Il Re Leone di Alice Bertini

All’alba di un nuovo giorno, ogni animale delle Terre del branco si raduna intorno alla rupe del re. C’è da celebrare la nascita di Simba, il piccolo leone, futuro predestinato re della Savana. È questo il rito che si ripete da sempre, di generazione in generazione, è il “cerchio della vita”. Inizia così Il Re Leone, il cartone animato che, realizzato nel 1994, dalla sua uscita nelle sale cinematografiche ad oggi ha emozionato adulti e bambini grazie al sapiente uso di disegni di altissima qualità, metafore e seducenti brani musicali. Personaggi accattivanti, miscelati ad avvenimenti avvincenti, come quello della morte di Mufasa, padre di Simba, hanno reso indimenticabile il cartoon, non a caso ritenuto tra i più belli mai prodotti dalla Disney.
Trascorsi venticinque anni dall’uscita dell’opera originale, il regista Jon Favreau, sostenuto e prodotto sempre dalla Walt Disney Pictures, ha deciso di realizzarne un “rifacimento” moderno e foto-realistico dell’opera, basandosi sulla pura animazione computerizzata.
Se la trama è identica, non lo sono le immagini che cambiano profondamente perché create in maniera similare alla tecnica live action. Esse sembrano riprodurre la verosimiglianza di un film d’azione come fosse girato dal vivo. Tolta la scena iniziale, un sorgere del sole girato dal vivo di un’emozionante bellezza, tutte le scene del film sono infatti computerizzate e prodotte elettronicamente. Interessante rilevare che, almeno nella versione distribuita in Italia, tutti i doppiatori sono differenti da quello che fornirono le voci al cartone animato del 1994.
Si tratta di un remake di grande fascino, degno dell’originale, per quanto non si possa negare che alcune cose non convincono particolarmente: l’eccesso di tecnologia – con un ipertrofico impiego della computergrafica – gioca, ad esempio inevitabilmente, a scapito delle emozioni che sono, invece una delle chiavi del successo della versione originale che avevano reso Il Re Leone un capolavoro dell’animazioni degli anni Novanta. Gli animali-personaggi, perfettamente realizzati al computer con la tecnica del live action, sembrano reali e, mostrando la loro quotidiana lotta per la sopravvivenza, somigliano molto di più a quelli presenti in un documentario sui parchi naturalistici presenti in molti paesi africani che ai personaggi di un racconto. Le loro battaglie per il controllo del territorio e per il comando del regno delle Terre del branco si avvicina, idealmente, ad un docufilm di zoologia, mentre l’eccessivo realismo e la nitidezza delle immagini tendono ad eliminare, quasi completamente, le espressioni emotive, interiori ed esteriori, dei diversi animali protagonisti. Un leone non è un essere umano e, per sua natura, non dovrebbe replicare espressioni tipiche del genere umano come saper alzare un sopracciglio, piangere disperatamente o ridere a crepapelle, tuttavia in una narrazione favolistica come quella che dovrebbe essere espressa in un cartone animato, ci si attende una trasfigurazione del reale in grado di far sognare e di rendere “credibile” l’impossibile, rimodellando la realtà in modo tale da proiettarci in una dimensione non “completamente” scientifica per dare libero sfogo ai sogni e alla fantasia. Forse, ma magari solo per ragioni culturali (o sentimentali), ritengo sia preferibile la “datata” produzione Disney di tipo artigianale; quella meno ipertecnologica ma più vicina alla follia, piuttosto che quella interessata alla fedele riproduzione della realtà. Un disegno capace di far dimenticare, almeno per un’ora e mezza, tutto il “vero” del quotidiano che ci conduca e in un mondo misterioso, colorato, onirico.
Da apprezzare il tentativo di rispettare il cartone del 1994 e la sua sacralità, ma anche qui sorgono dei dubbi: perché mantenere completamente intatta la trama, le azioni dei personaggi, la vicenda nel suo complesso e, poi, modificare uno dei pezzi musicali più belli e accattivanti dell’originale? Sarò Re, il brano cantato da Scar, lo zio cattivo di Simba (interpretato da Tullio Solenghi) era stato in grado, sia pure per pochi minuti, di consegnare ad uno dei personaggi più inquietanti e cattivi della storia un momento di “allegria”, costruendo una fase di vicinanza empatica tra lui e il pubblico. Nell’attuale versione, il brano sebbene sia strumentalmente perfetto, viene trasformato in un non meglio definito e anonimo mix “cantato” privo di emozioni e di significativi picchi musicali. La mescolanza tra “rispetto della trama” e nuove (piccole) proposte di sola estetica vedono una insignificante reinterpretazione del film: uno oscillare tra il tutto uguale e il tutto differente tra l’aderenza al passato o la completa rivisitazione è veramente utile o si tratta soltanto e sempre di compromessi commerciali?
Come tradizione, ottimo il lavoro dei nostri doppiatori italiani. Il più complicato sicuramente quello di Edoardo Leo e Stefano Fresi ai quali sono affidati Timon e Pumbaa, i personaggi più amati dal pubblico (e quindi quelli più difficili da immaginare con voci differenti da quelle cui siamo abituati). I nostri attori, invece, nel proporre una versione completamente nuova non fanno rimpiangere i loro predecessori, offrendo una versione fresca e molto divertente. Emiliano Coltorti è Zazu, il pellicano amico di Simba, che assieme a Massimo Popolizio, doppiatore di Scar, e a Luca Ward, il re Mufasa, sono praticamente perfetti nei rispettivi ruoli loro assegnati.
Simba e Nala, i futuri re e regina della savana, hanno invece ricevuto in dono le voci di Marco Mengoni e di Elisa. Inevitabilmente, a questo punto, ci si domanda come mai, a fronte di una “batteria” di attori di altissimo livello, come quelli appena citati, la Disney Italia abbia affidato il doppiaggio dei protagonisti a due cantanti? Risulta davvero strano ascoltare, infatti, le insicure voci dei due protagonisti mescolate a quelle attoriali, piene di sonorità, che sono state consegnate alle figure dei personaggi secondari. Pur riconoscendo a Mengoni e ad Elisa un deciso impegno e tanta buona volontà, il loro modo di porgere le battute risulta spesso “scordato” e “disarmonico” rispetto agli altri doppiatori. Sia chiaro, stiamo parlando di due cantanti eccellenti, con doti vocali strabilianti, ma la loro scelta in questo film di animazione assume significato, unicamente, quando cantano Can You Feel the Love Tonight al termine della quale tornano ad essere due famelici leoni che parlano come dei “robot adolescenti”. Non sarebbe stato meglio, allora, sacrificare i virtuosismi canori a vantaggio di sfumature recitative più interessanti?
Nonostante i piccoli dubbi condivisi, il film è un remake degno dell’originale, di cui consigliamo la visione anche agli adulti, per trascorrere due ore in santa pace, rammentando i momenti più belli dell’infanzia.
Al 15 settembre il film ha incassato 534,1 milioni di dollari in nord America e 1,084 miliardi di dollari nel resto del mondo per un valore complessivo di 1,618 miliardi di dollari, diventando il settimo film con maggiori incassi di tutta storia del cinema.