Torna Tramedautore per i suoi primi vent’anni Intervista di Letizia Bernazza

Da domani, e fino al 20 settembre, la città di Milano ospiterà il prestigioso festival internazionale delle drammaturgie Tramedautore. Per l’occasione, abbiamo ascoltato le voci di Angela Lucrezia Calicchio, Andrea Capaldi e Michele Panella che, insieme a Gian Maria Cervo, hanno curato il progetto realizzato da Outis – Centro Nazionale di Drammaturgia Contemporanea in collaborazione con il Piccolo Teatro di Milano e con mare culturale urbano.

Tramedautore torna anche quest’anno, malgrado le difficoltà che il teatro e l’intera società hanno dovuto affrontare a seguito dell’emergenza sanitaria. La vostra vocazione, dichiarate, è quella di essere “inclusivi” e di far sì che il teatro continui ad essere un «luogo di metabolizzazione del contemporaneo e strumento di conoscenza di una comunità». Quale è oggi, a vostro avviso, il rapporto possibile tra teatro e comunità?

Angela Lucrezia Calicchio: L’emergenza sanitaria ha mortificato gli artisti e l’intero comparto che si occupa di spettacolo dal vivo. Il nostro è un lavoro che si basa sull’incontro, sulla relazione. Il teatro si può definire tale solo quando un artista incontra l’altro. È l’arte della socializzazione, la prima cellula comunitaria. Una comunità, come altre istituzioni sociali, non è semplicemente un insieme di singole persone, ma un insieme dei suoi componenti. Negli ultimi 25-30 anni, il disincanto si è affermato con tutta la sua forza, modificando radicalmente il concetto di comunità, che ha subìto uno sgretolamento delle relazioni favorendo spinte individualistiche, indebolendo perciò la dimensione collettiva. Il teatro è uno strumento straordinario per ricomporre il principio di comunità attraverso il racconto.
Andrea Capaldi: Noi tutti membri del comitato artistico di Tramedautore crediamo nella funzione più puramente politica del teatro, che è quella di far metabolizzare il presente alle persone per renderle cittadini più consapevoli e meno frustrati nella loro impotenza. Il rito del teatro in questo è importantissimo, perché ritrovarsi seduti in platea davanti a qualcuno che ti racconta che cos’è questo presente, e che cosa sarà il futuro, quali sono le tragedie da sublimare, emozionarmi quando si emoziona la persona che ho al fianco, ridere per lo stesso motivo per cui ride la persona che ho al fianco, vuol dire partecipare al rito collettivo che mi fa sentire meno solo e quindi meno impotente. Significa che qualcosa, insieme, si può cambiare.
Michele Panella: Oltretutto, il teatro rispetto a una comunità ha anche una funzione educativa, che fa perno sull’ascolto, sull’immedesimazione, sull’empatia e questo crea da un lato nuovi equilibri e, dall’altro, un confronto che è più orizzontale e democratico.

Direzione artistica di “Tramedautore”. Foto di Alessia Tagliabue

Nel delineare le linee programmatiche del Festival, cosa ha voluto dire per voi “rinunciare”, per necessità beninteso, al coinvolgimento di artisti europei ed extraeuropei, fatta eccezione per la “piccola” sezione internazionale “testimonianze”?

Angela Lucrezia Calicchio: Quanto più il confronto si estende ad altri paesi e alle differenziazioni geografiche, culturali, sociali, tanto più si allarga lo sguardo sulle società, e ciò non favorisce solo gli artisti italiani, ma contribuisce a costruire un’identità sovranazionale, europea, extra europea, come fatto positivo per i nostri stessi concittadini. Non ci si deve chiudere nella propria cultura. Da questo punto di vista il Covid-19 ha limitato la possibilità di ospitare artisti stranieri togliendoci la possibilità di andare oltre noi stessi.
Michele Panella: bisogna dire che con Outis – Centro Nazionale di Drammaturgia, non solo tramite il festival Tramedautore, abbiamo importato in Italia centinaia di autori, di testi. La sentiamo la mancanza di questo confronto anche con altre drammaturgie. È vero che il senso che noi vogliamo ritrovare è quello della comunità universale.

Tramedautore verte quest’anno principalmente su autori italiani. Potete raccontarci i fili delle “trame” che avete intessuto e che hanno guidato le vostre scelta dall’omaggio a Antonio Tarantino alla prima assoluta del lavoro di Roberto Saviano Le mani sul mondo (in cuffia) senza dimenticare gli altri artisti e le altre artiste che avete inserito nel programma?

Angela Lucrezia Calicchio: Abbiamo ricevuto oltre 230 proposte e molte di queste non erano coerenti con quella che io chiamo, volutamente, “indicazione di lavoro” (e non tema) dei “Cittadini senza Stato”. Per coerenza non intendo una proposta artistica filologicamente coerente, ma un’offerta drammaturgica che agiti certe questioni, sollevi inquietudini, rispetto al fatto che lo statuto di cittadinanza esclude molte categorie di persone dai diritti. Mi riferisco ai tanti cittadini che non hanno ancora la possibilità di essere considerati italiani a tutti gli effetti o i profughi in fuga dalle guerre, ai tanti giovani italiani che non hanno prospettive nel nostro paese, alle persone che vivono nelle periferie delle nostre città in una condizione di isolamento, abbandono, trascuratezza. Eravamo partiti anche da una suggestione, dal popolo curdo, che è un popolo disperso, non ha una patria, non ha una nazione.
Michele Panella: “Cittadini senza Stato” sono anche le donne che stanno ancora lottando con mariti e compagni violenti. Siamo in un paese dove ancora non c’è una legge, non si riesce a venirne a capo, dove una sentenza non crea un precedente.
Angela Lucrezia Calicchio: Le donne vengono discriminate, hanno meno possibilità di fare carriera e i loro guadagni sono inferiori a quelli degli uomini. Alle donne si delega tutto quello che è l’aspetto della gestione familiare: i figli, i genitori anziani. Rappresentano quindi anche quella parte di Welfare che lo Stato non copre. E poi c’è anche il discorso attorno agli orientamenti sessuali diversi. Ospitiamo la cerimonia di assegnazione del Premio Carlo Annoni rivolto alle diversità nella sfera dell’amore, e in senso ampio ci sta a cuore il fatto che possano essere riconosciuti i diritti degli omosessuali. Noi ci ribelliamo a chi sostiene che esiste un solo tipo di famiglia. Si attacca anche la libertà individuale quando si fanno questi discorsi, ed è chiaro che lo Stato deve fare delle leggi che consentano alle persone di poter vivere con serenità scelte di vita diverse.

“La CalciAttrice” di e con Lucia Mallardi.

Michele Panella: C’è anche da dire che le eredità generazionali non danno spazio a questo tema che abbiamo scelto. Ci ritroviamo ad avere compagini di giovani senza lavoro, le scuole stanno attraversando un momento di grande difficoltà, e ciò non è solo dovuto all’emergenza sanitaria. Non c’è stato un passaggio da una generazione all’altra che abbia protetto, in qualche modo, la generazione successiva. È almeno da due generazioni, forse, che questo non è più successo. Anche questo rientra nel nostro programma. Tutto il settore culturale, in qualche modo, si sente un grandissimo cittadino senza Stato durante questa emergenza.
Angela Lucrezia Calicchio: in Italia più che in altri paesi gli artisti vivono una condizione di assoluta precarietà. Il Governo – anche in maniera importante, gli va riconosciuto – ha deciso di sostenere tutta una serie di categorie perché la pandemia ha messo in difficoltà molti lavoratori. Gli artisti, però, non hanno avuto la possibilità di ricorrere agli aiuti economici dello Stato: se non hai la partita iva non ne hai la possibilità, se non sei dipendente non puoi fare ricorso alla cassa integrazione. Eppure, per anni abbiamo parlato di reddito di cittadinanza, abbiamo in maniera indiscriminata distribuito dei soldi a persone in difficoltà – e io non lo contesto questo – ma è mai possibile che per gli artisti non sia stato deciso di dare un sostegno, un reddito, indipendentemente da tutto, per sopravvivere?

“Naugragium – uno studio” di Sonia Antinori.

Il Festival durante la prossima edizione “attraverserà” tutti gli spazi del Piccolo Teatro di Milano. Che tipo di relazione c’è tra i luoghi che vi accolgono e le opere messe in scena?

Michele Panella: Sì, in occasione dei vent’anni, Tramedautore attraversa tutti gli spazi del Piccolo Teatro di Milano: il Teatro Grassi, il Chiostro Nina Vinchi, il Teatro Studio Melato e il Teatro Strehler. Non ci siamo lasciati abbattere dalle notizie negative, abbiamo dovuto cambiare programma, spettacoli, ci siamo messi in testa che volevamo riaprire prima delle scuole, e alla fine ce l’abbiamo fatta.
Andrea Capaldi: Aver avuto l’opportunità di usare tutti e quattro gli spazi ci ha permesso di esaltare le specificità registiche degli spettacoli utilizzando la bellissima eterogeneità delle sale del Piccolo Teatro.
Angela Lucrezia Calicchio: Normalmente Tramedautore si svolgeva al Teatro Grassi, dove c’è il Chiostro, che è uno spazio di convivialità, e al Teatro Studio. Quest’anno per la prima volta abbiamo anche il Teatro Strehler. Alcuni spettacoli pretendevano degli spazi più adeguati al racconto. Useremo il Teatro Studio Melato per due spettacoli: Freetime, che è stato concepito per una dimensione non frontale, e MAD – Museo antropologico del danzatore – Orbita danzata su vasti spazi per un’ostinata sinfonia di strada di Balletto Civile, inizialmente pensato per essere fatto all’aperto, in un luogo pubblico. Quest’ultimo è infatti uno spettacolo molto particolare, per piccoli gruppi di spettatori.

“Freetime” di Gian Maria Cervo e i Fratelli Presnyakov. Diretto da Pierpaolo Sepe.

Domenica 20 settembre, si terrà la Maratona podcast. Potete spiegarci in che cosa consiste e il perché dell’iniziativa?

Andrea Capaldi: Quando nelle prime riunioni del comitato artistico ci chiedevamo che cosa potesse portarci in più questo 2020 rispetto al concetto di drammaturgie declinato al plurale, abbiamo avuto questa felice intuizione di raccontare una forma di narrazione, quella del podcast, che sempre di più si sta imponendo all’attenzione pubblica. La stiamo frequentando tutti ed è esplosa sicuramente molto anche durante il lockdown. Perché il podcast a Tramedautore? Perché il potere evocativo che ha la parola del podcast è uno stretto parente del potere evocativo che ha la parola in teatro. Questa idea è piaciuta molto e così abbiamo contattato i due maggiori attori di questo genere, storielibere.fm, piattaforma editoriale di podcast audio, e Audible, società di Amazon.com Inc., leader nel segmento dell’intrattenimento e dell’informazione audio digitale parlata. Abbiamo iniziato a immaginare insieme questa grande maratona del podcast: i suoi protagonisti, le sue dinamiche e le potenzialità. Tra il Teatro Grassi e il Chiostro Nina Vinchi, in un’intera giornata, si alterneranno giornalisti, autori, conduttori televisivi e radiofonici, divulgatori, filosofi, attori e registi, tra cui Pablo Trincia, Matteo Caccia, Andrea Colamedici e Maura Gancitano, Paola Maugeri, Massimo Polidoro, Gabriella Greison, Roberta Lippi, Melissa Panarello, Massimo Temporelli, Valerio Millefoglie, Michele Cassetta, Matteo B. Bianchi, Viola Graziosi, Graziano Piazza, Pietro Bartolo, Alberto Nerazzini. E siamo onorati di chiudere questa grande cavalcata con la prima nazionale dello spettacolo di Roberto Saviano Le mani sul mondo per la regia di Sabrina Tinelli.