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Il dionisiaco nel contemporaneo: riflessioni intorno a Le Baccanti di Andrea De Rosa

di Katia Ippaso

 

 

«L'opera d'arte non è uno strumento di comunicazione. L'opera d'arte non contiene letteralmente la minima informazione». Ci sono venute in mente le parole di Deleuze, mentre scrivevamo queste brevi note suggerite da uno spettacolo di Andrea De Rosa, Le Baccanti di Euripide, visto al Teatro Mercadante di Napoli a fine 2017.

De Rosa lavora da anni sulla ‘sensorialità'. Ci ha fatto ascoltare una Elettra di Hoffmannsthal in cuffia. Ci ha immersi nel buio con Molly Sweeney , per farci vivere la stessa esperienza della protagonista non vedente. E ora, con Le Baccanti , ci porta verso una zona ancestrale. Magnifica scenografia, precisa e netta la recitazione. Ma quello che più conta è l'operazione intellettuale che sta dietro questa messa in opera del dionisiaco in epoca contemporanea. Innanzitutto, Dioniso appare sotto la forma di una ragazza vagamente androgina (Federica Rosellini) che viene a prendersi Penteo, lo scettico, il ‘saggio' Penteo, per portarlo verso il nero, l'oscura origine di tutte le cose. E c'è, in quell'apparizione della giovane, nella sua voce possente, qualcosa che ci indica, più che il passato, il futuro. Perché se è vero che letteralmente Penteo verrà fatto a pezzi dalla madre (Cristina Donadio) che si è unita alle Menadi, non per questo il discorso si chiude con l'annichilimento della specie. C'è, al contrario, un richiamo da un tempo che non si è ancora consumato, che sembra girare intorno ai personaggi, esercitando il proprio potere d'attrazione sul piano del suono, e della luce, mentre si ritaglia figurativamente attorno all'esile corpo della fanciulla-Dioniso.

Euripide distingue tra saggezza e ragione, e sembra voler disprezzare coloro che, come Penteo, si credono saggi, accettando di vivere come ‘spettatori' della propria vita: all'inizio dello spettacolo Lino Musella, che interpreta Penteo, è seduto in proscenio con le spalle al pubblico, per ‘godersi' la scena demoniaca, pensando forse che non lo riguardi. Per questo verrà punito e mangiato vivo. La ragione non può che passare invece attraverso un profondo sommovimento di tutto il nostro essere: mette in campo il corpo, ci costringe alla resa o alla vittoria, non senza prima aver ingaggiato un combattimento fisico, estenuante, con l'altrove. La stessa lotta che ogni spettatore dovrebbe potere ingaggiare con la materia scenica. Perché ciò accada, la regia deve agire in modo tale da mettere chi ascolta e chi guarda nella condizione di essere ferito, stordito, lesionato, investito di una forza dionisiaca. Ed è quello che avviene esattamente con questa versione de Le Baccanti .

 

 

Il discorso nietzschiano sull'origine della tragedia (proiezione del dionisiaco sull'apollineo), è assimilato e portato da Andrea De Rosa a un livello estremo di chiarezza, senza che ciò faccia scivolare lo spettacolo su un tono di impotenza nostalgica. Ed è proprio questo il punto. Le Baccanti di De Rosa è un'opera artistica che ci fa vivere veramente la nostra umanissima natura, offrendoci con una tecnica messa al servizio del rigore scenico, una potente testimonianza del dionisiaco, e quindi del sacro. Evidentemente il regista non fa parte della schiera di coloro che rimpiangono i bei tempi andati, arroccandosi su una smunta dialettica che distingue il passato eroico dal deteriore presente. Sa che è compito di ciascuno di noi rendere presente il presente. È compito degli artisti, dei critici, degli attori, e dei registi.

A inizio spettacolo, al Teatro Mercadante, ci era stato consegnato un foglio bianco in cui si avvertiva che l'intensità del suono poteva arrivare a livelli molto alti. Se così non fosse stato, non avremmo veramente potuto fare esperienza di un'opera che spingeva più verso l'intransigenza del rave che verso la colonna sonora di accompagnamento alla parola. D'altro canto la materia dionisiaca necessita di un adeguamento percettivo a livelli anche ‘non consentiti', e non di una molle simulazione. La musica viene prima di ogni cosa. Ed è l'unico modo che abbiamo per chiamare il sacro alla nostra tavola. «La perdita delle molteplici cerimonie e rituali nel pubblico e nel privato ha lasciato un vuoto – diceva George Steiner (Il Castello di Barbablù) – E la musica può ricomporci, raccoglierci, restituirci a noi stessi. Forse può farlo grazie al suo particolare rapporto con la verità. In ogni suo nodo, dalla voce del politico al vocabolario dei sogni, la lingua è intessuta di bugie. La falsità è inseparabile dalla sua vita generativa. La musica può lusingare la vanità, può rendere sentimentali, può far scattare molle di crudeltà. Ma non mente».

Le Baccanti
di Euripide
adattamento e regia Andrea De Rosa
con Marco Cavicchioli, Cristina Donadio, Ruggero Dondi, Lino Musella, Matthieu Pastore, Irene Petris, Federica Rosellini, Emilio Vacca, Carlotta Viscovo, Marialuisa Bosso, Francesca Fedeli, Serena Mazzei
scena Simone Mannino
costumi Fabio Sonnino
luci Pasquale Mari
sound designer G.U.P. Alcaro
musiche originali Alcaro e Davide Tomat
foto di scena Marco Ghidelli
Teatro Mercadante, Napoli, fino al 3 dicembre 2017