EditorialeIn itinereFocus Nuove arti visive e performative A sipario aperto LiberteatriContributiArchivioLinks
         
       
 

Acqua di colonia


di Alfio Petrini

 

Acqua di colonia della Ditta Frosini & Timpano ( I testi, 2016 Cue Press, Imola ) non lascia scia di profumo. È acqua passata. Acqua marcia. Per l'immaginario collettivo sono gli anni del fascismo trionfante, violento e contraddittorio. Il libro accompagna lo spettacolo omonimo e figura nel Cartellone del Teatro India assieme a Risorgimento pop, sgangherato e affascinante ragionamento su un uno dei più importanti periodi della storia d' Italia.

Acqua passata? Ieri si presentava sotto la veste di un colonialismo tardivo. Oggi lo sguardo cade su un altro periodo che chiama in causa l'identità nazionale e implica forme reiterate di razzismo. I viaggi sono fughe dalla fame, dalle guerre e dalle persecuzioni. Il motore è quello della speranza che non muore mai.

Le migrazioni solcano il deserto. Attraversano il Mediterraneo. La storia si ripete drammaticamente. Il futuro sciancato e sanguinante lascia campo libero alle ingerenze delle multinazionali tese allo sfruttamento del territorio (oro, diamanti, petrolio). Il futuro non c'è. Non c'è perché è stato distrutto. Le certezze sono per tutti effimere e inconcludenti. Migranti e residenti alimentano la guerra tra poveri. “Prima noi e poi loro”. “È una invasione”. L'esodo si allargherà sempre di più e porrà problemi più grandi della banale ricerca di una casa e di un lavoro. I seminatori di speranza guardano verso l'Europa. Divisa, non sa cosa fare. Tutti hanno una ricetta. Il baccano è assordante. Il terrorismo esplode. I gestori di alberghi e le associazioni del volontariato fanno business, la speculazione politica ci lascia lo zampino, la conquista coloniale, arrivata fuori tempo massimo, si trasforma in razzismo. Africa coacervo di crimini e di mistificazioni. Africa violentata. Africa dei sapienti che non sono in grado di tirarci fuori dal pantano del presente europeo. Di fronte a questo presente i due performer/drammaturghi lanciano un “urlo atroce” (come scrive Igiaba Scego nella prefazione) che porta con sé il valore della denuncia e il ghigno dello sberleffo.

Di che si servono i performers per realizzare la scrittura drammaturgica? Di tutto quello che è utile a comunicare. La strategia sembra essere quella di presentare il testo, non di rappresentarlo. Usano, quindi, “le infinite pubblicità” che hanno neri per oggetto; Bilbolbul , il primo fumetto italiano, creato da Attilio Mussino nel 1908; La guida dell'Africa orientale italiana del 1938; il fondamentale Cultura e Imperialismo di Edward e molti romanzi, belli e brutti, dal Tempo di uccidere di Ennio Flaiano ai romanzi gialli di Giorgio Ballario, dischi a 78 giri degli anni Trenta: Carlo Buti, Umberto Bertini, Pasqualillo, e tutte le canzoni di Rodolfo De Angelis – Sanzionami questo, Va fuori d'Italia prodotto stranier, La Canzone del Bol…scemismo, che sono piccoli capolavori. Oggetti? Un bambolotto, il Cicciobello nero, fantastico, ma anche le maschere antigas della Pirelli. E poi Topolino in Abissinia di Crivelli, la canzone, con Topolino tutto allegro che va in Abissinia e vuole sterminare il Negus e con la pelle dei neri vuole farci il rivestimento della macchina o i guanti per la mamma. E poi c'è Angeli ner i, una canzone sudamericana del 1948 cantata in italiano da Carlo Buti, che divenne un sketch di Tognazzi e Agus, poi rifatto pure da Gino Bramieri prima e da Pippo Franco poi. E I Watussi del 1963, gli appunti per un' Orestiade africana di Pasolini, film come Luciano Serra Pilota di Alessandrini del 1938, Teza di Haile Gerima del 2008 e Il leone del deserto di Mustafa Akkad, 1981, La mia Africa , tanto il romanzo di Karen Blixen quanto il film, le performance di artisti contemporanei Makode Aj Linde e Brett Bailey, i romanzi di Erminia Dell'Oro, o Il latte è buono di Garane Garane, Adua di Igiaba Scego, lo splendido Pinocchio in Africa di Cherubini, 1904: libri di gerarchi o volontari della guerra di Etiopia, il bel libro di memorie dell'esploratore Gustavo Bianchi Alla terra dei Galla , 1884, Io in Africa di Sem Benelli - il drammaturgo della Cena delle beffe -, che andò in Africa anche per riscattassi rispetto ad una disgrazia che aveva avuto nel regime, il bellissimo Il poema africano di Marinetti che andò volontario in Africa a sessant'anni per la guerra in Etiopia, il dramma teatrale Più che l'amore di D'Annunzio, e Zafferanetta di Pirandello. È la storia di un uomo che va in Africa a lavorare, ha una figlia con una donna africana e se la riporta nella sua casa, in Sicilia, dove viene trattata come un “animaletto domestico” perché nessuno è in grado di accettarla.

I due performer non hanno visto l'Africa. Se la immaginano. Invitano a fare come Salgàri, che non ha visto niente. <<Immaginate il giallo>> - scrivono - <<un giallo giallo, immaginate il sole, il sole giallo, il caldo, immaginate il caldo. È caldo, Africa di merda. Settimane di nave e di speranza, Napoli , Port Said, Suez, il Mar Rosso e poi l'inferno. Il porto di Massaua. La porta dell'impero. O dell'inferno. È caldo. Un fuoco in corpo, un calore, un'oppressione, un'umidità spaventosa qui a Massaua. Immaginatela, immaginate la camicia, la giacca, le mutande, i calzini incollati addosso dal sudore. È caldo. Mosche dappertutto. Immaginate di scendere in città. È tutta bianca. È bella. Per forza. Praticamente l'abbiamo costruita noi Massaua, Massaua. Immaginatela Massaua, immaginatela bene perché non la vedrete mai, c'è troppo sole oggi è pure estate oggi in Africa Orientale. Immaginate il sole, il sole bianco>>. E più avanti: << Bellissimo. Ci siamo. Il paesaggio. Siamo paesaggio. Diventiamo paesaggio, diventiamo dune e palme e oasi, e un orizzonte piatto, un cielo abbagliante e la luna di notte e le belve, sì ma io non so fare il suono delle belve, neanche l'ho mai sentito, ecco, dobbiamo essere il paesaggio, il paesaggio africano. Una luce gialla, forte. Ecco il giallo mi sembra una idea centrale. Giallo. Sì, giallo giallo giallo come il sole africano, il deserto, il nostro posto al sole>>.

Questi le parti migliori del testo. Passaggi di cose mai viste che alleggeriscono i grumi delle informazioni e alimentano il flusso torrentizio della miscela linguistica. La materia sfrigola efficacemente e il crepitìo è quello della scrittura drammaturgica che mette in preventivo una scrittura scenica profumata di poesia.

Ai fatti e agli avvenimenti che vengono presentati assiste, seduta su un piccola sedia, una donna che non ha diritto di parola.

Acqua di colonia

di Elvira Frosini e Daniele Timpano

prefazione di Igiaba Scego

Cue Press, Imola, Bologna, 2016, pp.71, euro 10.99