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IL VECCHIO E IL MARE

da Il vecchio e il mare di Ernest Hemingway

con: Salvatore Marci, Robert McNeer, Bruno Soriato

regia, scene e luci: Michelangelo Campanale

drammaturgia: Katia Scarimbolo

assistente alla regia e costumi: Maria Pascale

video: Raffaella Rivi

ricerca scenografica e oggetti di scena: Paolo Baroni

macchinista di scena: Daniele Lasorsa, Enzo Ruta

consulenza musicale:Tommaso Scarimbolo

consulenza fonica: Luca Ravaioli

tecnici: Sebastiano Cascione, Carlo Quartararo

logistica e amministrazione: Isa Pellegrini

di Letizia Bernazza

La meraviglia inizia per me già all'ingresso del Teatro Valle occupato, dove mi sono recata lo scorso 12 gennaio per partecipare allo spettacolo Il vecchio e il mare , diretto da Michelangelo Campanale. Il lavoro dell'artista pugliese si inserisce nella bella rassegna, curata dal Teatro delle apparizioni, Il Valle dei ragazzi . Uno sguardo sul teatro per le nuove generazioni . Respiro subito un'aria di festa. Non appena varco la soglia dello storico spazio al centro della capitale, vengo travolta infatti dal gioioso entusiasmo dei numerosi spettatori: bambini, ragazzi di ogni età, adulti. L'atmosfera di serena condivisione è avvincente e, direi, non proprio usuale. Mi accingo a ritirare il biglietto. Offro un modesto obolo e ricevo in cambio una piccola zattera di legno. Sulla sua vela la scritta Il vecchio e il mare . Custodisco con gelosia il minuscolo oggetto. Lo guardo con interesse. Lo stesso che, intuisco, hanno voluto offrirmi la compagnia, il regista e gli attori. Un dono prezioso, unico, che non ha nulla a che vedere con un semplice biglietto cartaceo.

C'è una cura particolare nella realizzazione di quella zattera. La sua costruzione ha richiesto tempo, impegno, pazienza. Mi vengono in mente le parole di Peter Brook, secondo il quale le opere prodotte da un artigiano sono sempre in grado di riunire bellezza e utilità. Con la mia zattera tra le mani, mi siedo. Durante l'infanzia e l'adolescenza, mi sono nutrita delle opere di Hemingway. Ho amato il suo universo letterario, intriso di poesia e di fantasia. Ho apprezzato la sua scrittura. A tratti aspra, dura, eppure densa di metafore e di allegorie, foriere del significato profondo dell'esistenza. Quell'esistenza che Michelangelo Campanale esplora attraverso il vissuto dei tre protagonisti: Hemingway, “lo scrittore avventuriero”; Santiago, il vecchio pescatore e Manolin, il ragazzo che si prepara a diventare adulto facendo propria l'esperienza del maestro-pescatore. Le tre storie sono effettivamente tappe emblematiche dell'esistenza dell'uomo segnata da inevitabili riti di passaggio, da esemplari fasi di formazione, da naturali momenti di sconfitte, di scoperte, di crescita. E nella messinscena, i tre racconti riescono ad esprimere al meglio la visione (complessa e semplice al tempo stesso) dello stare al Mondo narrata dallo scrittore statunitense.

La molteplicità spaziale e la pluralità di punti di vista sono sempre in armonia con le azioni degli interpreti la cui energia potente comunica agli spettatori l'entusiasmo di partecipare al gioco della rappresentazione fino a renderli protagonisti. Un risultato raggiunto perché si tratta di un lavoro ben fatto. Non è difficile intuire il meticoloso studio analitico compiuto sull'opera originale, sulla cultura americana e sui caratteri simbolici che portarono Hemingway a tracciare le linee originali di un'epica individuale senza trascurare autorevoli modelli letterari come, ad esempio, Moby Dick . Così come si percepisce il laborioso processo creativo della messinscena dove il lavoro d'attore, l'improvvisazione e i differenti linguaggi utilizzati (animazione e video) si fondono con l'impianto scenografico e la costruzione dello spazio.

Al Valle, bambini e adulti estasiati a testimoniare che quando lo spettacolo funziona viene abbattuto ogni confine di genere, di età e di pubblico.