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Veli e disvelamenti:
foto di Eduardo Fiorito 

Liminateatri.it offre ai propri lettori una scelta di fotografie di Eduardo Fiorito, la cui implicita teatralità è data dal rapporto corpi-spazio (scenario): si apre, come afferma Alfio Petrini nel suo commento critico, una dialettica tra il velare e lo svelare.

La Redazione ringrazia di cuore l'artista Eduardo Fiorito, del quale segue un breve curriculum.

Eduardo Fiorito nasce a Napoli nel 1977. Durante il suo percorso professionale, si è dedicato a teatro e multimedia, video-arte e fotografia. Si occupa di “fotografia concettuale” ed i suoi lavori focalizzano uno specifico campo di ricerca: la magia. Staccandosi, però, nettamente dalla tradizione fantasy, la fotografia di Fiorito ricerca l'elemento magico all'interno del più crudo realismo e dell'apparente normalità del quotidiano. La sua ricerca indaga sulla sospensione del tempo e sulla presenza del divino nella concretezza del nostro mondo e della nostra realtà. Collabora con diverse gallerie romane fra cui Takeawaygallery, Galleria di Palazzo Velli, Galleria Gallerati, Hearth Gallery, Galleria Studio 9, Galleria Dodici Pose, Dipartimento Arti Visive e Spettacolo, Electronic Art Café e con lo studio di architettura “Materia”. Ha esposto in Campidoglio, presso la Basilica di San Francesco d'Assisi, nel complesso museale del Forte San Gallo, alla Casa Internazionale delle Donne ed è stato intervistato da Rai Arte che ha dedicato a lui il servizio visionabile al seguente link:

http://www.arte.rai.it/articoli/eduardo-fiorito-larcadia-dietro-la-nebbia/30488/defanet.aspx .

Lepisma Edizioni ha pubblicato “Magia”, libro sul suo lavoro fotografico.

 

 

Veli e disvelamenti

di Alfio Petrini

A margine delle foto di Eduardo Fiorito che Giorgio Taffon ha sottoposto alla mia attenzione mi sembra di poter dire che sono foriere di racconti brevi, a volte brevissimi, che trovano una chiave di lettura a partire dalla fanciulla che appare nel palcoscenico monumentale di Corviale. Come attrice-performer sta lì per vedere, ma anche per essere vista.

La maggior parte delle immagini offre un potenziale che si trasforma in energia creativa dell'osservatore, il quale di conseguenza si sente utile, partecipa, sogna, progetta e prova alcune emozioni. Il che non è cosa di poco conto. Il valore di ciascuna immagine cambia non solo in ragione del momento in cui l'osservatore la osserva, ma cambia anche in virtù dell'ordine assegnato arbitrariamente a ciascuna immagine nella costruzione di diverse sequenze.

Mi torna alla memoria un esperimento fatto molti anni addietro con i bimbi di una scuola dell'infanzia del Comune di Foligno, ai quali – date tre immagini (1,2,3) – ho chiesto di improvvisare un racconto a partire da sinistra verso destra. Cambiando la sequenza (3,2,1 - 2,1,3 – 1,3,2 ), cambiava il racconto. Con le foto di Fiorito ho ripetuto l'esperimento guidato da una sorta d'ispirazione legata alla bipolarità velo/disvelamento riscontrata in alcune immagini, quelle che hanno segnato il viaggio che ho compiuto e che mi hanno fatto sentire utile .

Ciò che ci colpisce di una fotografia è il punctum, dice Roland Barthes nella sua Camera chiara . Secondo il semiologo francese il clic è un atto decisivo e assoluto tra un'assenza e un oblio. E' un arresto del flusso in divenire che trasforma l'oggetto reale in artificio. Ed è proprio alla creatività come “atto simbolico”, come “sublime menzogna” e come “deformazione” che fa riferimento Eugenio Miccini nella introduzione del libro Ritratti d'artista (Comune di Mantova, Archivio della poesia del ‘900, Editoriale Sometti, 2000).

Il velo come punctum, dunque . La tecnica del velo sta a fondamento della creatività. Contribuisce a determinare la poesia dell'opera - data dal comportamento poetico assunto dall'autore nell'atto di raccontare un determinato fatto sotto la spinta dell'urgenza artistica -, e di rimbalzo stimola la creatività dell'osservatore.

Le foto che ho selezionato e che mi hanno accompagnato nell'osservazione hanno una qualità: non descrivono, rimandano ad altro, a qualcosa che non si vede, ma che c'è o che può esserci. A qualcosa che è accaduto, che accadrà o che potrà anche non accadere. Sono di certo frutto della immaginazione attivata dall'osservatore accorto. Rimandano a un indicibile che non può essere detto, che non può essere descritto: pena la perdita del mistero e la dissoluzione dell'opera.

Nel mio peregrinare ebbro ho attraversato veli di stoffa che sembrano di marmo, veli di acqua che entrano dalla cupola di San Pietro e inondano minacciosi la piazza, veli di nebbia nella gola profonda di una valle, veli di paura nell'occhio del prigioniero, veli di luce metafisica estetizzante sullo sfondo di uno sviluppo che non coincide con un reale progresso umano, veli di garza che ricordano gli orrori della vita: inducono al grido e poi all'abbandono di una offerta sacrificale. In queste ultime immagini il velo tradisce il destino finale della utilità . Perde potenza. Perde giri. Si sa, l'artista che cerca la luce trova il buio e la natura dell'opera impedisce l'autonomia creativa dell'osservatore.

Il corpo pensa, percepisce, prova sensazioni e sentimenti, e nel processo organico delle azioni fisiche teatralmente si disvela. Tiene conto dell'uomo nella sua interezza materiale e immateriale. Mostra nella luce umbratile quello che non c'è. La descrizione dell'impalpabile e dell'invisibile rende pertanto inutile il velo , pregiudica la dimensione poetica dell'opera visiva, sfocia nella metafisica della luce.

Sono, dunque, il velo, il tempo e il valore aggiunto della poesia che attribuiscono all'opera fotografica energia, credibilità e mistero. Le immagini di Fiorito a volte nascondono più di quanto dicano ma, a volte, dicono più di quanto nascondano