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Sulla soglia della nuova raccolta poetica di Mariangela Gualtieri Le giovani parole

di Girolamo Dal Maso

 

La miglior cosa da fare stamattina

per sollevare il mondo e la mia specie

è di stare sul gradino al sole

con la gatta in braccio a far le fusa.

Sparpagliare le fusa

per i campi la valle

la collina, fino alle cime alle costellazioni

ai mondi più lontani. Fare le fusa

con lei - la mia sovrana.

Imparare quel mantra che contiene

l'antica vibrazione musicale

forse la prima, quando dal buio immoto

per traboccante felicità

un gettito innescò la creazione.

Non inganni il titolo di questo breve commento. “Metafisica” non è aggettivo ma sostantivo e richiama sostanza ed essenza, ciò che di più reale è. Non si tratta, quindi, di un pensiero astratto ma della possibilità realizzata di nominare la consistenza spirituale (metafisica) delle cose.

Per ora, nella lettura (o forse meglio meditazione, esercizio spirituale) di “Le giovani parole” non sono riuscito ad andare oltre la prima poesia. Troppo densa, e in me non c'è ancora spazio per le altre, per attraversare questa soglia. Da essa, ho dato una sbirciata a quanto segue, ma è – appunto – uno sguardo veloce e casuale, con fare capriccioso.

I titoli, o forse meglio intestazioni, della raccolta sono benauguranti, letteralmente. Un augurio di bene che – sul finire dell'anno e con il prossimo ormai vicino – cade propizio, un auspicio di giovinezza e vita nuova, non invecchiata (“giovani parole”) che il titolo della prima sezione (“Gemma dell'anno nuovo”) sembra esplicitare. Si tratta di un incipit denso che della gemma preziosa ha la durezza e resistente lucentezza, della gemma vegetale la freschezza, fragile e incipiente. La poesia è un invito a sostare, a stare, come suggerisce la litania di verbi nel modo infinito (fare, sollevare, stare, far le fusa, sparpagliare, fare le fusa – di nuovo – , imparare). Questo tenore eleatico che insiste nel presente senza tempo (eppure si e ci concentra qui – “sul gradino” – ed ora – “stamattina” – ) nel finale precipita in un aoristo o perfetto (“innescò”). Ci muoviamo tra fisica (il mondo, la gatta, i campi, la valle, le colline, le cime, le costellazioni) e metafisica, l'una nell'altra. La creazione è, qui, un innesco, quasi un'esplosione, una scintilla. Un fugace momento, un baluginare. Eppure tutto da essa dipende; in questa scintilla-innesco tutta la creazione è raccolta e promessa. Anche lo stare attuale sul gradino, anche le fusa della gatta. Questo è l'esito, queste le ultime parole, l'ultimo verso (“un gettito innescò la creazione”) che paradossalmente è il primo, il principio di tutto.

È da notare che, grammaticalmente, siamo di fronte a una secondaria, introdotta da un “quando”, quasi una deviazione, una deriva, una parentesi; più che un esito, una incisione o incursione. Così tutto ha inizio: la creazione come “gettito” innescato a suo tempo. Ad esso precede un “mantra” senza tempo (“l'antica”, “la prima”), dal tenore e dalla consistenza musicale, una “vibrazione” immobile (è prima del tempo) che pure contiene in sé le premesse e le promesse di un tempo in cui possa sciogliersi ed esprimersi. È “traboccante felicità” che fuoriesce, sgorga in un “gettito” e permane, una scintilla che si propaga nella durata. Istantaneità e durata, gettito e persistenza sono colti insieme nella quotidianissima immagine della gatta sulle ginocchia a fare le fusa. Lei è la sovrana, da lei si può imparare l'arcana vibrazione, gli armonici che si dispiegano nella creazione. Tutto allora è, musicalmente, legato insieme e la poesia traduce in parole il rituale: “sparpagliare le fusa” è riaccendere l'antica, prima vibrazione inscritta in ogni cosa, familiare in e a ogni cosa; richiamare quel gettito primordiale che nella durata si fa mantra e ritmo, strutturando e sostanziando la creazione. La qualità ferina, animale (precedente quindi ogni pensiero o libero volere) delle fusa ne dice la realtà e consistenza. Essa è, innanzi a tutto, “traboccante felicità”: bontà e bellezza, gioia primigenia, inscritta nel creato, che da essa promana. “Bonum effusivum sui”: una micia dischiude le altezze del pensiero neoplatonico nella poesia. In essa la parola riacquista valore rituale e terapeutico (“per sollevare il mondo”), mettendosi alla scuola, sotto la sua signoria, della non-parola che sono le fuse. L'essere è, non può non essere. A poeti come Mariangela Gualtieri custodire e promuovere questo sacro accadimento.