“Maschi veri”: tra padel, spritz e gin tonic, una riflessione ilare sugli stereotipi di genere di Anita Perrotta

Foto di Lucia Iuorio/Netflix

Maschi veri è l’adattamento italiano della serie spagnola Machos alfa, prodotta da Mattia Rovere (Groenlandia), scritta da Furio Andreotti, Giulia Calenda, Ugo Ripamonti e diretta da Matteo Oleotto e Letizia Lamartire.

La serie è strutturata in otto episodi da trenta minuti ciascuno e si immerge nella società contemporanea, affrontando con ironia e leggerezza tutti gli stereotipi di genere che suscitano grandi conflitti nelle relazioni. La produzione è ambientata a Roma, dove Mattia, Massimo, Luigi e Riccardo, sono amici fin dai tempi dell’università, tutti over 40, fedeli portatori sani dei geni sociali della generazione X che condividono la chat di gruppo Maschi veri .

Ogni episodio inizia con un teaser ambientato nella classe del corso di “decostruzione della mascolinità tossica” gestito da un insegnante (Corrado Fortuna), il quale con le sue lezioni introduce le tematiche che saranno raccontate durante l’episodio stesso.

Tutti i protagonisti maschili della serie rappresentano le tipicità degli uomini etero, bianchi, cisgender di mezza età e ciascuno di essi è alle prese con le rispettive relazioni di coppia, in cui troviamo i personaggi femminili in piena fase evolutiva e di consapevolezza, ma non per questo meno in crisi dei loro compagni. In un quadro del genere, l’esplosione dei conflitti relazionali diventa inevitabile.

Massimo (Matteo Martari) è il direttore dei programmi di un canale televisivo, perde il posto di lavoro perché considerato poco vicino alle nuove sensibilità di genere e il suo ruolo viene affidato ad una collega. La compagna di Massimo, Daniela (Laura Adriani) fino a quel momento senza una posizione lavorativa ben definita, decide di buttarsi a capofitto in un progetto lavorativo che le dà dei guadagni importanti. Davanti a tale situazione, Massimo si destabilizza e si spaventa.

Foto di Lucia Iuorio/Netflix

Mattia (Maurizio Lastrico) è un uomo semplice, divorziato da una moglie ansiosa e apprensiva (Nicole Grimaudo), vive con la figlia di 17 anni, Emma (Alice Lupparelli) che per dare una spinta “evolutiva” al padre, gli crea un profilo su Tinder e cerca di convincerlo che la soluzione ai conflitti di coppia sia avere un approccio genderfluid e non binary. Nonostante Mattia si senta emancipato e femminista, non è a suo agio di fronte alla prospettiva suggerita dalla figlia e all’intraprendenza delle donne incontrate sulla piattaforma di dating online, che mette in difficoltà la sua modalità seduttiva.

Luigi (Pietro Sermonti) è sposato con Tiziana (Thony) da 15 anni e hanno due figli. In questa coppia longeva c’è la tematica della noia e della stanchezza sessuale: lui tende a minimizzarla, lei sente forte la necessità di percepirsi una donna desiderabile. Luigi è un uomo sensibile e dedicato alla famiglia, ma viene travolto dalle esigenze della moglie, che non riesce a gestire.

Foto di Lucia Iuorio/Netflix

Riccardo (Francesco Montanari) è il cliché del maschio alfa, con un complesso edipico irrisolto, traditore seriale di Ilenia (Sarah Felberbaum), la sua compagna, brillante avvocata. La condizione di Riccardo cambia quando la donna gli comunica di volere nuovi stimoli nella loro relazione e gli propone di diventare una coppia aperta. Riccardo non riesce ad accettare la libertà sessuale della propria fidanzata ed entra in crisi.

Tanti sono i temi proposti nella serie: dall’attenzione al linguaggio, con la citazione dei fenomeni come il bodyshaming, l’ageshaming, il catcalling, passando per espressioni come “donna con le palle” o “femminuccia”; dalla messa in discussione dell’aspetto cameratesco con il richiamo a smettere di stare solo tra uomini all’adultizzazione dell’adolescente in soccorso del genitore.

Lo schiacciamento percepito del genere maschile porta inizialmente ad una ricerca di comprensione verso le donne, ma di fronte alle difficoltà, nasce un’esigenza di ritrovarsi nel branco e rientrare nella comfort zone. È interessante vedere come nei momenti più difficili anche le proposte di risoluzione da parte degli uomini siano comunque figlie di una cultura patriarcale con proposte disperate e poco sentite come: “allora facciamo un figlio”, “sposiamoci!” pur di risentirsi “maschio”.

Il focus di Maschi veri non è, tuttavia, soltanto sugli uomini. C’è molta attenzione anche nel raccontare le donne, oggi in cerca di nuove consapevolezze, autodeterminazione e ruolo nella società, trovando gli uomini impreparati a tutto questo.

Foto di Lucia Iuorio/Netflix

La serie non condanna, rimane neutrale e non manca di narrare anche il rischio della mascolinizzazione femminile che arriva a mettere in crisi la donna stessa. Si evidenzia la solitudine e la confusione di tutti i ruoli, che continuamente si ribaltano nell’essere vittima e carnefice dell’altro e di sé stessi.

In Maschi veri la generazione X viene fuori turbata e piena di incertezze. Le protagoniste e i protagonisti non si trovano comodi nei panni di uomini e donne cinquantenni, piuttosto sembrano interpretare i ruoli di adolescenti di mezza età senza punti di riferimento chiari.

Maschi veri sollecita riflessioni, utilizzando lo stile e il linguaggio della commedia. Tenta di offrire possibili rimedi ai conflitti di genere in virtù di nuovi equilibri in grado di pacificare le relazioni. Ci riesce? Saranno gli spettatori e le spettatrici a deciderlo. Di certo, siamo di fronte ad una forma di intrattenimento intelligente in cui la risata è liberatoria, catartica.

Da mercoledì 21 maggio la serie è in esclusiva su Netflix.

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