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PINA (DANZIAMO, DANZIAMO, ALTRIMENTI SIAMO PERDUTI)
dal teatrodanza di pina bausch al docufilm di wim wenders e ritorno

di Giorgio Taffon

rapsodiche ri flessioni

Annullare le differenze specifiche, in una sintesi straordinaria tra teatro danza e cinema: quella di Wenders è una visione della visione, la mia è una visione al cubo, in una catena di interpretazioni che si inanella per quanti sono stati, come me, prima spettatori della compagnia di Pina e poi spettatori del docufilm di Wenders. Il quale interpreta Pina da quando la incontrò per uno dei suoi primi spettacoli Café M?ller , negli anni Settanta, fino a realizzare il film, nonostante la scomparsa nel 2009 della Bausch, già iniziato lei vivente.

Di sedie, tante sedie, in scena, ne avevo viste in più spettacoli ioneschiani, ma di sedie vive, cioè rese simbolicamente significanti dai corpi(in)movimento dei danzatori, ho avuto visione nel film di Wenders, nelle sequenze dedicate appunto a Café M?ller ; come pure di sedie che innescano la vita del movimento dei danzatori trattengo l'immagine, nella sequenza della danzatriceattrice che spicca il volo slanciandosi di sedia in sedia, lungo un prato, dunque in ripresa esterna, lanciando fonemi di allegra leggiadria, mentre le sedie cadono soffici sulla terra.

Vedo tanti primi piani nel film, visi di varie nazionalità, visi occidentali, orientali, neri, olivastri, mulatti, ma le differenze si annullano nell'armonia completa e complessa dei movimenti coreografici: un unico corpo fatto di più corpi, un corpo mistico-artistico, in un rapporto concorde ed equilibrato tra vita e forma: l'organicità di quei corpi vivi-messi-in-forma distingue ma non separa le differenze somatiche, etniche, estetiche; traspare un'armonica interculturalità, come sulla tastiera di un pianoforte l'armonia è coesistenza consonante di più singole note, di modi maggiori e minori, di scale ascendenti e discendenti.

Vedo anche, nel linguaggio filmico del regista, una ricchezza di dettagli: mani, braccia, schiene, bacini, teste: ogni parte del corpo è viva ed espressiva, come avevano sottolineato alcuni padri fondatori del teatro-novecento: l'energia dei danzatori si spande per ogni dove, raggiunge, partendo dalla spina dorsale, ogni muscolo, è in tensione espressiva tutto il corpo, ma anche ogni parte di quel tutto: pars pro toto , ma anche totum pro parte : anche un minimo gesto, nei danzatori del Tanztheater, può esprimere una totalità di stati d'animo, di sentimenti, senza alcun bisogno di proferire parole , come sempre è stato nei tanti spettacoli della coreografa-danzatrice. Si parla e si comunica attraverso l'azione danzata! E si comunica simbolicamente, e metaforicamente, lasciando aperti i significati in più direzioni: sta a noi ri-comporre il senso, in ultima istanza.

Ascolto le domande e le risposte dei danzatori, relative al loro lavoro e al rapporto con la grande Maestra: tutti sono stati in cerca , sono sempre stati in prova , e tutti ricordano lo sguardo, assieme attento e assieme distratto in cerca di qualcosa, di Pina, mentre li osservava al lavoro, nella loro libertà di lavoro, e seguiva l'ossessiva repetition (com'è definita la prova in francese) delle loro azioni, fossero azioni nel training, come pure azioni nella preparazione degli spettacoli: ore, giorni, settimane di lavoro, per evitare gli automatismi del corpo, la sua pigrizia, il suo tendere al massimo risparmio d'energia come nella vita quotidiana di tutti. Pina li lasciava lavorare, poche sue battute di commento, ogni tanto, incoraggiavano il loro lavoro con e sulle azioni della danza: e intanto Pina, fattasi lontanissima come una stella nell'abisso del cielo notturno, cercava... mi è sembrato che per i danzatori più vicini a lei, quelli più anziani che iniziarono la collaborazione fin dalla fondazione a Wupperthal della compagnia, Pina sia stata un mistero: i segreti del mestiere li ha potuti trasmettere ai suoi artisti, ma il suo mistero , come vale per tutti i grandi inarrivabili maestri, non ha potuto rivelarlo: la potremmo chiamare la ricerca del Sè, attraverso l'arte della danza (Grotowski, contemporaneamente, individuando nell'arte un veicolo, aveva raggiunto l'utopia di una trascendenza assoluta fuori dallo spettacolo nel raggiungimento di energie superiori sottilissime). Forse la parte umbratile di tale mistero è nella sfida a liberarsi, nella danza, del corpo, della sua pesantezza, della sua forza di gravità che è poi un po' il sogno di ogni danzatore: ma, per me, ciò che occupava lo spirito (l'intelletto) di Pina, era: a quale vera dimensione arrivare una volta liberatisi di quei condizionamenti.

Alcune sequenze del docufilm, difatti, ci mostrano i danzatori eseguire delle straordinarie emozionanti figurazioni: una danzatrice che vola e si ranicchia in posizione fetale tra le braccia del partner; ma potrebbe essere un abbraccio di raffinatissimo e sublime erotismo; o il ninnare la figlioletta da parte di un padre: tutti atti in sé amorevoli , amorosi . In un'altra sequenza le danzatrici cadono, a pendolo, mantenendo l'assetto verticale del corpo, a un centimetro da terra, per librarsi poi all'insù tramite la controspinta del partner.

Ma è anche vero che i danzatori-attori di Pina, all'opposto del movimento anabasico, cercano uno spro-fondamento, negli elementi basilari e archetipici del cosmo: terriccio, acqua, fiori, grandi pietre: la loro danza è confrontarsi con i simbolismi cosmici di tali elementi: Wenders dedica a tali processi dinamici sequenze efficacissime, usando spesso, ad esempio, il ralenti , e allora si sollevano, coi loro, passi nuvole di terra, coi loro volteggi, spruzzi scintillanti d'acqua...

Il film di Wenders ci mostra anche immagini di coreografie dove è la vita quotidiana, coi suoi sentimenti (amore forza rabbia), i suoi rapporti umani, agiti anche negli spazi aperti della città, a prendere corpo, a prendere i corpi dei danzatori: i quali, a volte con indosso abiti civili realistici, “danzano” la vita quotidiana, esaltando gesti e pose per ri-crearle, al di fuori da ogni intento mimetico. Si crea un “ritmo di vita” nei corpi danzanti ritmicamente. Nella danza di Pina e dei suoi danzatoriattori si realizza una copartecipazione al ritmo dell'esistenza, dell'Essere, è un miracolo laico che da loro viene compiuto, come in un rituale “vuoto”, per citare Barba, in cui ciascuno di loro e ciascuno di noi che assistiamo, possiamo riempire di ogni atto-di-fede.

L'arte della danza, l'arte del teatro come spazio di libertà, di autenticità, di salvezza: “danziamo, danziamo, altrimenti siamo perduti”, ci dice Pina Bausch, ma, nel rivederla in brevi sequenze del film, ci accorgiamo della sua magrezza estrema, del suo sguardo penetrante, della sua voce calma e profonda: è una figura che per salvarsi nella danza ha dato tutto di sé alla danza, in un ascetismo artistico che non è più rinuncia, ma sublimante donazione di sè, al di fuori di ogni retorica: lei è lì di fronte ai suoi danzatori, è con e per loro, pronta sempre a ri-creare e modellare dei corpi-in-movimento, a fare arte e fare della sua vita stessa un'opera d'arte, vera artifex, dunque, della sua vita.

Viva Pina (e Wim)!