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To be or not to be Roger Bernat

di Stefania Chinzari

 

Roger Bernat, chi era costui? Tra i molti pregi della conferenza-spettacolo-performance made in Fanny & Alexander, voglio metterci anche quello molto personale di avermi introdotto all'arte e al pensiero di questo catalano-belga eclettico e dirompente che invece lavora da oltre vent'anni, producendo e dirigendo spettacoli che hanno girato mezzo mondo, all'insegna della contaminazione delle arti e dei ruoli. I Fanny & Alexander l'hanno incontrato a Wroclaw, in una residenza/workshop da cui hanno preso le mosse le riflessioni di questa produzione e da cui germinerà uno spettacolo vero e proprio su Amleto, in incubatrice da tempo.

To be or not to be Roger Bernat è tornato a Roma, nella sala dell'Angelo Mai (accolto, purtroppo, da un pubblico tanto sparuto quanto convinto, ennesima pugnalata al cuore sull'evaporazione culturale di questa povera città), come prima tappa del tour italiano che festeggia i 25 anni (auguri!) di lavoro della compagnia ravennate. Un'ora o poco più di dirompente ‘messinscena' e le virgolette diventano un imperativo, perché pian piano i numeri dell'oggetto chiamato ‘Teatro' (e dunque vita, di cui è da sempre specchio contaminato, megafono, alter ego) cominciano a sbatacchiare come quelli della tombola nel sacchetto: non sai più quale uscirà. Testo, autore, regia, quarta parete, spettatore, interpreti, critica… non c'è un tassello del congegno che non vacilli, cercando altre risonanze, sconfinamenti multipli, ri-definizioni. E se si parla di identità fugaci e rubate, di ruoli in metamorfosi costante, di dubbi e di riflessione incessanti sull'essenza, non poteva che Amleto essere l'ordito su cui tessere l'ingarbugliata trama.

Davanti allo schermo sul fondale, un tavolo e un microfono: Roger Bernat terrà una conferenza sull'antieroe shakespeariano: Marco Cavalcoli, che lo interpreta, ne ha rubato alcuni tratti (le basette, gli occhiali, la vocalità, i gesti…) in un primo passo di usurpazioni progressive che diventeranno vertiginose come la stanza degli specchi della Signora di Shanghai di Orson Welles; un altro noir, in fondo. <<Chi sei tu che usurpi quest'ora della notte e insieme questa forma bella e guerriera con cui la maestà del defunto re di Danimarca a volte marciava?>>, declama in spagnolo, ma presto anche in francese, in inglese, in italiano, perché molte sono le lingue del vero Bernat e molti i suoi linguaggi e la Babele denuncia la difficoltà dei significati, i tradimenti delle traduzioni, ancora una volta i déplacements che in ogni ambito rifrangono il gioco identitario della scena. <<Il teatro? Un esercizio per imparare a disconoscersi?>>.

Identità, che tema scivoloso… Per non dire della trama: per aiutarci a ricordare il plot, non resta che mandare sul grande schermo dietro il tavolo l' Amleto secondo i Simpson che Cavalcoli doppia in ogni sua voce, al contempo citando il se stesso di Him, in cui doppiava tutti i personaggi del Mago di Oz di Fleming, inginocchiato ‘alla Hitler' come la statua di Cattelan. Con grande abilità narrativa e straordinaria tenuta scenica, Cavalcoli-Bernat-Amleto ci porta(no) incontro i grandi Amleti della storia del cinema e del teatro ed ecco il solitario attore duettare con le materializzate voci di Laurence Olivier e di Petrolini, abbracciare le Ofelie dei film di Zeffirelli e Branagh, citare le traduzioni celeberrime e discusse, a cominciare dall'<<Essere o non essere. Tutto qui>> di Guerrieri. Ecco i fantasmi di Amleto-Bene-Laforgue e stralci della faticosa messinscena di Leo affollare la sala a ribadire la solitudine del principe che s'interroga e dell'attore che ci interroga: <<Usciti da qui, giudicherete Hamlet o lo spettacolo?>>. Ma quale spettacolo? E lo spettacolo, chi lo fa, chi lo vede? E chi lo vede, cosa vede?

Perché ora uno spettatore volontario, una corona sbilenca ci dice che vestirà i panni del re, viene invitato a sedere dietro quel tavolo: a suo totale arbitrio m anovrerà una centralina audio per somministrare all' ear-monitor   wireless dell'attore,   mescolandole a suo piacimento, molte differenti versioni dell'essere o non essere. Qui, nello straniamento, nella finzione e nel tradimento assoluti sfioriamo con lucida freddezza l'acme dello spettacolo, l'abbandono, la rinuncia, ma anche la resa dei conti, un bagliore di scelta, la sfida verso un senso che oscilla pericolosamente e rimette in gioco i ruoli ormai deflagrati dello spettatore passivo e dell'interprete. Perché nessuno ci dirà mai se l'attore Cavalcoli stia realmente recitando i versi che uno spettatore invitato sul ‘palco' gli ha comandato di dire…

Quanta specifica resistenza creativa sta opponendo? Cosa sceglierà di fare, obbedire o, iperbolicamente, tradire, mentire?

Su questa che chiamano ‘eterodirezione' Lagani, De Angelis e Cavalcoli lavorano da tempo e Bernat deve averli trovati perfetti per le sue teorie dello ‘spett-attore': interpreti che non sanno quel che accadrà durante la rappresentazione che è poi come riprodurre lo status di chi esce dal teatro e non sa se troverà una multa, il semaforo rosso, confusi pensieri per immaginare una vita migliore.

Non importa se ci arriva, violenta, l'invettiva di Hanke di Insulti al pubblico. Altri quattro volontari e alcune didascalie sullo schermo rimetteranno in gioco spettatori e interprete, ruoli e generi, in un juke box narrativo e sintattico che, disossando e disorientando, segue nel labirinto con tenacia il filo rosso di una trama smagliata eppure inossidabile. Non manca un solo topos dell'Amleto, eppure ci è parso di aver entomologizzato tutto il suo (e il nostro) universo.

Ecco il corteo, l'attore-conferenziere esce. Ed ecco, nello schermo, il “vero” Bernat che quel corteo guarda, mentre troneggia sul tavolo del suo studio un calco della sua testa che sin dall'inizio, nella conferenza-spettacolo, è stata l'icona del teschio shakespeariano e, naturalmente, almeno altre dieci cose. Roger sembra perplesso, ride e se ne va. Dalla stessa parte dell'attore. Essere e non essere? Forse questo è il problema.

 

P.S. Se Roma ha accolto con poca generosità di pubblico questo progetto, chi può non se lo lasci sfuggire. Ci saranno date estive ancora da decidere e poi, in autunno, due appuntamenti già certi: il 29 settembre a Prato (a Contemporanea) e dal 25 al 30 ottobre 2017 al Teatro I di Milano.

 


crediti fotografici di: Enea Tomei


crediti fotografici di: Enrico Fedrigoli

 

To be or not to be Roger Bernat
una conferenza spettacolo Fanny & Alexander

ideazione Luigi de Angelis e Chiara Lagani 
con Marco Cavalcoli
drammaturgia Chiara Lagani 
regia Luigi de Angelis

Angelo Mai, Roma, 4 e 5 maggio 2017