Il teatro va in montagna con la direzione della compagnia teatrale Palinodie Intervista di Letizia Bernazza

Foto di Valentina Nota

Il 17 ottobre 2020, sarà inaugurata la seconda tappa de Il teatro va in montagna, la rassegna di drammaturgia contemporanea indipendente che ha luogo a Morgex, in Valle d’Aosta, con la direzione artistica della compagnia Palinodie. Si riparte con Fake, il lavoro di Manifatture Teatrali Milanesi, che sarà replicato anche il 18 di ottobre.
Abbiamo incontrato la dramaturg Verdiana Vono e la direttrice Stefania Tagliaferri di Palinodie per farci raccontare come è nata la rassegna Prove Generali e quale è stato il percorso che hanno intrapreso dal famigerato lockdown ad oggi. E, allora, se «la palinodia è una figura retorica che si usa quando affermiamo o facciamo il contrario rispetto a ciò che avevamo detto o fatto in precedenza», risulta ancora più interessante scoprire la ricerca costante che la compagnia persegue per ritrovare le azioni culturali necessarie per rendere il luogo in cui abitano e la comunità di appartenenza «un posto più simile» a quello sognato. 

Come e con quali intenti nasce la rassegna Prove Generali?

V.V.  Mi verrebbe da dire che Prove Generali è nata nel posto giusto e al momento giusto. Noi abitiamo in Valle d’Aosta e il teatro che arrivava qui era racchiuso in una stagione dal taglio commerciale, da grande nome. La prosa contemporanea non varcava i confini, non c’erano contenitori pronti ad accoglierla. Abbiamo avuto la fortuna di incontrare un sindaco, quello di Morgex, abbastanza sensibile – e pazzo, bisogna dire – da darci lo spazio in cui cominciare. Dico il posto giusto perché Prove Generali non è stata una goccia in un oceano di programmazioni già consolidate; è stata una goccia sì, ma in un panorama più che altro desertico. Al momento giusto perché Palinodie, la nostra compagnia teatrale, che ha sempre avuto il desiderio oltre che di produrre i propri spettacoli, anche di programmarne, era arrivata, nel 2017, a un livello di maturazione tale da poterlo fare. Crediamo che la partita della cultura, nella nostra Italia di oggi, non possa continuare a giocarsi solo nei grandi centri o nei grandi festival. La cultura è un diritto di ogni cittadina, di ogni cittadino, dovunque abiti. Così abbiamo deciso di essere noi a mettere in moto un cambiamento, per rendere il posto in cui abbiamo deciso di vivere più simile a come vorremmo che fosse. Ci piace pensare che la Rassegna sia anche una palestra: la direzione artistica è in sé creazione. È creare un discorso e parlare, condividere con il pubblico il nostro, che già c’era e quello che è arrivato, con un desiderio di ampia gittata.

Cosa ha voluto dire agire sul territorio e, soprattutto, ritrovarvi a programmare Prove Generali in pieno lockdown?

S.T.  Il lavoro più intenso e delicato è stato capire come rimanere in contatto con il pubblico: in che modo mantenere aperto un discorso senza alzare la voce (c’era così tanto rumore online) o senza dare per scontato che le persone avessero voglia di ascoltare storie, di pensare al teatro, di fruire cultura. Abbiamo scelto di non correre e di prenderci del tempo. Una risposta è arrivata dalla nostra linea di ricerca drammaturgica, nella scrittura e nella creazione di nuovi monologhi, figli di spettacoli precedenti ma collegati con quello che stava accadendo. Un viaggio a puntate che abbiamo chiamato I muri parlano. Nel frattempo c’era la rassegna, appunto, che era pronta e spingeva per sbocciare: invece è rimasta brinata. Stare in questa attesa ha significato mantenere viva la convinzione che sarebbe stato possibile ritrovarsi quest’anno. Ci siamo sentite, insieme a tanti nel mondo del teatro, una vera resistenza culturale. La tentazione di saltare al 2021 c’era, visti i rischi, tanti, e le incertezze, anche di più. Però quando sei innamorato di qualcuno, o di qualcosa come in questo caso, vince il desiderio di essere costante e fare qualche follia. Perdersi di vista per un anno poteva significare perdere letteralmente il lavoro fatto in tutte le edizioni precedenti.

Foto di Marta Lavit

Quale è stata la risposta del pubblico durante le due date estive che, malgrado l’emergenza sanitaria, siete riusciti a realizzare il 30 luglio e il 30 agosto 2020?

V.V. L’estate, a riguardarla adesso, è stata una felice quanto necessaria boccata d’aria, rimaneva però una scommessa: davvero il teatro era mancato? In entrambi i casi siamo state entusiaste di come il pubblico ha saputo rispondere. I numeri si sono persino alzati, rispetto all’anno scorso, ma la cosa più bella erano gli occhi di spettatrici e spettatori attenti e assetati.
A luglio, con la collaborazione dei viticoltori del territorio, ci siamo immerse nei vigneti. È andato in scena Manzoni senza filtro, un’attualissima riproposizione de I promessi sposi di Manuela De Meo delle Sementerie Artistiche. Sentir parlare di peste, di amore che va oltre tutte le contingenze storiche ci ha alzato da terra. E sappiamo bene quanto ce ne fosse bisogno.
Ad agosto, col cuore in gola, abbiamo avuto una giornata di maltempo che ci ha fatti tornare in teatro. Ancora più emozionante rendersi conto che per la quasi totalità di noi significava tornare “a teatro” inteso come l’edificio di spettacolo. Antropolaroid di Tindaro Granata non poteva essere scelta migliore: uno spettacolo che apre come un limone siciliano la vita del protagonista e ti porta con sé. Due esperienze memorabili.

Foto di Marco Vigna

Il 17 e il 18 ottobre tornate con Fake che apre la stagione autunnale. Il lavoro indaga  il  ruolo condizionante dei social. Potete raccontarci qualcosa in più sullo spettacolo? 

S.T. Il Covid, le elezioni, il riscaldamento globale: siamo circondati da fatti che, nella comunicazione, diventano notizie divise. Da un lato siamo soli e solipsistici, chiusi nelle nostre case, dall’altro desideriamo avere l’attenzione del mondo su di noi e comunicare alla collettività la nostra opinione sulle cose. Non sono temi nuovi, ma sono ancora urgenti. Il fatto di conoscere queste dinamiche non ci rende immuni dai loro effetti. Ecco, lo spettacolo di Filippo Renda e Valeria Cavalli, che loro stessi definiscono un esperimento teatrale, senza dare lezioni riesce a far emergere le contraddizioni di questo momento storico e a proiettarci di fronte allo schermo. Fake è un rito freddo, elegante, ironico e a tratti fastidioso, che può contribuire a farci uscire dalla nostra bolla. Un processo a noi stessi.

In che modo proseguirà Prove Generali e che cosa vi augurate per il futuro?

V.V. Prove Generali, se le condizioni sanitarie lo permetteranno, proseguirà fino a febbraio del 2021. L’augurio che ci facciamo, semplicemente, è quello di andare avanti. Ci auguriamo di crescere, che il pubblico continui ad esserci, numeroso o anche non numeroso,  non importa, perché il pubblico è sempre significativo. Ci auguriamo, però, che ci siano le condizioni per poter proseguire e non solo in merito al Covid: affinché il settore teatrale possa guardare al futuro c’è bisogno di una puntuale e radicale revisione dello statuto della cultura nel nostro paese. C’è bisogno di essere coraggiosi e coraggiose per rifondare le basi precarie sulle quali ci reggiamo: riconoscere il lavoro, dargli valore, è sempre un ottimo primo passo per fare progetti. È questo il nostro augurio: ritrovarci – nuovi – a teatro.

Alle mie figlie, lo spettacolo con cui avete vinto il premio Per Chi Crea della Siae, debutterà a febbraio prossimo. Cosa potete anticiparci?

V.V. e S.T. Che sarà uno spettacolo sensuale e scomodo. Un manifesto di rivendicazione politica per le donne che sono state, che sono e che verranno. È una traversata nella notte. La notte fa paura e anche la rabbia fa paura: però in questo spettacolo “ha da passà a ‘nuttata” e affrontare anche ciò che spaventa.
Stiamo scoprendo un lavoro che prende forma mano a mano che passano i giorni. È una dimensione creativa fatta di ricordi personali, stralci di conversazioni, echi di canzoni che le mamme e i papà ci cantavano la sera. È soprattutto qualcosa che vogliamo che rimanga.
Forse non siamo state molto esaustive nel dare anticipazioni, ma, come forse direbbe Bocca di Rosa, anche il non detto fa parte della seduzione.

Vi rimandiamo ai seguenti link per ulteriori approfondimenti:

Manzoni senza filtro:
https://www.youtube.com/watch?v=DTBM-jdZJrU&t=4s

Antropolaroid:
https://www.youtube.com/watch?v=V5AspvLybBw&feature=emb_logo