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Elena Di Gioia: un'esploratrice di parole e di scritture

intervista di Letizia Bernazza

 

Elena Di Gioia è la direttrice artistica del progetto Focus Jelinek, un lavoro complesso e sapientemente articolato sull'opera della scrittrice e drammaturga austriaca Elfriede Jelinek, Premio Nobel per la Letteratura nel 2004.

Conosco Elena Di Gioia da diversi anni e la considero una moderna “esploratrice di parole e di scritture”. La sua ricerca di rara meticolosità nel mettersi all'ascolto degli universi - stilistici ed emotivi - degli autori e delle autrici che sceglie, è indice di un'insolita predisposizione a cogliere le “impalcature” sulle quali vengono costruiti i testi e le partiture drammaturgiche. Ma, ancora più importante è che Elena Di Gioia è capace di stabilire relazioni tra quelle scritture e il nostro presente, con il risultato di entrare talmente in contatto con la sostanza e, altresì, con il “non-detto” delle parole, da calare magicamente quelle stesse opere nella nostra contemporaneità. È questa lucida intelligenza, infatti, mista al talento di farsi trascinare dal flusso vitale e immaginifico dei testi, a rendere possibile poi il coinvolgimento di attori e di attrici, di registi e di compagnie che accolgono con altrettanto interesse e partecipazione di penetrare e svelare il fitto mistero del percorso creativo degli autori.

Elena Di Gioia, direttrice artistica Festival Focus Jelinek

Di recente è accaduto con l'approfondimento su Fabrice Melquiot, affermato drammaturgo della scena contemporanea francese al quale Anna Amadori, co-fondatrice del bolognese Teatro Reon, insieme a Elena Di Gioia hanno voluto dedicare spettacoli e una fitta rete di appuntamenti. Ricordiamo peraltro che il 31 ottobre prossimo al Teatro Vascello di Roma, nell'ambito de Le vie dei Festival sarà portato in scena L'inatteso (per chiunque avesse il desiderio di conoscere nel dettaglio il lavoro di Fabrice Melquiot, si veda il contributo di Elena Di Gioia su Liminateatri nella sezione “Liberteatri”).

Fino al prossimo marzo, sarà invece la volta dei numerosi eventi, spettacoli, giornate di studio, volte a far conoscere la poliedrica attività di Elfriede Jelinek. Un'occasione unica per entrare in contatto con un'autrice singolare che, senza il lavoro di Elena Di Gioia, non avremmo avuto modo di conoscere e di apprezzare.

La mappa dei teatri e delle città del Festival Focus Jelinek

Perché hai scelto di dedicare un Focus-Festival a Elfriede Jelinek?

Tutto parte dall'ammirazione che è di certo l'architettura su cui si è costruita l'idea di dedicare un progetto a questa grande autrice, troppo poco conosciuta in Italia.

Elfriede Jelinek è tra le autrici più pungenti, più coraggiose della scena contemporanea e la sua scrittura emerge affilata a bucare la nostra realtà e le rappresentazioni che ne costruiamo. Elfriede Jelinek va al fondo delle cose stesse e lo fa attraverso il linguaggio, che è il grande schiaffo con cui smaschera le categorie. Questo è il fondamento sul quale poggia la composizione del progetto dedicato a lei e in questa zona risiede l'ammirazione per la sua scrittura.

Penso che la forza della cenere disegni il senso dell'ammirazione: <<non vi è cenere senza fuoco>>, scriveva Derrida e da tempo le scritture di Elfriede Jelinek sono state una presenza discreta e tumultuosa allo stesso tempo, come la cenere, pur a volte nel silenzio, per alcuni artisti che sono parte del progetto. Tale ammirazione coltivata nel tempo riguarda anche il mio caso. Nel 2002 la compagnia di Werner Waas – Quellicherestano portò in scena a Bologna, in un festival che co-curavo, L'addio di Jelinek e quello è stato il primo contatto con questa scrittura. Poi le letture e poi nel 2006 Angela Malfitano, in un progetto per Leo de Berardinis, dedicò un frammento da La regina degli elfi diventato in seguito uno spettacolo e da quel momento con Angela è nato il pensiero di approfondire questa autrice. Elfriede Jelinek è importante anche per Andrea Adriatico che da anni conosce e ammira l'opera di Elfriede Jelinek, alla quale dedica una trilogia.

La ricca kermesse vede la partecipazione di moltissimi artisti. Che cosa ha determinato il loro coinvolgimento? A tuo avviso, che cosa significa oggi per un artista, per una compagnia, mettersi all'ascolto dell'universo di un'autrice come Elfriede Jelinek, incredibilmente capace di entrare nelle pieghe della parola per svelare il suo essere presente nella contemporaneità?

In alcuni casi, appunto, bruciava già la “cenere dell'ammirazione”. In altri casi, sono stati inviti appositamente rivolti ad alcuni artisti a partire da certi testi in particolare. Un periodo intenso e straordinario di immersione, a capofitto, nelle scritture di Elfriede Jelinek e nella composizione, che mano a mano si sono definite, delle azioni del progetto: in condivisione con le compagnie sono nate le nuove produzioni come con Tra un atto e l'altro (Angela Malfitano e Francesca Mazza) con Accademia degli Artefatti, Teatrino Giullare, Andrea Adriatico/Teatri di Vita; le azioni sceniche di Ateliersi e di Fanny & Alexander; letture /progetto come è il caso delle tre attrici per tre città, Anna Amadori, Elena Bucci, Chiara Guidi intorno al discorso che Elfriede Jelinek ha pronunciato per il Premio Nobel, e ancora un progetto speciale nato dal confronto con Chiara Guidi e rivolto alle biblioteche; un laboratorio all'Università diretto da Claudio Longhi; un convegno spettacolo che curo con Claudio Longhi; la ripresa de La regina degli elfi di Angela Malfitano che propone anche un laboratorio nelle scuole con Nicola Bonazzi; nuove traduzioni ( FaustIn and out e I rifugiati coatti ) e nuove pubblicazioni; strumenti per il pubblico come il Quaderno Jelinek e Parole Jelinek on line . Un vero e proprio “vortice” di confronti, interrogazioni, su questa opera e su questa autrice.

Le amanti_Teatro Giullare

Ogni compagnia è entrata nel “luogo” della scrittura di Elfriede Jelinek, che è un luogo complesso in cui stare, sfilandone questioni della nostra contemporaneità, cercando al fondo di questa autrice, di cui viene detto che consegna con i suoi testi delle vere e proprie sfide per chi decide di metterli in scena. Ogni compagnia ha cercato al fondo dei testi, a quello che si deposita.

Per il lavoro di scavo nel linguaggio, che a volte spalanca anche nella forma del montaggio intertestuale, Elfriede Jelinek fa scuotere le zolle di terra della nostra realtà, affonda nell' epica del linguaggio e della rappresentazione e costringe a sporcarsi le mani, rovistando tra queste zolle. Nella mia personale percezione, rispetto ai lavori che sono in allestimento, è stato come se gli artisti avessero b ucato i testi di “spioncini” da cui far intravedere altro, come fossero riusciti ad attraccare un amo alla rete del flusso, della scivolosità , a volte, dei testi e da quella posizione di pericolo , ci fanno leggere e guardare l'opera.

È, infatti, una scrittura che lavora come un tarlo, a volte manifesto, a volte appartato, che scava tunnel sotterranei della “parola” e fa risalire anche le voci sommerse e nascoste nel testo. Questi tunnel sotterranei, questi tarli della parola e della visione sono tra i tratti di forza di Elfriede Jelinek.

Il Festival, oltre a interessare tanti artisti, penetra nel tessuto civile e teatrale di molte città emiliane. La diffusione così capillare è forse il riflesso stesso della scrittura della Jelinek? Del suo attraversamento vertiginoso e penetrante in un Mondo, che reclama attenzione da parte di tutti noi?

Sicuramente la diffusione, la disseminazione è stata l'immagine di partenza: all'inizio è stato come se le scritture di Elfriede Jelinek, che avevano bisogno di un luogo in cui essere accolte, diventassero trasparenti, come un leggero foglio di carta velina da adagiare sulle nostre città, da appoggiare, pungendo la città, e da lì disseminandosi in molteplici “rivoli”. Lo sguardo si è rivolto non a una singola città, ma all'intera regione Emilia Romagna come il luogo, la città allargata, che potesse ospitare queste scritture. Una città allargata abitata da tanti artisti e da teatri, festival, biblioteche, cinema, spazi culturali, di una pluralità di città, che per la prima volta hanno aderito ad un unico progetto artistico.

La forma, dedicata e particolare di questo progetto, che focalizza il centro di attenzione su una questione specifica, ovvero questa autrice e le sue scritture, è la moltiplicazione: degli artisti coinvolti e delle tante città. Da progetto è diventato Festival e tra i suoi aspetti importanti c'è quello di aver sostenuto le produzioni, di averle accompagnate e promosse, ognuna con più repliche, connettendo la produzione alla programmazione. E questo è stato possibile grazie all'adesione e alla convinzione dei soggetti che hanno collaborato al p rogetto, disegnando un nuovo e possibile discorso nell'ambito della progettazione culturale.

 

Elfriede Jelinek_ritratto di Karin Rocholl, 2004 si ringrazia Picture Press Bild per la concessione

Questo Progetto propone per molti una scoperta, un viaggio che mi auguro il pubblico deciderà di percorrere, attraverso i testi, le visioni degli artisti e attraverso i paesaggi di cui Elfriede Jelinek è tessitrice; panorami, affreschi, che va a corrodere davanti ai nostri occhi.

Conoscete questo BEL paese con le sue valli e colline? / è circondato

in lontananza da belle montagne, ha un orizzonte, cosa che non molti paesi /

hanno. / conoscete i prati, i campi, i pascoli di questo paese? conoscete le sue case

tranquille e la / tranquilla gente che ci sta dentro?

(da Le amanti di E. Jelinek, traduzione di Valeria Bazzicalupo)

L'opera di Elfriede Jelinek rende le nostre lenti più scheggiate e dalla “deformazione rende riconoscibile” per riprendere un passaggio riferito a Thomas Bernhard.

L'irruenza della sua scrittura squarcia i veli, smonta le categorie già note della rappresentazione e ci mostra il fondo di noi e delle cose stesse.

Per ulteriori informazioni:

Festival Focus Jelinek

www.festivalfocusjelinek.it