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La lunga notte del terrorismo di Stato in America Latina

 

di Cesare Rinaldi

 

 

L'elezione di Salvador Allende in Cile, nel settembre del 1970, aveva aperto la prospettiva di una via democratica e pacifica al socialismo. È da quella data che occorre partire per comprendere quei mutamenti politici autoritari che si manifestarono in molti paesi latinoamericani, in particolare tra gli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso, e che si concretizzarono attraverso colpi di stato militari.
Il timore degli Stati Uniti per il propagarsi del comunismo in America Latina, rafforzatosi dopo il successo nel 1959 della rivoluzione castrista, divenne una minaccia incombente dopo il successo elettorale di Unidad Popular in Cile. La tragedia consumatasi in quel piccolo angolo del mondo, culminata con il colpo di stato dell'11 settembre del 1973, appariva agli occhi degli strateghi nordamericani come l'unica soluzione possibile per scongiurare quella che era ormai diventata una minaccia concreta.
La dittatura in Cile non era però un caso unico nel continente sudamericano: il Paraguay nel 1954, il Brasile nel 1964, la Bolivia nel 1971 e l'Uruguay nel 1973 erano finiti sotto il controllo delle forze armate. Il golpe cileno ebbe però il potere di invertire la rotta della storia e di aprire una pagina nuova e tragica in quel continente.
La conquista del potere per via elettorale e nel rispetto delle istituzioni, in un continente segnato da grandi diseguaglianze economiche, rappresentò un autentico spartiacque. Da una parte, tale conquista appariva un'utopia realizzata, dall'altra, c'era chi vedeva in quel tentativo un sovvertimento dell'ordine naturale delle cose.
A rovistare tra le pagine in parte ancora aperte su quegli anni bui, un contributo importante è offerto da un volume appena pubblicato dalla casa editrice Castelvecchi nella sua collana ‘Stato di eccezione'. Il libro, dal titolo Operazione Condor. Storia di un sistema criminale in America Latina , scritto da Fabio Cantoni e dal criminologo Lino Rossi, ricostruisce la rapida espansione dell'ondata dittatoriale che investì, salvo poche eccezioni, tutti i paesi dell'America Latina.
Prendendo le mosse dagli atti del processo italiano celebrato a Roma (processo Condor) e conclusosi con una storica sentenza di primo grado nel 2017, e avvalendosi di informazioni ormai di dominio pubblico dopo la declassificazione di migliaia di documenti della CIA e del Dipartimento di Stato Americano, gli autori ricostruiscono le fasi salienti della realizzazione della spietata macchina di morte che prese il nome in codice di Piano Condor. Si trattava di un piano coordinato dalle dittature del Cono Sud per perseguire, torturare e assassinare dissidenti politici senza frontiere.
Proprio dal Cile partì l'idea di coordinare su scala continentale la repressione di qualsiasi forma di opposizione. La caccia ai nemici non si limitò a un solo paese, occorreva occuparsi anche degli esuli che trovavano rifugio all'estero, spingendosi ben oltre i confini latinoamericani, come dimostrato dal clamoroso omicidio dell'ex ministro cileno Letelier a Washington nel 1974.
Un'organizzazione che, sotto l'attenta regia della CIA, coinvolgeva tutte le forze di sicurezza e dell'intelligence di quei regimi militari, che potevano scambiarsi informazioni e catturare più agevolmente i fuggitivi.
Una ‘guerra sporca' contro un ‘nemico interno', portatore di valori contrari all'ordine costituito. Una repressione demenziale e implacabile condotta non solo contro le organizzazioni guerrigliere, ma contro ogni forma di opposizione.
La metodologia repressiva dei militari non aveva come finalità solo l'eliminazione fisica degli oppositori, ma anche la paralisi sociale. La natura del ‘sovversivo', epiteto con cui il nemico veniva apostrofato dalla propaganda di regime, rendeva necessario un controllo totale sulla società. Una guerra psicologica per irretire le coscienze e condizionare il modo di pensare degli individui. Il terrore veniva utilizzato come strumento per disciplinare le masse, condizionare il sistema delle relazioni sociali e favorire un clima di delazione e di diffidenza reciproca.
La militarizzazione del continente si completò con il golpe argentino, ultimo paese a piombare nel baratro della dittatura militare.
Proprio ai sette anni bui della feroce dittatura argentina (1976-83) è dedicato il film-documentario Una generazione scomparsa. I mondiali in Argentina del 1978 , di Daniele Biacchessi e dell'illustratore Giulio Peranzoni, tratto dall'omonimo libro del giornalista e scrittore Biacchessi pubblicato da Jaca Book.
Il lavoro, realizzato con l'ausilio delle tecniche di illustrazione LDP e prodotto grazie al finanziamento di centinaia di persone attraverso una straordinaria campagna di crowdfunding, rappresenta un necessario contributo alla memoria su quegli anni maledetti.
Il film si apre con le immagini della finale dei campionati del mondo di calcio del giugno del 1978 tra i padroni di casa dell'Argentina e l'Olanda. Quel mese segnò il momento di maggiore popolarità del regime militare di Videla e Massera, e anche quello in cui il mondo si rese maggiormente complice di uno sterminio praticato nell'indifferenza e nell'omertà della comunità internazionale.
Nel delirio collettivo, la nazione fu invasa da manifestazioni con lo slogan ‘25 milioni di argentini giocheranno la Coppa del Mondo'. L'Argentina aveva ottenuto la candidatura già nel 1966. L'organizzazione del mondiale era all'ordine del giorno della prima seduta della giunta militare dopo il golpe del 24 marzo 1976. Un'imperdibile occasione per mostrare al mondo l'efficienza di un paese moderno, ordinato e in pace.
Strade piene di gente che si abbracciava. Eppure, si trattava dello stesso paese in cui le persone si isolavano per paura e sospettavano di chiunque.
La nazione visse in uno stato di esaltazione collettiva, mentre a poche centinaia di metri dagli stadi, tra le pareti insonorizzate dei centri clandestini di detenzione, decine di migliaia di giovani venivano sequestrati, orribilmente torturati e gettati vivi con i voli della morte nel Rio de la Plata.
Più tardi, sarà la Storia a trasformare quel mondiale di calcio da una vittoria dello sport alla sconfitta di un popolo.
Nel film si racconta l'episodio che vide protagonista il campione argentino Kempes, unico giocatore a non stringere la mano del dittatore Videla durante la premiazione. Anche se, a distanza di anni, sarà lo stesso protagonista a smontare quella leggenda, spiegando che quel gesto fu dovuto solo alla grande ressa che si produsse in quei momenti e che non gli consentì neppure di alzare la Coppa al cielo.
Il lavoro di Biacchessi è un viaggio negli abissi dell'orrore, la storia di un paese disseminato di campi di concentramento, di atroci torture, di figli strappati ai loro genitori e dati in adozione ai carnefici. Il disprezzo della vita spinto oltre ogni limite immaginabile.
Con il suo meritevole lavoro, che da diverse settimane l'autore sta presentando in giro per l'Italia, il giornalista-scrittore apre i ‘cassetti dimenticati' della Storia e contribuisce a pagare un debito collettivo che noi, ‘italiani brava gente', abbiamo nei confronti di quella terra, cui voltammo le spalle.

 

 

Operazione Condor. Storia di un sistema criminale in America Latina
di Lino Rossi e Fabio Cantoni
Castelvecchi, Roma, 2018, pp. 235, euro 17,50.

Una generazione scomparsa. I mondiali in Argentina del 1978 (libro con DVD)
di Daniele Biacchessi
film documentario di Daniele Biacchessi e Giulio Peranzoni
Jaka Book, Milano, 2017, pp. 128 , durata del video 60 minuti, euro 14,00