EditorialeFocus In itinere Nuove arti visive e performative A sipario aperto LiberteatriContributiArchivio
         
       
 

Lus: il dolore del buio che diventa luce

di Letizia Bernazza

Nella suggestiva cornice dei Giardini di Palazzo Venezia, a inaugurare l'XI edizione di Short Theatre un lavoro di encomiabile valore: Lus , il concerto-spettacolo del Teatro delle Albe. Un viaggio senza tempo e senza spazio, sospeso nell'ancestrale e arcaica potenza della poesia, riverbero di luci e di ombre, eco di parole urlate e sussurrate, che prendono il via dal “testo-preghiera-maledizione” del poeta ravennate Nevio Spadoni. I suoi versi in lingua romagnola non sono soltanto il canto di un'anima - quella della Belda, veggente e guaritrice delle campagne romagnole di inizio Novecento - ma il canto corale di tante anime che sovrappongono le loro grida di gioia e di dolore nel corpo e nella voce della bravissima Ermanna Montanari. L'attrice si addentra negli interstizi dell'interiorità di Belda, la quale pur avendo il potere magico di lenire i mali degli altri viene disprezzata dalla comunità in cui vive per la sua “diversità”. La giovane è una “vittima sacrificale”: un essere umano consegnato all'ipocrisia di chi di giorno non disdegna di schernirla e di notte la reclama per attenuare le proprie pene. Belda non fa sconti. Si fa carico delle tribolazioni degli altri “per rimediare alla loro sofferenza”, eppure non si esime né dal lanciare le sue invettive contro quei miseri disgraziati né dal vendicare la madre Armida, disseppellita dal parroco del villaggio e trasferita in terra sconsacrata perché accusata di essere una prostituta.

Magistralmente diretti dal regista Marco Martinelli, Ermanna Montanari, Daniele Roccato (al contrabbasso) e Luigi Ceccarelli (live electronics) danno vita a un dialogo, privo di soste e di fratture, dove sono l'equilibrio magico dei suoni e la ricerca dell'espressività vocale-fisica dell'interprete a rivelare una storia antica come il Mondo dove è la forza rigeneratrice della libertà del proprio esistere a dare unità alla messinscena. Spoglio ed essenziale, lo spazio accoglie l'attrice bianco vestita. Figura ieratica, alle cui spalle campeggia la scritta rosso-sangue “Lus”. Ermanna Montanari si sistema su una pedana centrale ai cui lati ci sono Luigi Ceccarelli e Daniele Roccato. È l'ouverture struggente di Roccato a introdurre l'accorato sfogo della protagonista. Quest'ultima è lì. Ferma. Immobile.

 

Ascolta e, intanto, prepara la sua dirompente sequela di accuse che arriva poco dopo. Noi spettatori sembriamo raccogliere il suo respiro, donatoci con incredibile purezza e bellezza. Attendiamo anche noi. Fisso la mia attenzione sulla fragile fune che tiene per il braccio l'attrice e su quel flebile squarcio di luce che la illumina. Provo una commozione che mi riempie l'anima. Quando poi, Ermanna Montanari inizia a vestire i panni della Belda, è impossibile non solidarizzare con questa strana creatura, emarginata come tante altre “strane” creature di ogni tempo. Ella però non si arrende. Ed è proprio scavando nei suoni - a volte dolci e a volte graffianti - della lingua romagnola, mentre il corpo dell'attrice si contorce e le sue gambe cedono, che si prepara la vendetta della protagonista. Non appartiene alla Belda la rassegnazione: farà pagare caro al “pretaccio” l'ignobile fine riservata alla madre Armida. Con un maleficio, infatti, in tre giorni lo consegna alla morte. Nondimeno, accende il proprio furore contro tutti quegli infidi benpensanti del paese che condanna per la loro falsità.

La Montanari si spende con energia e attraversa l'intera gamma del registro vocale al fine di restituire tutte le sfumature dei sentimenti provati dalla giovane. L'ira, la rabbia, la dignità, la fierezza vivono in un complesso di segni linguistici che compongono una singolare e primordiale partitura sonora, alla cui non-lineare e voluta consequenzialità contribuisce la drammaturgia musicale di Luigi Ceccarelli.

Con le sue note rotte e straziate, il compositore moltiplica la viscerale e aurale intensità della poesia, di cui è intriso Lus e prepara progressivamente il monologo finale dell'attrice insieme ai bellissimi acquerelli di Margherita Manzelli proiettati sullo sfondo della scena. Macchie di sangue e volti segnati dalla sofferenza esortano lo spettatore alla comprensione e alla compassione del Mondo nella certezza che sia questa l'unica strada per restare vivi dentro il nostro presente. È così che il buio diventa luce. E non è un caso che l'attrice, nel finale, ci inviti ad abitarla quella luce. Senza rassegnazione e senza consolazione.

 

 

LUS
concerto-spettacolo di Ermanna Montanari, Luigi Ceccarelli, Daniele Roccato

testo Nevio Spadoni
musica Luigi Ceccarelli, Daniele Roccato
voce Ermanna Montanari
live electronics Luigi Ceccarelli
contrabbasso Daniele Roccato
regia Marco Martinelli
spazio scenico e costumi Margherita Manzelli, Ermanna Montanari
disegno abito di Bêlda Margherita Manzelli
animazione dello sfondo con opere originali di Margherita Manzelli
a cura di Margherita Manzelli, Alessandro e Francesco Tedde
regia del suono Marco Olivieri
disegno luci Francesco Catacchio
direzione tecnica Fagio
elaborazione e tecnica video Alessandro e Francesco Tedde – Antropotopia
elementi di scena realizzati dalla squadra tecnica del Teatro delle Albe Alessandro Bonoli, Fabio Ceroni, Enrico Isola, Dennis Masotti, Francesca Pambianco
sartoria Laura Graziani Alta Moda

produzione Emilia Romagna Teatro Fondazione
in collaborazione con Teatro delle Albe/Ravenna Teatro

Short Theatre, Giardini di Palazzo Venezia, Roma, 7 settembre 2016

 

@foto di Luca Del Pia