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Il mecenatismo nel teatro. Storie di Festival per realtà emertgenti.
Conversazione con Cecilia Bernabei e Angela Telesca

 

di Sergio Roca

 

 

Non è facile comprendere gli ostacoli che si incontrano nel portare avanti una rassegna teatrale. I problemi raddoppiano se, oltre ad un festival, si gestisce contemporaneamente - come su un binario parallelo - anche un concorso per nuove drammaturgie.
Questa è la realtà, complessa, che da quattro anni vivono due giovani ed intraprendenti donne: Cecilia Bernabei e Angela Telesca che hanno dato vita a L'Artigogolo ( Concorso Internazionale di Drammaturgia Contemporanea ) e al DOIT festival ( Drammaturgie Oltre Il Teatro ). È da poco terminata la quarta edizione di entrambe le manifestazioni e Liminateatri, sempre sensibile alle realtà artistico teatrali in ‘movimento', ha il piacere di fare il punto della situazione non tanto per parlare di chi ha vinto le due kermesse quanto per focalizzare le criticità culturali, sociali ed economiche legate a tali attività. Per tale motivo abbiamo incontrato Angela e Cecilia sottoponendo loro le nostre curiosità.

Per cominciare qualche domanda di rito:
riferendoci a L'A
rtigogolo , quanti copioni vi sono stati sottoposti quest'anno?

Siamo molto contente che i due concorsi siano in crescita. Quest'anno hanno partecipato a L'Artigogolo ottantadue autori da tutta Italia, alcuni dei quali hanno presentato più di un lavoro. Il concorso è articolato in due sezioni: Drammaturghi in Azione (coloro che hanno già messo in scena propri testi) e Drammaturghi Esordienti con una sottosezione dedicata agli studenti delle scuole secondarie. Quest'anno il testo vincitore della prima sezione è Narciso della giovane drammaturga romana Alessia Giovanna Matrisciano, mentre il vincitore della seconda sezione è Terra amara del siciliano Marco Spata. Alle scuole due riconoscimenti: una menzione speciale a Tatì della diciannovenne veronese Rachele Pesce e il primo premio alla Medea del diciottenne calabrese Matteo Domenico Varca. I testi sono stati valutati da una variegata e competente giuria (www.artigogolo.eu). I testa a testa tra i finalisti di quest'anno sono stati diversi, per cui il compito della giuria si è rivelato particolarmente impegnativo.  

Domanda similare anche per ciò che riguarda il DOIT festival. Quante compagnie teatrali hanno presentato i loro lavori per essere ammesse alla fase finale? Chi fra le otto compagnie in gara è risultata vincitrice? Quali sono state le spinte che hanno determinato nella giuria tale scelta?

Al bando hanno risposto settanta compagnie provenienti da tutta Italia, inviando anche più di una proposta. Tra i lavori abbiamo selezionato otto allestimenti molto diversi: spettacoli di teatro civile, drammaturgie originali, teatro di narrazione, riadattamenti di opere letterarie e performance in debutto nazionale. Per la prima volta due spettacoli sono arrivati in finale ex aequo : Aplod della compagnia milanese Fartagnan Teatro e Talìa si è addormentata della compagnia romana PolisPapin. Siamo orgogliose di questo risultato perché i due vincitori rappresentano l'anima del festival: l'originalità di drammaturgie che offrono spunti di riflessione sulla contemporaneità e il ritorno all'universalità del linguaggio letterario in un allestimento tratto da Lo cunto de li cunti di Giambattista Basile. Entrambi si sono rivelati progetti molto apprezzati per la cura dedicata alla drammaturgia, regia, scenografia e recitazione, tanto da guadagnarsi anche le menzioni speciali della giuria (www.doitfestival.eu).

 

Parliamo ora di alcuni argomenti meno usuali ma che sono quelli che maggiormente ci toccano ed interessano. Mi è noto che questa quarta edizione, oltre ad essere una vetrina per gli autori dei testi e per le compagnie partecipanti, ha distribuito un premio ‘concreto' da assegnare ai vincitori delle rispettive categorie il cui finanziamento è costituito, nella sua interezza, dal vostro personale ‘mecenatismo'. Oggi, in una società in cui, come disse l'ex ministro dell'economia Tremonti: <<Con la cultura non si mangia>>, quale è la spinta emotiva e morale che porta - non due rampanti imprenditrici, ma due lavoratrici - ad andare così in controtendenza?

Oltre a promuovere l'incontro attivo con il pubblico attraverso le conversazioni con le compagnie curate da giovani critici teatrali, abbiamo deciso di attribuire un contributo in denaro ai vincitori di entrambi i concorsi per la promozione e la diffusione delle opere e dei testi. In più, come già accaduto nelle scorse edizioni, in palio ci sono anche pubblicazioni monografiche a totale carico della casa editrice indipendente ChiPiùNeArt Srls di Adele Costanzo. Il direttore editoriale ha coraggiosamente accettato di raccogliere la sfida lanciata dai due concorsi, strettamente interdipendenti, atta a valorizzare la simbiosi tra letteratura e messinscena, per tornare a gustare un ‘teatro da vedere e da leggere'. Ad animarci è sempre la profonda passione per ciò che facciamo, unita al nostro percorso di studi e di vita legato alla pratica teatrale, che hanno generato il sogno condiviso di contribuire alla crescita culturale in un panorama non sempre stimolante dal punto di vista estetico ed intellettuale.

Pensate che il problema dell'assenza di finanziamenti a queste attività sia più da attribuire alla congiuntura economica o ad un impoverimento culturale della società che tende a non prendere in considerazione attività non supportate adeguatamente dalla televisione o dai mass media digitali?

Il nostro progetto continua a vivere grazie all'autofinanziamento, non avendo ad oggi ricevuto alcun contributo né pubblico né privato, anche a causa della difficoltà di accesso ai fondi, soprattutto per le piccole realtà emergenti. La via della polemica sarebbe da parte nostra quella più semplice, ma la questione è assai più articolata e non riguarda solo la disomogenea distribuzione dei contributi, ma più profondamente un retroterra culturale radicato nel nostro Paese che relega le discipline artistiche a ‘non mestiere'. Di contro, va rilevato che esistono fin troppe realtà pseudo - artistiche che pullulano a causa della mancanza di una regolamentazione e di un vuoto legislativo che andrebbe colmato. L'enorme quantità di offerta che ci bombarda quotidianamente permette difficilmente di discernere tra il mero intrattenimento (peraltro lecito e spesso di buon livello) e il prodotto culturale. Al momento l'unica alternativa per le piccole realtà come la nostra è quella di rimboccarsi le maniche e cercare di confezionare un prodotto che miri ad una qualità sempre più alta. Per continuare nel nostro percorso necessiteremmo di un aiuto non solo economico, ma anche operativo, soprattutto perché i concorsi sono in crescita.

Dallo scorso anno il DOIT ha trovato una nuova collocazione presentando gli spettacoli nello spazio dell' Ar.MaTEATRO spazio s ituato al Trionfale, uno dei quartieri storici della capitale. Un'area con una forte identità territoriale e che vive(va) nella festa di San Giuseppe, il 19 Marzo, un grande momento di coesione. Avete provato a coinvolgere le istituzioni locali come la Circoscrizione o l'Associazione Commercianti per avere qualche sponsorizzazione o una maggiore pubblicità dell'evento?

Abbiamo provato contattando alcune associazioni che operano nel quartiere e distribuendo materiale informativo ma non abbiamo ottenuto alcun riscontro.

Pensando, per L'Artigogolo e il DOIT festival , a un ‘futuro migliore' cosa vi augurereste accada per le prossime edizioni?

Speriamo di consolidare e fidelizzare un numero sempre maggiore di drammaturghi e compagnie, di ampliare il pubblico, di allargare l'interesse della critica, di ottenere finanziamenti per diffondere e promuovere con più forza e con maggiore eco i nostri progetti.

Ed io, assieme al gruppo di Liminateatri, non posso che unirmi alle vostre speranze e ringraziarvi per il tempo concessomi.