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Muhammad Ali inseguiva un sogno grande di bellezza
Francesco Di Leva parla del suo nuovo personaggio


di Katia Ippaso

 


foto di Martin Di Maggio

«Ho lottato con un coccodrillo, ho lottato con una balena, ho ammanettato i lampi, sbattuto in galera i tuoni. L'altra settimana ho ammazzato una roccia, ferito una pietra, spedito in ospedale un mattone». William Shakespeare? No, Muhammad Ali, il più grande boxeur della storia. Uno che si fece cambiare il nome, «perché Cassius Clay è un nome da schiavo» e come Ali conquistò il mondo, vincendo sul ring tutto quello che c'era da vincere. Un ragazzo dalla pelle nera che si rifiutò di andare a combattere in Vietnam, e che per questo finì in prigione. Un attivista che, nel suo un inglese strano, imperfetto, magnifico, difese fino all'ultimo giorno della sua vita i diritti dei black. A due anni dalla sua morte (avvenuta il 3 giugno del 2016), il Napoli Teatro Italia Festival diretto da Ruggero Cappuccio gli fa un omaggio artistico, ospitando al Teatro Sannazaro il debutto di Muhammad Ali , uno spettacolo di Francesco Di Leva e Pino Carbone, drammaturgia di Linda Dalisi, che a ottobre sarà in scena al Teatro Nuovo di Napoli e a febbraio del 2019 arriverà al Teatro Eliseo di Roma.
«Tra il ‘59 e il ‘60, Eduardo scriveva Il sindaco del Rione Sanità , Che Guevara compiva la sua rivoluzione a Cuba, e Mohammad Ali vinceva le Olimpiadi a Roma» racconta Francesco Di Leva. «Studiando quel periodo storico, mentre preparavo come protagonista Il sindaco del Rione Sanità per la regia di Mario Martone, è nata la mia passione per Mohammad Ali. Poi con Pino Carbone abbiamo deciso di lavorare sulla figura di questo grandissimo personaggio».

 


foto di Riccardo Siano


foto di Martin Di Maggio


Di Leva e il suo regista salgono sul palcoscenico, che diventa di volta in volta un ring, una stanza in cui provare l'assalto dell'immaginazione, un luogo protetto in cui prende forma la volontà di superare i limiti dell'umano, rimanendo profondamente, radicalmente, umani. <<In scena, io sono un attore che, confrontandosi con il suo regista, fa nascere quella volontà di potenza e quel desiderio di giustizia e bellezza di cui abbiamo tutti bisogno. Più che lo sportivo Mohammad Ali, alla fine esce fuori l'uomo». Che genere di uomo? «Forte, arrogante, bello, un uomo che ha scosso il mondo».
Tra le immagini-guida dello spettacolo, la leggendaria copertina di Esquire Magazine , che nel 1968 mostrava il campione trafitto da sei frecce. Muhammad Ali si era appena rifiutato di andare in Vietnam e come obiettore di coscienza si sottoponeva al linciaggio e al martirio. «Quelle sei frecce sono diventate delle traiettorie, omaggi affidati ad artisti diversi, da Willem Dafoe a Mario Martone e Marco D'Amore, che hanno scritto qualcosa da offrire al pubblico. Figurativamente, abbiamo immaginato che il corpo di Muhammad Ali fosse diviso in tante parti. Roberto Bolle non poteva che raccontare le gambe».
Frammenti dell'autobiografia, cronache di giornale, discorsi pubblici, poesie, vanno a comporre il puzzle di un uomo che, sulle orme di Malcolm X, fino all'ultimo momento, anche quando ormai soffriva di Parkinson, ha saputo usare la sua popolarità per dire ‘basta' al razzismo: «E noi che ancora oggi ci chiediamo se gli immigrati devono morire in mare>> – conclude Francesco Di Leva - <<Negli anni Sessanta, in America, Muhammad Ali si sedeva a un bar e il cameriere si rifiutava si servirlo perché ‘nero'. Dobbiamo tornare a questo?».

 


foto di Martin di Maggio

 

Muhammad Ali
di Francesco Di Leva e Pino Carbone
con Francesco Di Leva
regia di Pino Carbone
drammaturgia Linda Dalisi
contributi di Roberto Bolle, Willem Dafoe, Marco D'Amore, Mario Martone
scene Mimmo Paladino
luci Luigi Accetta
Teatro Sannazaro, Napoli, Napoli Teatro Italia Festival, 20 giugno 2018