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Le immagini di Mariangela: serata tributo all'Argentina e su RAI Storia un documentario ricco di materiali e ricordi

 

di Laura Novelli

 

 

L'ultima volta che ebbi la fortuna di vederla in scena recitava ne Il dolore di Marguerite Duras. Era il maggio del 2010 e lo spettacolo andava in scena al Teatro Valle in seno ad una composita monografia arricchita dalla proiezione di suoi quattro precedenti capolavori: Orlando furioso e Orestea (regia di Luca Ronconi), Vestire gli ignudi e Medea (regia di Giancarlo Sepe). Lei, Mariangela Melato, aveva i capelli corti, indossava un largo cardigan scuro e abitava lo spazio scenico con la sapiente disinvoltura di sempre. Intensa, straordinariamente magnetica, anche in quel monologo aveva saputo restituire tutti i sussulti del testo e, tanto più, il senso profondo di quell'attesa umana e femminile che ne innerva la trama, la lingua, l'atmosfera. Era già malata da tempo ma combatteva così la sua battaglia: recitando. Dopo la replica andai in camerino a salutarla. Ne ho ancora un ricordo nitido e luminoso. Mi accolse con un sorriso cordialissimo e scambiammo due chiacchiere sullo spettacolo. Fu un incontro breve ma ebbi l'impressione di conoscerla da sempre.
Alcuni anni prima mi aveva fatto recapitare un biglietto con i ringraziamenti per la mia recensione di Amor nello specchio , lavoro allestito da Ronconi a Ferrara in uno spazio scenico assolutamente insolito e rarefatto: lungo Corso Ercole I lastricato di specchi le vicende intricate della commedia più equivoca, mossa, stravagante, provocatoria di Giovan Battista Andreini sembravano moltiplicarsi in un gioco di rifrazioni dall'atmosfera lunare . Un fiume di trasparenze accoglieva quella immaginifica macchina barocca che era un incanto, e dentro la quale la Melato stessa, abito bianco lungo e capelli raccolti in trecce e nastri, si muoveva tra leggerezza fisica e profondità vocale. Indimenticabile. Anche allora perfetta. Anche allora maniacale nella ricerca di una verità espressiva che desse spessore, poesia, corpo al suo personaggio ( https://www.youtube.com/watch?v=ELud0fgIpfY).


Entrambi questi ricordi personali mi sono tornati in mente mentre assistevo al documentario Mariangela! che l'8 aprile è stato proiettato al teatro Argentina di Roma nell'ambito di una serata omaggio alla grande artista milanese nel quinto anniversario della sua scomparsa. La sala capitolina era gremita di persone: ospiti illustri, amici, colleghi e tanta, tanta gente comune. Segno di quell'empatia che la Melato sapeva trasmettere al pubblico. La fierezza di attrice (il talento ‘mostruoso' coltivato a furia di studio e rigore) sposava infatti in lei una semplicità di modi e di sentimenti che trovavano radici nella sua educazione, nelle sua origini, nella sua famiglia, ma anche in un senso quasi ‘etico' di rispetto per il prossimo. Ed è proprio questa carica umana a trasparire con forte evidenza nel filmato realizzato da Rai Cultura e 3D Produzioni per ricordarla: operazione firmata da Fabrizio Corallo, fortemente voluta da Renzo Arbore e da Anna Melato, che Rai Storia sta mandando in onda in versione integrale in questo mese di aprile e la cui terza (nonché ultima) puntata è prevista venerdì 27 alle 22.10.
Il format è semplice ma incisivo. Lella Costa intervista in studio (la sala Melato del Piccolo di Milano) artisti, intellettuali, registi, persone vicine all'attrice. La voce delle testimonianze si alterna con intarsi video, documenti attinti alle Teche Rai, spezzoni cinematografici, riprese teatrali. I centodieci minuti presentati all'Argentina costituiscono dunque una sorta di collage in formato ridotto dei ricchi materiali assemblati nelle tre puntate del programma Rai. Materiali selezionati secondo una lineare scansione biografico-cronologica e densi di storia, arte, bellezza. La Melato vi appare sempre nuova, sempre diversa. Ora mora, ora bionda, ora magrissima, ora ballerina straordinaria, ora snodata all'inverisimile. Dal cinema al teatro, dal teatro alla televisione. Senza cesure. Cadute. Incertezze. D'altronde era un'attrice che aveva saputo affrontare scommesse artistiche gigantesche, sin dai tempi dell'incontro con Luchino Visconti, che la diresse ne La monaca di Monza di Testori nel '67, o di quello ‘cruciale' con Ronconi, che le affidò il ruolo di Olympia nell' Orlando furioso del ‘69, e con il quale stabilirà in seguito un sodalizio molto lungo e fortunato.
Ritorno ai miei ricordi personali: la rivedo fragile ma solenne in Un tram che si chiama desiderio, androgina ed elegante ne L'affare Makropulos , eroica e nostalgica ne Il lutto si addice ad Elettra , bambina diafana e commuovente in Quel che sapeva Maisie . E poi, la forza moderna e spigolosa de L'anima buona di Sezuan , la crudezza compassata di Medea, la progressiva caduta nel baratro interpretata in Chi ha paura di Virginia Woolf?
Ma a darle grande notorietà fu soprattutto il cinema. E nel cinema la Melato seppe riversare la vena comica e l'eclettismo grottesco che la contraddistinguevano. Fu in particolare Lina Wertmüller ad intercettare questa anima solare dell'attrice. Quella capacità di ridere della vita, di sé, dei sentimenti, dell'amore. Quella umanità senza filtri che le faceva porre attenzione alle storie semplici, alla gente semplice. E, tornando al documentario, basti soffermarsi sulla testimonianza delle maestranze del Teatro Stabile di Genova per averne conferma. Lontano da toni enfatici e celebrativi, questo film restituisce insomma Mariangela a chi l'ha ammirata e apprezzata. A chi l'ha conosciuta personalmente e a chi solo artisticamente. Come a voler chiudere un cerchio. A voler mettere ordine nella sua ricca carriera e nella sua vicenda umana.

Probabilmente a lei non piaceva pensare al dopo. Alla memoria. All'eredità che avrebbe lasciato. In una briosa intervista rilasciata a Le Iene dice anzi, sorridendo, di non voler essere ricordata ( www.video.mediaset.it/video/iene/interviste/367346/intervista-mariangela-melato.html ) e anche in questo si dimostra arguta e spiritosa. La sua forza stava, credo, proprio in una sorta di doppia natura – profonda e leggera insieme - che faceva brillare la sua intelligenza. Non mollava mai. Studiava come un'ossessa. Metteva impegno e disciplina in tutto. Andava a fondo di ogni personaggio, di ogni testo, di ogni sfida professionale. Mantenendo però sempre uno sguardo ironico, comprensivo, docile sulla vita. Q uale esempio migliore per un giovane o una giovane artista di oggi?

Mariangela!
Speciale su Mariangela Melato nel quinto anniversario della sua scomparsa
Interventi di:
Antonio Calbi - Direttore del Teatro di Roma 
Renzo Arbore
Giuseppe Giannotti - Vicedirettore di Rai Cultura
Fabrizio Corallo - autore del programma Mariangela!
a seguire proiezione del programma Mariangela! nella versione di 110 minuti
Teatro Argentina, Roma, 8 aprile 2018