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La tragedia di Stefano Cucchi: il “dramma pubblico” di Margine Operativo
Intervista a Alessandra Ferraro e Pako Graziani

di Letizia Bernazza

Non amo di prassi fare grossi cappelli introduttivi alle mie interviste. Desidero che a parlare siano i protagonisti. Lo farò anche questa volta. A consegnare ai nostri lettori la loro testimonianza sono Alessandra Ferraro e Pako Graziani, le due anime di Margine Operativo, chiamati ad intervenire sull'ultimo lavoro che, il gruppo romano, ha creato a partire dalla storia dolorosa di Stefano Cucchi, il giovane trentunenne morto a Roma, in circostanze ancora da accertare, il 22 ottobre del 2009. Uno spettacolo che ha il peso di entrare nelle pieghe del nostro tempo, suggerendo sguardi e visioni in grado di portare l'oggettività dei documenti (e non solo) ad assumere il linguaggio del Teatro. Perché il <<… margine>>, come recitano le parole che esprimono il senso del percorso della Compagnia, <<è uno spazio libero che crea una sospensione fluttuante tra le parole, i pensieri e le immagini>>.

Perché la necessità di dedicare uno spettacolo alla vicenda di Stefano Cucchi?

Presunta morte naturale. Un dramma pubblico è uno spettacolo nato da una volontà: che non si ripeta più quello che è successo già troppe volte. Molte sono le storie “simili” a quella di Stefano, la storia di Federico Aldrovandi o quella di Davide Bifolco, soltanto per ricordarne alcune. Presunta morte naturale nasce sia dalla consapevolezza che quello che è successo a Stefano potrebbe succedere a ciascuno di noi, a un nostro fratello o a un nostro amico, se non a noi stessi, sia come contributo al coraggio incredibile non solo della famiglia di Stefano, ma anche di tutte quelle famiglie e di quei cittadini che non hanno accettato le versioni ufficiali e hanno intrapreso lunghe battaglie per chiedere verità e giustizia.

La volontà di dedicare uno spettacolo alla vicenda di Stefano Cucchi nasce anche dal fatto che la sua storia oggi rappresenta, per la sua complessità e le sue contraddizioni, un simbolo della lotta contro gli abusi in divisa.

Confrontarsi con la sua vicenda significa dare voce a tutti quei casi – troppi – che vedono protagonisti “negativi” gli organi, i dispositivi e le strutture di governance dello Stato.

Margine Operativo si distingue, sin dal suo esordio, come un gruppo che vuole confrontarsi con il presente. Che vuol dire questo per Alessandra Ferraro e Pako Graziani?

Confrontarsi con il presente significa tentare di portare alla luce le contraddizioni, le affermazioni e le negazioni che segnano la nostra contemporaneità, scavare in profondità, avere la sfrontatezza non solo di parlare dell'oggi ma anche di modificarne la sua percezione. Ci piace dire che siamo testimoni e agitatori del nostro tempo.

Quale il percorso creativo che vi ha portato in Presunta morte naturale dai “fatti” alla creazione della messinscena?

Il percorso creativo, come per i nostri due spettacoli precedenti - Noi saremo tutto e Partizan let's go! - è stato lungo.

Abbiamo costruito un testo come risultato di una lunga indagine e ricerca sul tema trattato, lo abbiamo poi “cesellato” per l' attore che abbiamo scelto, poi lo abbiamo sciolto in una colonna sonora ed in una partitura di azioni fisiche cercando di creare un'opera che rispecchiasse il nostro gusto e il nostro sguardo.

L'operazione è simile ad altri nostri spettacoli, un teatro ibridato, musica live, recitazione e azione scenica, funzionali e in sinergia al tema trattato, cercando sempre di relazionarci con il presente senza farci intrappolare dalla retorica e dalla cronaca.

Come si è sviluppato il lavoro: dalle fonti “dirette” alla scrittura scenica?

Innanzitutto, abbiamo dovuto verificare e accertare tutte le fonti sul caso di Stefano Cucchi per evitare di incorrere in errori che minassero la verità della sua storia. La parte più complicata della scrittura è stata doversi confrontare con una vicenda non chiusa e con un processo in fieri .

Lo spettacolo è andato in scena la prima volta il 4 ottobre del 2015, all'interno del festival Attraversamenti Multipli , e - anche se l'inchiesta e l'iter processuale continuano - per il momento la messinscena non ha subito cambiamenti perché non ci sono stati ancora risultati sostanziali: i responsabili, tutti i responsabili, non hanno ricevuto nessuna pena e nessuna sanzione. L avorando su una vicenda ancora aperta, siamo pronti a modificare alcune parti dello spettacolo, che è costruito con un'architettura drammaturgica pronta ad accogliere altri “pezzi” di storia…

Ci siamo confrontati con molti documenti (testimonianze, atti processuali), ma abbiamo scelto di evitare di “farci seppellire” dalla cronaca giornalistica e giudiziaria.

Lo spettacolo è stato costruito attraverso una “polifonia” di voci. I testimoni che hanno incontrato Stefano, la sorella Ilaria, alcuni stralci di poesie che creano degli squarci e, poi, Stefano che parla, che si espone in prima persona, il tutto contraddistinto da una recitazione secca, fredda, accompagnata dalla fatica e dal sudore “vero” dell'attore in scena.

E quale il percorso intrapreso, poi, a livello attoriale? Tiziano Panici è l'unico interprete dello spettacolo. È lui che si fa carico del dramma di Stefano. È lui che, sulle proprie spalle di attore, si rende testimone diretto di una vicenda tragica. In che modo e come avete “cucito” su di lui la storia e le vicissitudini che porteranno il giovane Cucchi alla morte nell'ospedale Sandro Pertini di Roma?

Abbiamo cercato di costruire uno spettacolo corale nonostante la presenza di un solo attore in scena. Una storia complicata come questa aveva bisogno di una complessità di voci, di testimoni, di sguardi. Tiziano doveva essere il portatore di esperienze e di vissuti diversi. Volevamo che la sua voce non assomigliasse per nulla a quella di Stefano, ma nello stesso tempo doveva rappresentarla nel migliore dei modi e soprattutto essere efficace. Tiziano non interpreta Stefano. È semplicemente un testimone della vicenda di Stefano. Questa è stata una scelta molto precisa che ha guidato la creazione dello spettacolo, il percorso drammaturgico e di regia. Il corpo e la voce del performer in scena è un ponte, un punto di raccordo tra tante storie, testimonianze… È anche il nostro stile: ci muoviamo da sempre in un territorio ibrido e meticcio tra teatro, teatro fisico, musica live, performing art in cui facciamo convergere azioni fisiche, drammaturgia, contenuti ed emozioni.

Per tutte le informazioni sulle iniziative e gli spettacoli in tour di Margine Operativo, rimandiamo al loro sito: www.margineoperativo.net

 

@foto di Carolina Farina