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Performer

Jerzy Grotowski

Il Performer, con la maiuscola, é uomo d'azione. Non è l'uomo che fa la parte di un altro. E' l'attuante, il prete, il guerriero: è al di fuori dei generi artistici. Il rituale è performance, un'azione compiuta, un atto. Il rituale degenerato è uno show. Non cerco di scoprire qualcosa di nuovo, ma qualcosa di dimenticato. Una cosa talmente vecchia che tutte le distinzioni tra generi artistici non sono più valide. Io sono teacher of Performer (parlo al singolare: of Performer ). Teacher – come nei mestieri – è qualcuno attraverso il quale passa l'insegnamento; l'insegnamento deve essere ricevuto, ma la maniera per l'apprendista di riscoprirlo può solo essere personale. Il teacher , come ha conosciuto l'insegnamento? Con l'iniziazione, o con il furto. Il Performer è uno stato dell'essere. L'uomo di conoscenza lo si può pensare in rapporto ai racconti di Castaneda, se si ama il romanticismo. Io preferisco pensare a Pierre de Combas. O persino al Don Giovanni descritto da Nietzsche: un ribelle di fronte al quale la conoscenza si tiene come un dovere; anche se gli altri non lo maledicono, sente di essere diverso, un outsider . Nella tradizione hindu si parla dei vratia (le orde ribelli). Un vratia è qualcuno che si trova sul cammino per conquistare la conoscenza. L'uomo di conoscenza [pol. czlowiek poznania ] dispone del doing , del fare e non di idee o teorie. Cosa fa per l'apprendista il vero teacher ? Dice: fa questo . L'apprendista lotta per comprendere, per ridurre lo sconosciuto a conosciuto, per evitare di fare. Per il fatto stesso di voler capire, oppone resistenza. Può capire solo se fa. Fa o non fa. La conoscenza è questione di fare.

Il pericolo e la chance

Se utilizzo il termine di guerriero, forse si penserà a Castaneda, ma anche tutte le scritture parlano del guerriero. Lo si trova tanto nella tradizione hindu che in quella africana. E' qualcuno che è cosciente della propria mortalità. Se è necessario affrontare i cadaveri, li affronta, ma se non occorre uccidere, non uccide. Presso gli indiani del Nuovo Mondo si diceva del guerriero che tra due battaglie ha il cuore tenero, come una giovinetta . Per conquistare la conoscenza egli lotta, perché la pulsazione della vita diventa più forte, più articolata nei momenti di grande intensità, di pericolo. Il pericolo e la chance vanno insieme. Non si ha classe se non di fronte al pericolo. Nel momento della sfida appare la ritmizzazione degli impulsi umani. Il rituale e un momento di grande intensità. Intensità provocata. La vita diventa allora ritmo. Il Performer sa legare gli impulsi corporei al canto. (Il flusso della vita si deve articolare in forme). I testimoni entrano allora in stati intensi e, per così dire, hanno sentito una presenza. E questo grazie al Performer, che è un ponte tra il testimone e quel qualcosa. In questo senso, il Performer è pontifex , facitore di ponti. L'essenza: etimologicamente si tratta dell'essere, dell' esserità . L'essenza mi interessa perché niente in essa è sociologico. E ciò che non si è ricevuto dagli altri, ciò che non viene dall'esterno, che non si è imparato. Per esempio, la coscienza (nel senso di the conscience ) è qualcosa che appartiene all'essenza; è del tutto differente dal codice morale, che appartiene alla società. Se infrangi il codice morale ti senti colpevole ed è la società che parla in te. Ma se fai un atto contro coscienza senti rimorso – questo è fra te e te, non fra te e la società. Poiché quasi tutto ciò che possediamo è sociologico, l'essenza sembra poca cosa, ma è nostra. Negli anni Settanta, in Sudan, c'erano ancora dei giovani guerrieri nei villaggi Kau. Nel guerriero in organicità piena, il corpo e l'essenza possono entrare in osmosi e pare impossibile dissociarli. Ma questo non è uno stato permanente, non dura a lungo. E', secondo l'espressione di Zeami, il fiore della giovinezza . Invece, con l'età, si può passare dal corpo-e-essenza al corpo dell'essenza . E ciò in seguito a una difficile evoluzione, una trasmutazione personale che è, in qualche modo, il compito di ciascuno. La domanda chiave è: qual è il tuo processo? Gli sei fedele oppure lotti contro il tuo processo? Il processo è come il destino di ciascuno, il proprio destino che si sviluppa nel tempo (o che semplicemente si svolge, e questo è tutto). Allora: qual è la qualità della tua sottomissione al tuo proprio destino? Si può captare il processo se ciò che si fa è in rapporto con noi stessi, se non si odia ciò che si fa . Il processo è legato all'essenza e virtualmente conduce al corpo dell'essenza . Quando il guerriero è nel breve tempo dell'osmosi corpo-e-essenza deve captare il proprio processo. Adattato al processo, il corpo diventa non-resistente, quasi trasparente. Tutto è leggero, tutto è evidente. Nel Performer il performing può diventare qualcosa di prossimo al processo.

L'Io-Io

Si può leggere nei testi antichi: Noi siamo due. L'uccello che becca e l'uccello che guarda. Uno morirà, uno vivrà . Ebbri d'essere nel tempo, preoccupati di beccare, ci dimentichiamo di fare vivere la parte di noi stessi che guarda. C'è allora il pericolo di esistere soltanto nel tempo, e in alcun modo fuori del tempo. Sentirsi guardati dall'altra parte di sé, quella che è come fuori del tempo, dà l'altra dimensione. Esiste un Io-Io. Il secondo Io è quasi virtuale; non è, dentro di te, lo sguardo degli altri, ne il giudizio: è come uno sguardo immobile, una presenza silenziosa, come il sole che illumina le cose – e basta. Il processo può compiersi solo nel contesto di questa immobile presenza. Io-Io: nell'esperienza la coppia non appare come separata, ma come piena, unica. Nella via del Performer si percepisce l'essenza quando essa è in osmosi con il corpo, quindi si lavora nel processo sviluppando l'Io-Io. Lo sguardo del teacher può a volte funzionare come specchio del legame Io-Io (questo legame non essendo ancora tracciato). Quando il canale Io-Io è tracciato, il teacher può sparire e il Performer continuare verso il corpo dell'essenza ; che per qualcuno può come essere scorto nella fotografia di Gurdjieff vecchio seduto su una panchina a Parigi. Dalla fotografia del giovane guerriero Kau a quella di Gurdjieff si vede il passaggio dal corpo-e-essenza al corpo dell'essenza . L'Io-Io non vuol dire essere tagliato in due ma essere doppio. Si tratta di essere passivo nell'agire e attivo nel vedere (al contrario delle abitudini). Passivo vuol dire essere ricettivo. Attivo essere presente. Per nutrire la vita dell'Io-Io, il Performer deve sviluppare non un organismo-massa, organismo dei muscoli, atletico, ma un organismo-canale attraverso cui le energie circolano, si trasformano, il sottile è toccato. Il Performer deve fondare il proprio lavoro su una struttura precisa. Facendo degli sforzi, poiché la persistenza e il rispetto dei dettagli sono la norma che permette di rendere presente l'Io-Io. Le cose da fare devono essere esatte. Don't improvise, please! Bisogna trovare delle azioni semplici, ma avendo cura che siano padroneggiate e che ciò duri. Altrimenti non si tratta del semplice, ma del banale.

Cio che ricordo

Uno degli accessi alla via creativa consiste nello scoprire in se stessi una corporeità antica alla quale si è collegati da una relazione ancestrale forte. Non ci si trova allora né nel personaggio né nel non-personaggio. A partire dai dettagli si può scoprire in sé un altro: il nonno, la madre. Una foto, il ricordo delle rughe, l'eco lontana di un colore della voce permettono di ricostruire una corporeità. All'inizio, la corporeità di qualcuno di conosciuto, e in seguito, sempre più lontano, la corporeità dello sconosciuto, dell'antenato. E' letteralmente la stessa? Forse non lo è letteralmente, ma come avrebbe potuto essere. Si può arrivare molto lontano all'indietro, come se la memoria si risvegliasse. E' un fenomeno di reminiscenza, come se ci ricordasse del Performer del rituale primario. Ogni volta che scopro qualcosa ho la sensazione che sia ciò che ricordo. Le scoperte sono dietro di noi, e bisogna fare un viaggio all'indietro per arrivare fino a esse. Con uno sfondamento – come nel ritorno di un esule – si può toccare qualcosa che non è più legato alle origini ma – se oso dirlo – all' origine ? Credo di sì. L'essenza è il fondo nascosto della memoria? Non ne so nulla. Quando lavoro in prossimità dell'essenza, ho l'impressione di attualizzare la memoria. Quando l'essenza è attivata, è come se forti potenzialità si attivassero. La reminiscenza è forse una di queste potenzialità.