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Seminari di drammaturgia (18)

“Corti in scatola da scena. Masterclass di gioco didattico-creativo per la scrittura di una drammaturgia breve”

di Alfio Petrini

Il seminario “ Corti in scatola da scena ” di Lina Maria Ugolini ha chiuso il primo ciclo di seminari di scrittura drammaturgica iniziato nel mese di settembre dello scorso anno. Venti seminari e diciannove resoconti. Una quantità apprezzabile che ha segnato il successo della iniziativa condotta dal Cendic in collaborazione con le Biblioteche del Comune di Roma e la rivista on line Liminateatri.

I resoconti sono stati scritti in parte dal sottoscritto e in parte da Giorgio Taffon, direttore della rivista. Sono stati pubblicati sui siti del Centro, delle Biblioteche di Roma e della rivista medesima, ad eccezione di quello relativo al seminario che ho condotto nella sede della Casa delle Traduzioni e che aveva come tema “ La didascalia nel testo per il teatro totale ”.

Il valore complessivo della proposta culturale, le variegate articolazioni tematiche dei seminari, le indicazioni metodologiche emerse con riferimento concreto alle scritture drammaturgiche vigenti, hanno decretato non solo il successo quantitativo, ma anche quello qualitativo del Progetto, evidenziando la ricchezza dei punti di vista e la professionalità dei drammaturghi che fanno parte del Centro Nazionale di Drammaturgia Italiana Contemporanea.

Lina Maria Ugolini fa parte del folto gruppo di scrittori del Centro dotati di solide conoscenze teoriche e di inequivocabili capacità artistiche. Scrive testi per il teatro, favole e romanzi. Insegna al Conservatorio di Catania occupandosi del rapporto tra testo linguistico e musica.

Ha aperto il seminario andando dritta al cuore dei problemi e proponendo un gioco molto apprezzato dai seminaristi. Con un sorriso dolce e accattivante ha detto in premessa che “la scrittura porta con sé nocciolo e seme”, che “la semplicità è una complessità risolta”, che la scrittura deve essere praticata sotto la spinta dell' “urgenza“ artistica. Urgenza come voglia dirompente di scrittura, come necessità assoluta che libera (se c'è) il comportamento poetico del drammaturgo, e determina la poesia della scena: la poesia che non risiede nell'aura poetica della parola, ma in tutto quello che accade in scena, nell'ordinato disordine della scrittura scenica.

Il gioco proposto dalla nostra drammaturga si è avvalso di quattro mazzi di carte: “le carte dei luoghi, le carte dei tempi, le carte degli oggetti e le carte dei personaggi”. Si tratta, è chiaro, di un gioco didattico-creativo che, in avvio, potrebbe essere arricchita da alcune informazioni supplementari. Almeno due. La prima: il luogo è ovviamente il luogo della finzione scenica, ma al drammaturgo potrebbe capitare di trovarsi di fronte ad un luogo reale (funzionale al teatro comunemente chiamato teatro dei luoghi ): un luogo che ha i suoi rumori e i suoi suoni, la sua luce e le sue immagini (fantasmatiche): un luogo che (se il drammaturgo o il drammaturgo/regista ha la capacità di ascoltarlo) racconta le sue storie segrete, diventando così contenitore e contenuto di evento. Si tratta d'informazioni suggestive che potrebbero benevolmente influenzare anche la scrittura che parte dal presupposto del luogo della funzione scenica, che non è o non dovrebbe essere mai puro ornamento. La seconda informazione: tutto serve per comunicare, non serve solo la parola: serve un sistema variegato, e per alcuni aspetti prezioso, di segni verbali e non verbali che la semiotica moderna mette a disposizione e che il drammaturgo mette in preventivo nel corso della scrittura drammaturgica fino alla imperfezione finale dell'opera.

Ogni persona coinvolta nel gioco ha scelto quattro carte e ha inventato una storia. Se ho capito bene, il punto di partenza è la fabula. La sinossi è invece il punto di arrivo. Il punto di partenza, cioè la fabula, è costituita da macro-azioni fisiche che a poco a poco vengono frantumate e ridotte a micro-azioni fisiche, quelle ritenute dal drammaturgo funzionali alla storia che intende raccontare e alla scansione del racconto in scene o sequenze che portano con sé ritmo ed energia.

Alla fine del seminario si è convenuto di sostituire la dizione “testo breve” con il termine “sintesi”, perché l'aggettivo “breve” rimanda ad un testo di breve durata, mentre la sintesi rinvia alla natura fulminante della miscela linguistica eterogenea prefigurata dal testo linguistico.