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FARSI LUOGO

 

Dialogo immaginario

tra Alfio Petrini e Marco Martinelli

1.

“io e te”.

io e te, mi dici.

“naturalmente sto parlando qui del teatro vivo, vivente, che il cuore gli batte”.

il mio nome è Germoglio.

“ sto parlando del teatro di un'arte bambina”.

ti leggo, ti seguo, ti ascolto. (Sia detto tra parentesi: le parole tra virgolette sono tue, Marco: in Farsi luogo, con la mediazione di Cuepress, Bologna 2015, Gli artisti , 5,99 euri. Chiusa la parentesi informativa).

2.

Io e te.

“io qui sto parlando perché il teatro mi parla”.

mi sono fatto pellegrino. Che vuoi di più?

“parla attraverso di me, attraverso la mia povera carne, la mia umile carne, attraverso la lunga teoria di chi mi precede, di chi è venuto prima e di chi arriverà dopo”.

anch'io ho sudato sul palco e ora sono qui, con la mia presenza solidale. Non immaginavo che, un giorno, saresti venuto qui a parlare con me.

3.

“io e te. Sto parlando qui del teatro come luogo dell' Invisibile ”.

del materiale e dell'immateriale, del palpabile e dell'impalpabile.

“sto parlando del tangibile, del corpo che sente, sensuale ”.

mi stai parlando del luogo dove hai trovato vino da bere e pane da mangiare.

“dove la primavera è la grande, eterna questione, e riguarda l'epifania del dio del pane e del vino”.

siamo nel cerchio di Dioniso. Io e te, viaggiatori danzanti.

“al centro del cerchio, perché è il cerchio che è esso stesso scena , luogo della festa, luogo dei corpi in ebbrezza. E su Dioniso, su quel dio capace di morire e di risorgere, simbolo ambiguo della condizione umana, che ora riveste i panni della vittima sacrificale ora quelli del persecutore, su Dioniso si fonda ancora oggi il teatro. Pane e vino. Brot und Wein ”.

del cerchio mi parli.

“qui parlo del cerchio come coro”

parli del pane e del vino. E del cerchio, e del coro, e del desiderio di bere che è pensare di avere ancora sete.

“ancòra”.

àncora.

“tutti sono tutto”.

attori e spettatori.

4.

io e te.

“qui parlo del teatro come luogo della buona notizia ”.

apri un varco al teatro in ben 101 movimenti. Non posso guardarti, ma ti vedo lo stesso, e ascolto la tua voce.

5.

“parlo del teatro come luogo del Necessario , dell' Utile . Come un ago per cucire. Il teatro come luogo dell'Inutile , del Gratuito. Il teatro come luogo dell' eresia . Il teatro come luogo della ortodossia”.

della “retta opinione”, vuoi dire.

“il teatro come antro della polis, il teatro come tradizione, ovvero come seduta spiritica. Non il luogo della messa in scena, ma il luogo della messa in vita. Il teatro come audacia del farsi luogo nell'epoca dei non luoghi. Parlo del teatro come luogo del meticciato”

dimmi, dove comincia il farsi luogo ?

“dal rischio più grande, dal pericolo antico. Io e te. I miei occhi nei tuoi. Nel farsi luogo non ci sono né fama né ricchezze, né gloriose dannunziane avventure, se è questo nulla che insegui, smettila di leggermi”.

rispondi piuttosto: a cosa serve l'ago e il filo?

“il movimento fondamentale del farsi luogo è il dialogo. A questo serve l'ago il filo”.

io e te.

6.

“io e te”.

comprendo il valore aggiunto della drammaturgia dello spettatore.

7.

io e te. Seguendo le tracce del sudore che hai lasciato sul palco, riconosco il nomadismo, la necessità del ritorno ai primordi, la pratica delle miscele linguistiche e l'intreccio tra arte e vita.

8.

“come fare oggi a suscitare spirali ? Oggi che l'orizzonte è dominato dal mercato, dove il dio denaro è il solo che conta”.

9.

“affondare”.

mi sembra l'unica ricetta possibile. Solo chi va a fondo può risalire in superficie.

10.

“non ci sono ricette”.

Il teatro mercantile si nutre di ricette e di generi.

 

11.

Tornano qui vane e antiche domande. Bisogna formare attori o formare uomini? Si può trasmettere l'arte del teatro? Nel mercato del lavoro quanti sono gli attori in grado di fare il teatro barbarico del ghigno, del paradosso e dello sberleffo? E poi, il teatro ha davvero bisogno di drammaturghi e di registi? Mi sembra che abbia bisogno di poeti. Quanti poeti nascono in un secolo? Due? Tre? Cinque? Non di più. Poeti della scena. Poeti della scrittura drammaturgica o della scrittura scenica. Raccontano favole, assumendo un comportamento poetico. Questo vuol dire essere poeti. Non vuol dire scrivere in versi. E infine: si può insegnare il corto circuito (il corsivo è mio) che sta a fondamento della messa in vita ? Che succede quando arte e vita vengono separati?

“parlo qui, quando invece vorrei gridare… che la vita e l'arte non sono separabili, mai: che la ferita inferta a un essere umano è come sfregiare la Cappella Sistina. Non è questione di galateo e buone maniere. E' il punto, il punto infuocato dentro di noi.

Il punto infuocato, hai ragione.

“non ci sono ricette. La spirale non è fuori di noi”.

parla ancòra , ti ascolto copagos. E continua a sorprendermi, gettando “l' àncora che tiene ben salda in porto la nave”.