Giulia Quadrelli e Chiara Sarcona giustificano la personalità e l’eccentricità della donna restituendo valore alla sua opera poetica, attraverso la condivisione con il pubblico delle sue difficoltà, non ultime quelle legate al fatto di essere madre di due figli, un fatto che allora – ma in parte ancora oggi, purtroppo – rappresentava, in Italia, un importante ostacolo alla realizzazione delle aspirazioni individuali.

Tutto questo e molto altro è da vedere in Costellazione Vicinelli, ma anche da ascoltare: dalla performance energica, viscerale, di Luisa Borini, che in un monologo dà la giusta voce e il corpo ai versi poetici, al sound elettronico magnifico, epico, fluttuante, realizzato dal vivo alla consolle da Leo Merati.

Un lavoro che porta in teatro una ricerca priva di ostentazione e slegata da qualsiasi necessità esteriore che talvolta denota il teatro contemporaneo – quando deve per esempio assecondare alcune ricorrenze celebrative – ma da cui traspaiono onestà intellettuale e studio appassionato.

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