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Sconquasso di famiglia in salsa pirandelliana: Mitipretese ritorna in scena con moderno affondo nella complessità dei legami affettivi

di Laura Novelli




Ad un certo punto dello spettacolo si fa riferimento a ‘quel vuoto che sentiamo dentro e alla sua zavorra'. La battuta illumina l'intera vicenda, e improvvisamente il dolore lancinante di quel buco nell'anima lo vediamo chiaro non solo in ogni singolo personaggio ma nello spazio stesso della rappresentazione, come se l'interno si fosse rovesciato nell'esterno. La fodera avesse preso il posto dell'abito. Vediamo un massacro dei sentimenti familiari. Vediamo quattro donne (tre figlie ormai adulte e una madre sessantenne) divorarsi a vicenda. Vediamo un marito geloso fino alla violenza; un compagno centrifugo da ogni profondità. Ci sembra persino di vedere quel padre fuggiasco che ha abbondonato moglie e prole molti anni prima. E vediamo un gioco teatrale agrodolce, frammisto di tragedia e commedia, che a tratti si capovolge anch'esso nel suo contrario, come a voler uscire (e farci uscire) dalla finzione, mescolare le carte, confondere Arte e Vita. D'altronde, dietro l'intenso e brioso Festa di famiglia confezionato della compagnia Mitipretese e scritto in sinergia con Andrea Camilleri, c'è Luigi Pirandello. Ci sono la sua ostinata critica antiborghese, il suo amore per le donne, la graffiante ironia con cui l'autore smonta le certezze più consolidate. E c'è il suo teatro nel teatro: non un semplice capriccio formale, bensì la lucida e rivoluzionaria messa a segno di un meccanismo che è insieme via di fuga dallo schifo dell'esistenza (‘quel vuoto che sentiamo dentro') e avamposto impietoso di resa dei conti. Un Pirandello, perciò, quanto mai moderno.
Il lavoro, ripreso dopo il felice debutto del 2009 (anno in cui vinse il premio Alabarda d'Oro - Città di Trieste), è stato in cartellone al Vascello di Roma nei primi giorni di maggio come titolo conclusivo di una retrospettiva che di Mitipretese (ovverosia le bravissime Manuela Mandracchia, Alvia Reale, Sandra Toffolatti e Mariángeles Torres) ha proposto anche Roma ore 11 di Elio Petri (Premio ETI - Olimpici del Teatro 2007) e Troiane/Frammenti di una tragedia , da Euripide. La trilogia ha rappresentato, dunque, un tributo ai primi tre lavori del gruppo. Tutte pièce realizzate su scrittura e regia collettiva per parlare di donne dal punto di vista delle donne. <<Dopo più di dieci anni di lavoro insieme>> – annotano le quattro attrici/cantanti - <<il teatro Vascello in collaborazione con il Teatro Stabile di Brescia ci danno l'opportunità di rimettere in scena i nostri primi tre lavori. In questo momento del nostro percorso, per noi particolarmente complicato, in cui le enormi difficoltà di tutto il teatro italiano si intrecciano alle nostre vicende personali, ai dubbi, alla confusione su come procedere, come riuscire ad evolvere, alla fatica del crescere insieme, alla noia dei nostri limiti umani e artistici che non possiamo più nascondere perché ci conosciamo troppo bene, sentiamo il bisogno di guardarci indietro. Di ritornare a quando siamo partite: a quella necessità, a quella urgenza di metterci alla prova, a quell'entusiasmo, a quella leggerezza. Pensiamo (ci illudiamo?) che rimettere mano oggi, in questa nostra età definitivamente più di mezzo, ai nostri primi tre spettacoli sia un modo per ripercorrere concretamente la strada fatta finora, per aiutarci a comprenderla e per far luce su quella che ancora ci aspetta>>.
Tanto più che l'ultimo titolo del trittico, oltre a presentarci un interno familiare condito di sicilianità e di denuncia contro i soprusi di genere, fa esplicito riferimento a Questa sera si recita a soggetto (nonché alla novella che ne ispirò la stesura, Leonora addio! ) e dunque risulta intriso di riflessioni che riguardano il Teatro stesso, la frizione tra realtà e fuoco artistico. Forse anche per questo sostrato in qualche modo autobiografico l'intero lavoro è attraversato da un respiro che vorrei definire sincero, vero, e sorretto dalla prova recitativa davvero eccellente dell'intero cast.

 


Il sipario aperto già prima che inizi l'azione introduce il pubblico in una sorta di salone borghese ormai dismesso, esploso (le scene sono a firma di Mauro De Santis), che sembra suddiviso in luoghi scenici distinti ma ‘vissuti' contemporaneamente. Mommina/ Mandracchia , qui di nuovo alle prese con un testo che l'ha vista in scena nel '98 diretta da Luca Ronconi (era la chanteuse) e, sei anni dopo, diretta da Massimo Castri (proprio nel ruolo di Mommina), fronteggia con rassegnata sottomissione le aggressive smancerie del marito oppressore: Ammiraglio Rico/Fabio Cocifoglia. Dal lato opposto del palcoscenico, una donna siede sciattamente in poltrona. Si tratta della madre (Ignazia/Reale): struccata, dimessa, pensierosa. Si animerà di collera all'ingresso della figlia di primo letto (Frida/Toffolatti) che abita con lei e con la quale ha un rapporto conflittuale e rancoroso. Rancorosa, ribelle, sguaiata è, d'altra parte, anche Frida stessa (nome desunto molto probabilmente dall' Enrico IV ) che non si fa scrupolo di rievocare le insinuanti profferte sessuali subite del patrigno in tenera età, lasciando riemergere così un ben noto passo dei Sei personaggi in cerca d'autore . Sul fondo della scena, infine, seduta davanti ad un tavolino da toelette, la terza figlia Donata (Torres) si guarda allo specchio in attesa di qualcuno o qualcosa. Scopriremo poco dopo che è un'attrice di scarso successo in cerca della sua strada (Donata è infatti la protagonista di Trovarsi , commedia che Pirandello scrisse per Marta Abba) e in crisi con il suo uomo Leone/Diego Ribon (ecco fare capolino un alter ego del ragionatore Leone Gala tratteggiato ne Il piacere dell'onestà).
I dialoghi sono serrati. Alle battute dell'una si agganciano quelle delle altre, come a costruire un gioco di anafore che rende molto musicale l'ordito drammaturgico tessendo tra l'altro legami fitti tra le varie parti. Tutte le storie infatti confluiscono in un centro propulsore – la festa di compleanno della madre, con relativi tavola imbandita, brindisi e regalo – che diventerà, però, il luogo di dissipazione delle apparenze. Trincea infuocata. Ritrovarsi insieme muove nostalgie e rimpianti, apre ferite mai cicatrizzate, rovescia l'anima.
Il tutto, però, alleggerito da brani canori del repertorio lirico e della tradizione popolare italiana eseguiti a cappella (un plauso speciale a tutti gli interpreti) che alleggeriscono la tensione e danno un tocco decisamente grottesco (‘umoristico', nel senso pirandelliano del termine) alla vicenda: si va da Mamma son tanto felice a Mamma mormora la bambina , da Zu m zum zum ad arie di Verdi . Così come non mancano divertenti momenti di rottura della quarta parete, curiose incursioni in quel metateatro che costituisce appunto la vera forza propulsiva di questa intelligente scrittura. E quando tutto appare ormai de-composto, quando la festa si è capovolta in dramma, resta la madre – ora truccata e vestita di tutto punto – a spingere la quarta parete fin tra gli spettatori in platea. Perché tutto si rompe e tutto poi si ricompone. Per rompersi presto di nuovo. E in questo continuo tentativo di essere felici, quel ‘vuoto che sentiamo dentro' resiste indissolubile. Allora, tanto vale farci i conti. Pirandello non è mai stato tanto contemporaneo.

 

 

Festa di famiglia
liberamente tratto da Luigi Pirandello
testo e regia Mitipretese
collaborazione drammaturgica Andrea Camilleri
con Fabio Cocifoglia, Manuela Mandracchia, Alvia Reale, Diego Ribon, Sandra Toffolatti, Mariángeles Torres
luci, impianto scenico e foto di scena Mauro De Santis
direzione musicale Sandro Nidi
con canti dal vivo della tradizione popolare italiana e musiche originali
Teatro Vascello, Roma, dal 2 al 6 maggio 2018.
In tournée da marzo 2019, con piazze importanti quali Torino, Modena, Genova, Milano e Lugano