
Uno spazio museale all’interno di una galleria d’arte moderna annovera, tra le sue principali attrazioni, un’installazione dell’artista Boris Majellaro, la cui identità rimane avvolta nel mistero.
La composizione, dal titolo evocativo Golgota, è formata da tre croci stilizzate, realizzate con luci al neon tubolari, ancorate al suolo su basamenti costruiti con scarti elettronici.
Sulle croci laterali sono “inchiodate” due donne, abbastanza adulte da aver conosciuto le dure prove della vita. Al centro, la terza croce è vuota, suggerendo un eloquente senso d’attesa.

Una guida, interpretata da Simone Colombari, accompagna i visitatori illustrando il significato dell’opera e modificando, se necessario, la propria interpretazione per “giustificare” eventuali cambiamenti nella disposizione delle figure femminili.
Le donne crocifisse si chiamano Vera (Giorgia Salari) e Gioia (Benedicta Boccoli). Sono state ingaggiate per interpretare una condizione di “sofferta immobilità” per un intero mese.
Durante le pause, tra un gruppo e l’altro, emerge che Vera è un’attrice colta, progressista, attenta alle tematiche sociali e al politicamente corretto. Ha accettato questo incarico per passione verso la recitazione. Gioia, invece, è una “donna del popolo”: diretta, concreta e reduce da un reality show. Per lei, questo ruolo rappresenta una possibilità concreta di sostentamento.
Le due si raccontano, si confrontano e, pur partendo da esperienze molto diverse, alla fine risultano essere simili. Usano linguaggi differenti: uno colto, l’altro popolare; uno curato, l’altro schietto e quotidiano. Eppure, entrambe condividono la stessa realtà di discriminazione, sopraffazione e violenza. Donne in attesa di un futuro migliore che, come Godot o un Messia, forse non arriverà mai.
Tra dialoghi intensi e momenti comici trova spazio la satira contemporanea. In una delle scene più surreali, le protagoniste, vestite da papere nere, eseguono un rap che ironizza sulle attuali dinamiche sociopolitiche, sia nazionali che internazionali (tra i temi trattati, il contestato Centro per migranti in Albania richiamato nel titolo della messa in scena).
Nel frattempo, le incursioni della guida offrono uno sguardo straniato ma acuto sulla condizione femminile e non solo.
Il finale – composto da “sorprese multiple” – mette in luce come la “potenza del falso” possa ricondurre tutti alla “fragilità del vero”, quella di un quotidiano segnato dal dolore, autentico e non mediato dal virtuale.

Il lavoro, ideato da Claudio Pallottini e Massimiliano Giovanetti, è ricco di idee, trovate e spunti di riflessione, in un alternarsi continuo di momenti drammatici e divertenti.
La regia, firmata da Marcello Cotugno, è brillante, dinamica e tiene alta l’attenzione del pubblico.
Particolarmente intelligente è la scelta di affrontare il tema della condizione femminile con una osservazione degli eventi in una prospettiva quasi “entomologica”, stimolando l’analisi su una realtà in cui le donne sono troppo spesso percepite più come oggetti che come soggetti.
Un’osservazione sullo spettacolo: i tanti temi trattati con diversi registri espressivi e stili teatrali veicolati quasi simultaneamente, rischiano di sovraccaricare la capacità percettiva dello spettatore o, per restare nella metafora museale, del fruitore dell’opera.

Notevole l’interpretazione di Giorgia Salari che, con delicata naturalezza, accompagna a ritroso il suo personaggio dalla fragilità sognante del proprio passato a un presente riconquistato con intelligenza e generosità. Non meno intensa Benedicta Boccoli, che ricorda la costruzione di un personaggio rosselliniano: Gioia è concreta e allegra, tuttavia il suo dramma interiore diventa fisico, passa attraverso il suo corpo. Manca soltanto il grido di «Francesco» per completare il quadro di una delle scene finali.
Divertente, ironico, surreale e imprescindibile “terzo incomodo” è Simone Colombari, il quale è sia narratore sia deus ex machina.
Inchiodate! è piacevole, coinvolgente e ben costruito. Qualche aggiustamento sarebbe necessario per rendere il messaggio da veicolare più diretto e comprensibile.

Inchiodate!
Contro la deportazione in Albania del papero negro
di Claudio Pallottini e Massimiliano Giovanetti
collaborazione alla drammaturgia Benedicta Boccoli e Giorgia Salari
regia e colonna sonora Marcello Cotugno
con Benedicta Boccoli e Giorgia Salari
e con Simone Colombari
scene Giorgia Ricci
costumi Giulia Plano
disegno luci Mauro Ricci e Marco Catalucci
aiuto regia Marta Finocchiaro
assistente volontario alla regia Alessio Morrone
produzione Loft Produzioni S.r.l.
Teatro Tor Bella Monaca, Roma, 3 agosto 2025.