Lo sfondo e il primo piano: le riscritture viventi di Pino Carbone di Katia Ippaso

Sotto la voce “riscrittura”, si celano spesso intenzioni poco nobili: chiamiamole scorciatoie. Quante volte ci siamo trovati a pensare: ma perché quest’autore non fa lo sforzo di creare un suo testo originale? Ce lo immaginiamo un Luigi Pirandello e un Eduardo De Filippo che vanno avanti a forza di rifacimenti? E se De Sica, Zavattini, Monicelli, Rossellini, Risi, Cerami, si fossero tuffati nel genere “adattamento da romanzo”, la loro capacità purissima di invenzione sarebbe stata piegata verso narrazioni di certo meno folgoranti di quelle a cui ci hanno abituati. Questo discorso, si dirà, non vale per il teatro di ricerca. Quante riscritture ha firmato, solo per fare il più luminoso degli esempi, Carmelo Bene? E quante Leo de Berardinis? Nel loro caso, però, agiva una visione di teatro totale volto a far girare in maniera vorticosa tutti gli strumenti che il linguaggio scenico mette a disposizione: parola, suono, musica, corpo, tessuto, abito, faccia. Allo scopo di far parte di questa scuola ri-generativa, i classici stessi si mettevano in fila da soli: lo facevano per prendere aria, l’aria dei tempi, il vento del presente. Negli ultimi anni però sono rarissimi gli esempi di riscritture capaci di piantare un albero, una croce, un rifugio per animali, insomma qualcosa di autentico, al posto degli accordi originali. Di conseguenza, quando in locandina si legge la parolina “riscrittura”, si sviluppano degli immediati anticorpi e si va rassegnati verso il supplizio. Naturalmente, ci sono delle eccezioni. Un esempio di infrazione alla norma è sicuramente il trittico di Pino Carbone formato da l’Assedio, PenelopeUlisse e BarbabluGiuditta: prodotto da Teatri Uniti in collaborazione con l’ex Asilo Filangieri, quest’opera composita ha debuttato la scorsa estate alla Biennale Teatro di Venezia (diretta da Antonio Latella), passando poi al Teatro Nuovo di Napoli, per essere infine proposto come evento di riapertura del Teatro Ghirelli-Casa del Contemporaneo, a Salerno.                                         

LAssedio è, pienamente, una riscrittura. Il testo a cui fa riferimento è, infatti, Cyrano de Bergerac di Rostand. Ma lo spettacolo firmato dal regista napoletano non si pone, rispetto all’opera di partenza, con le intenzioni di chi deve spolpare l’opera fino all’osso per tirare fuori un tema. Il procedimento, sembrerebbe, anzi, opposto. Ascoltando attentamente le parole di Rostand, Carbone si è sintonizzato con l’elemento che solitamente passa come “sfondo”, ossia l’assedio di Arras, facendolo avanzare in primo piano. A quel punto, si deve esser chiesto l’autore-regista, quale assedio della nostra storia contemporanea può essere in grado di far risuonare con vibrazioni più accelerate e sincere la situazione storica descritta da Rostand nella sua pièce? Ed ecco avanzare, in una forma precisa, plastica, di sonorità potente e niente affatto citazionista, le situazioni spaventose che l’assedio di Sarajevo può aver provocato nella vita degli esseri umani intrappolati in quei 1425 giorni d’inferno. Non un generico “mi ricordo”, o ancora peggio “vi faccio ricordare, vi insegno”, ma un far accadere, ora, qui, sulla soglia del vero e del falso, qualcosa di bestiale e romantico al tempo stesso. La vicenda di Cyrano che presta la immaginazione poetica a Cristiano al fine di conquistare Rossana, di cui però il poeta è segretamente innamorato, si staglia sulla roccia saldissima di una situazione d’emergenza. Siamo in un rifugio, un mondo sotterraneo, una stanza in cui alcuni uomini e donne fanno quello che possono per curare le ferite: ferite di guerra e ferite d’amore. Bende, cerotti, attrezzi infermieristici, bidoncini con l’acqua razionata, diventano oggetti di una scena in cui nulla è ornamentale. Perché quello che gli attori (Anna Carla Broegg, Francesca De Nicolais, Renato De Simone, Rita Russo e un bravissimo Alfonso Postiglione nei panni di Cyrano) e i musicisti Alessandro Innaro e Marco Messina (99 Posse) fanno insieme, è in se stesso sorgivo, emergenziale. Non c’è tempo per la rappresentazione. Il tempo è quello dettato dall’istinto di sopravvivenza, dalla necessità di far passare la notte per poter il giorno dopo scrivere sui muri: Anche oggi non siamo morti.
Più scarno e frontale, il dittico formato da PenelopeUlisse e BarbabluGiuditta: interessante il processo della scrittura, dove Carbone ha dato le parole ai personaggi femminili, mentre le attrici hanno creato le partiture maschili. Cucendo insieme due atti unici su cui aveva lavorato in due diversi momenti del tempo (del 2017 il primo, del 2010 il secondo), il regista mette se stesso ai bordi di una scena musicale in cui il farsi e il disfarsi delle parole e dei gesti viene tenuto sotto stretta osservazione del metteur en scène.

 

 

 

 

 

 

Non c’è il rischio dell’eccesso meta-teatrale perché gli attori (Anna Carla Broegg, Renato De Simone, Rita Russo e Luca Mancini) sono straordinariamente abili, mobili e netti nel loro modo di infilarsi tra le parole, di muoverle con il corpo, la voce, l’abito di scena. Ma c’è una differenza tra i due movimenti, che pure riescono a comporsi insieme come fossero un organismo vivente. Mentre nel caso di PenelopeUlisse c’è come un rimpicciolimento, un accasamento della dimensione mitica che va a essiccarsi in una diatriba tra coniugi, con la fiaba di Barbablu la scena mentale si amplia e si precisa. Il fatto è che, anche volendo, non possiamo dimenticare Omero, che peraltro viene ampiamente citato nel testo e usato come un libro di contesa familiare. Barbablu, invece, si prende drammaticamente, e spaventosamente la scena. Trattare il materiale epico non equivale alla scrittura di una variante fiabesca. Sarà pure un’opera quasi giovanile di Carbone, ma per come viene realizzato il matrimonio funebre tra Barbablu e Giuditta, per la bellezza dolorosa dei gesti sacrificali della giovane donna e per il composto tormento dell’uomo che la ucciderà, così come ha ucciso le altre (solo perché ha guardato dentro la stanza che non si doveva aprire), ecco, per queste e altre ragioni tutte riferite al serissimo gioco del teatro, BarbabluGiuditta dovrebbe essere mostrato nelle scuole, nei consultori, in tutti i luoghi di confine, come esempio di ciò che accade dentro le stanze in cui le donne vengono chiuse a chiave e ammazzate, come “scena primaria” che racchiude il dolore, l’impotenza, la violenza, la complicità, l’equivoco amoroso, la passione e l’istinto brutale che stanno dietro ad ogni caso di femminicidio.


Assedio

riscrittura di Pino Carbone da Cyrano de Bergerac di Edmond Rostand
regia Pino Carbone
con Anna Carla Broegg, Francesca De Nicolais, Renato De Simone,
Alfonso Postiglione, Rita Russo
musiche e suoni originali eseguiti dal vivo Alessandro Innaro e Marco Messina
scenografia Luca Serafino
costumi Annamaria Morelli
disegno luci Lucio Sabatino
suono Francesco Troise
aiuto regia Giovanni Del Monte
assistente alla regia Maria Pia Valentini.

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ProgettoDue

PenelopeUlisse (2017 | 2019)

di Pino Carbone e Anna Carla Broegg
con Anna Carla Broegg e Renato De Simone
scenografia e regia Pino Carbone
musiche originali Camera.

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BarbabluGiuditta (2010 | 2019)

di Pino Carbone e Francesca De Nicolais
con Luca Mancini e Rita Russo
scenografia e regia Pino Carbone
musiche originali Camera
aiuto regia Giovanni Del Monte
assistente alla regia Maria Pia Valentini. 

Teatro Ghirelli-Casa del Contemporaneo, Salerno, 18-19 ottobre 2019.