LIBERTEATRI > Editoria & Spettacolo, la coerenza di una linea editoriale Intervista di Filippa Ilardo a Maximilian La Monica

Bisogna essere muniti di coraggio e passione, di uno sguardo che sa arrivare veramente lontano. Perché affidare alla pagina scritta un testo scritto e pensato per la scena e rendergli valore e dignità letteraria non è cosa da poco. È ciò che contraddistingue Editoria & Spettacolo, oggi un vero e proprio punto di riferimento per l’editoria teatrale, con un catalogo ricchissimo e ricco di carattere, di 130 volumi tra saggistica e testi teatrali, con una decisa attenzione alla nuova drammaturgia, non solo nazionale, ma anche europea, con grandi nomi del teatro, ma anche con attenzione alle voci nuove.
Anche il premio della critica, ricevuto nel 2016 ne ha apprezzato la coerenza progettuale, l’”eroismo culturale” nel privilegiare la carta stampata in un’era eccessivamente digitalizzata, attraverso numerose collane che ospitano contributi di critici, studiosi, autori, con una cura di grande valore scientifico oltreché visivo e grafico.
Così decidiamo di porgere qualche domande a Maximilian La Monica, fondatore della Casa Editrice, nel lontano 2001, a partire dalla motivazione che lo ha spinto a fare tale passo.
«Editoria & Spettacolo», dichiara La Monica, «nasce per continuare a dare vita ad un progetto cui lavoravo e che era rimasto senza Editore. Si trattava di un’agenda teatrale, uno strumento interessante, da intendersi come guida che offriva una raccolta ragionata di informazioni tecniche, logistiche e culturali sul mondo delle arti sceniche. Teatro e Dintorni era una sorta di mappa che elencava tutte le strutture teatrali, spazi scenici, produzioni (prosa, danza, musica), circuiti, rassegne e festival, servizi per lo spettacolo, di  cui sono usciti solo tre volumi.
La casa editrice che nasceva a Roma, si trasferisce poi a Spoleto. Nei primi anni mi sono formato cercando di conoscere bene la filiera editoriale, lavorando per mesi in tipografia per capire come sono fatti i libri, curando la gestazione di un prodotto. Un percorso condiviso sempre con Alessia Fronza che è parte attiva della cooperativa, sia per quanto riguarda tutto l’aspetto commerciale che per le illustrazioni di alcune copertine. La gestazione è stata lunga e lo è ancora oggi…».

Cosa ti spinge a fare questo lavoro, quale senso ha farlo in questa fase?

La necessità di lasciare una testimonianza più che un libro. Quello che noi facciamo non è un libro da “lettura”, ma cerchiamo di lasciare un segno di questo mondo che nel tempo possa rimanere. Il nostro obiettivo è che il catalogo rimanga vivo nel tempo.
Tutti i testi pubblicati, tranne poche eccezioni, sono ancora tutti disponibili in commercio.
La soddisfazione più grande è vedere che un libro, nato 12 anni fa, continua a ricevere attenzione.
Questo tipo di pubblicazioni hanno bisogno di tempo, vengono apprezzate nel tempo, per farsi conoscere, per imporsi all’attenzione.
Non è la stessa cosa di un romanzo che esce e dopo sei mesi non ha più l’attenzione, è già dimenticato.
Del resto, le dinamiche che riguardano i testi teatrali sono relative anche al sistema teatrale, alla circuitazione degli spettacoli.

Quali le tappe più significative e quali scelte editoriali sono state importanti in questo percorso?

All’inizio attraverso la guida ci siamo fatti conoscere, abbiamo attirato l’attenzione del pubblico. Poi, la vocazione della nostra Casa Editrice si è divisa in un duplice filone: la pubblicazione di testi teatrali e la saggistica che incontra, anche, il favore del lettore universitario.

Che pubblico incontra i vostri testi?

Purtroppo, la drammaturgia ha estrema difficoltà a trovare un pubblico.
I numeri sono sempre relativi e le nostre scelte non possono sottostare alle leggi del mercato. Il nostro piano editoriale viaggia con circa 12 testi l’anno, uno al mese in media, è sempre molto calibrato, costruito nel tempo, con tanta cura in ogni particolare. Non ci interessa un catalogo numeroso, ma la coerenza della linea.

Fra i progetti cui puntate di più?

Importante è per noi, tra le altre, è la collaborazione con Paolo Ruffini e la sua collana “Spaesamenti”.
Un progetto dedicato alla scena contemporanea italiana ed internazionale e a una selezione di coreografi cui sono dedicati dei veri e propri ritratti.
Per ora, nella collana “Ripercorsi”, stiamo ripubblicando testi di autori non più viventi che non si trovano più o non sono mai stati pubblicati. Tra questo importante è l’edizione di Maurice Maeterlinck, con testi introvabili come L’uccellino azzurro e Il fidanzamento che non era mai stato tradotto in italiano.

Importante poi il teatro di Fulvio Tomizza di cui mancava la raccolta complessiva anche con inediti.
Sono queste scelte editoriali che ci rappresentano maggiormente.

Su quali autori scommetteresti per il futuro? 

Indubbiamente sulla drammaturgia europea, è quella che offre più stimoli al momento. Mi sembra ci sia molto più fermento che in Italia.

Come leggi il panorama della drammaturgia italiana nella fase che stiamo vivendo? 

Il panorama è abbastanza statico. Quella che viviamo è una situazione triste e anche scandalosa perché non abbiamo molti autori italiani che vengono esportati.
Un autore dovrebbe essere riconosciuto anche a livello internazionale, questo non avviene, la colpa è del nostro sistema teatrale che non investe sulla nuova drammaturgia, non promuovendo i nostri autori all’estero che per lo più rimangono sconosciuti o conosciuti soltanto in territorio nazionale.