L’esilarante gusto del gelato per… l’indecisione! di Sergio Roca

foto di Michele Tusino

Intervista con le giovani vincitrici del concorso Autori nel cassetto, attori sul comò, organizzato dal teatro Lo Spazio di Roma.

La sera del primo agosto, in una afosa e quasi svuotata Roma, ho assistito alla finale dell’undicesima edizione del concorso per corti teatrali: “Autori nel cassetto, attori sul comò”, organizzato dal teatro Lo Spazio di Roma, diretto, da Francesco Verdinelli.

Sui 66 testi selezionati per questo contest solo sei hanno avuto accesso all’ultima serata e, in linea di massima, tutti gli interventi erano all’altezza delle aspettative. Per la cronaca l’elenco dei pezzi rappresentati è stato il seguente: La maggiore età, testo e regia di Andrea Ruggieri, con Giovanni Cordì, Lidia Miceli, Rocco Piciulo; Mangia!, scritto, diretto e interpretato da Anna Piscopo; Streghetta, scritto e diretto da Antonello Toti con Alessia Filiberti; Sopra, noi, scritto, diretto e interpretato da Marco Zicari e Deborah Ponzo; Cioccolato all’arancia, regia di Dafne Rubini, scritto e interpretato da Martina Gatto; È vviva il made in Itali? Scritto diretto e interpretato da Debora Mattiello e Anna Maria Achilli.

Il brano vincitore del primo premio è risultato essere Cioccolato all’arancia, creato dalla giovane autrice-attrice, Martina Gatto, diretta dall’altrettanto giovane Dafne Rubini. Martina ha portato in scena una metafora sulle scelte di vita ponendo, come metro di paragone, l’indecisione che assale un’avventrice nel momento di selezionare con quali gusti farsi preparare un cono gelato. Il corto mostra, sostanzialmente, i sogni, i desideri, nonché i dubbi e le insicurezze di una ragazza che, nello scegliere le creme da assaporare in un gelato da “farsi” le ricollega alle proprie esperienze di vita (come il gusto “Puffo” amato da bimba) o la proietta nel futuro preconfigurandone gli effetti sul lavoro, l’amore, la famiglia. Un’idea semplice che, proprio grazie alla semplicità, risulta estremamente efficace ma, nel contempo, è complicata da riproporre sulla scena. Il risultato ottenuto è stato, a mio giudizio (concorde con quello della giuria della rassegna), ottimo ed è per questo che, come Liminateatri, ho voluto incontrare Martina e Dafne.

Martina, vedendo il tuo monologo ho immediatamente pensato ad un flusso di coscienza, a tratti serio a volte ironico, simile a quello che molti di noi hanno mentre si guardano allo specchio facendosi la barba o truccandosi; qual è stato lo spunto iniziale che ti ha ispirata per scrivere Cioccolato all’arancia?

foto di Michele Tusino

È nato esattamente così Cioccolato all’arancia, come un flusso di coscienza. Era un pomeriggio di maggio. Un periodo di grandi cambiamenti nella mia vita. Avevo passato l’intera giornata a pensare, riflettere. Dovevo studiare e invece la mia testa non si fermava. Era un fiume in piena di “vorrei”. Desideri contrastanti, domande su domande, dalle più banali alle più profonde e le risposte erano l’una il contrario dell’altra. Cambiavano in continuazione e non trovavano una risposta decisa, ferma, socialmente accettabile. Dovevo preparare la cena e invece di andare in cucina, ho aperto il computer, ho messo le mani sulla tastiera ed è nato Cioccolato all’arancia. Se devo essere sincera, non avevo neanche voglia di gelato! Il testo non ha avuto difficoltà a comporsi da “sé”; è stato come un flusso improvviso.

Ogni autore di teatro, nel creare, imbastire il proprio lavoro, parte dal desiderio di coinvolgere, commuovere, far ridere o pensare o anche educare lo spettatore. Quale è stata la tua primaria esigenza comunicativa?

Riconoscersi. Unire. Consolare. Abbracciare, se si potesse. Cioccolato all’arancia è stato un modo per capire se i dubbi che attanagliavano la mente fossero solo miei o condivisi anche da altri. Mi sentivo “diversa” a provare determinate difficoltà. Con la risposta del pubblico ho capito che abbiamo un po’ tutti le stesse paure, gli stessi desideri. Sentirsi “alieni” e riconoscere negli altri le stesse “diversità” ci fa sentire meno soli. Forse, in realtà, siamo tutti molto più simili di quanto pensiamo. Indecisi di tutto il mondo, non siete soli!

 

Cioccolato all’arancia è, ovviamente, un work in progress, uno spunto da cui partire per la realizzazione dello spettacolo che poi andrà in scena al teatro Lo Spazio di Roma nella prossima stagione teatrale. Come hai pensato di far evolvere il tuo personaggio? Il brano presentato sarà il culmine di un percorso narrativo o, viceversa, l’inizio di una storia più complessa?

Eravamo, casualmente, molto indecise: affrontare più personaggi con le stesse difficoltà o sviluppare la protagonista di Cioccolato all’arancia? È ancora tutto work in progress ma una cosa è certa: conosceremo meglio la protagonista di Cioccolato all’arancia che ha tanto divertito il pubblico. Ci sono tanti spunti, tanti temi e situazioni da approfondire e forse capiremo le motivazioni che la portano ad esporsi così col gelataio e con chissà quali altri malcapitati.

foto di Michele Tusino
foto di Michele Tusino

Una domanda ora alla regista Dafne Rubini. Dafne credo che Martina, intelligentemente, abbia preferito chiedere un “aiuto esterno” per far sì che il suo monologo giungesse con maggiore efficacia gli astanti; quale pensi sia stato il valore aggiunto scaturito dalla tua regia?

Credo che a volte, nel teatro come nella vita, sia necessario avere un occhio esterno, qualcuno intenzionato a connettersi con le nostre esigenze comunicative, che conosca i nostri punti di forza e ci aiuti a individuare le cose sulle quali possiamo lavorare. Martina, in quanto autrice, necessitava di qualcuno che le desse coraggio e che l’aiutasse a sistemare i pensieri. In quanto attrice doveva sfruttare al massimo il testo, ricco di cambi e di sfumature. In tutto questo non doveva dimenticare il ritmo e tenere sempre l’attenzione viva su di sé e su quel metro quadro di spazio teatrale utilizzato. Non è affatto semplice pensare a tutte queste cose insieme. Quindi penso che il mio contributo sia stato semplicemente quello che può dare una voce amica fuori dall’occhio del ciclone.

Quesito per entrambe: come è iniziata la vostra collaborazione? Pensate di poter estendere la vostra collaborazione ad altri progetti o considerate l’esperienza di Cioccolata all’arancia un episodio occasionale, irripetibile?

Ci siamo conosciute grazie ad un corso di regia teatrale frequentato ormai molti anni fa. I nostri percorsi lavorativi e di studio si sono poi divisi per qualche tempo, ma quando c’è affetto e stima basta un nulla per ritrovarsi. Ora ci concentriamo sulla creazione di Cioccolato all’arancia e poi chissà cosa ci porterà il teatro. Sarebbe un peccato abbandonare una collaborazione tanto valida e soprattutto di cuore.

Ringraziando le nostre ospiti, nell’augurare loro uno strepitoso successo, restiamo in attesa di vedere, prossimamente sulle scene, la versione definitiva di Cioccolata all’arancia ma, soprattutto, di scoprire quale gusto di gelato sceglierà la protagonista della pièce!