Tamara, il mio personaggio Intervista a Rossella Pugliese di Carlo Alberto Biazzi

Foto di Roberto Chiovitti

Una commedia divertente e delicata che ha fatto la storia del cinema. È così che viene lanciato lo spettacolo Fiori d’acciaio per la regia di Michela Andreozzi e Massimiliano Vado con un cast tutto al femminile. Ambientato negli anni Ottanta, lo spettacolo – che sarà al Teatro Tor Bella Monaca il 7 e l’8 aprile – vede tra le sue interpreti Tosca D’Aquino, Martina Colombari, Rossella Pugliese, Martina Difonte, Gioia Spaziani e Stefania Micheli.
Le note di regia sono chiare ed efficaci. Michela Andreozzi dichiara: «Fiori d’acciaio è per me l’occasione di costruire, con un cast così ricco e variegato, una banda di soliste, in grado di suonare insieme ma di battere in volata quando serve; disegnare personaggi anche estremi ma capaci di ascoltarsi, o di imparare strada facendo ad accogliersi senza snaturarsi. Solo da adulta ho scoperto che il film era una pièce teatrale, ancora attualissima, sotto un superficiale strato di polvere
fisiologico, e perfettamente rappresentativa di un microcosmo, quello del negozio di provincia, che è specchio di macrocosmi le cui dinamiche, perfino oggi, fanno fatica a cambiare».
Per noi, Rossella Pugliese, che vanta un’eccellente carriera da attrice, risponderà ad alcune domande.

Rossella, ormai una regina del teatro. Ci racconta qualcosa di questa sua nuova avventura, uno spettacolo tutto al femminile. 

Fiori d’acciaio è l’occasione di lavorare con un gruppo di attrici eccezionali, ciascuna con un bagaglio diverso e carico di esperienze, che rafforza e arricchisce il gruppo stesso. Il testo riadattato meravigliosamente dalla nostra regista Michela Andreozzi, riesce a dare a ogni personaggio spazio e spessore. Co-dirige lo spettacolo anche Massimiliano Vado che ha grande sensibilità e accortezza per le sfumature.

E il suo personaggio? 

Interpreto Tamara, parrucchiera, la proprietaria del negozio, luogo deputato per i nostri pettegolezzi fra amiche, libero da ogni censura, in cui tutte possiamo metterci a nudo ma confrontarci anche su argomenti più seri. Tamara è una donna avvenente, dal sorriso stampato, ha fatto del suo motto uno stile di vita: «La bellezza naturale non esiste». È perfetta nella sua vita ma, nonostante ciò, il rapporto col marito sembra mancare di qualcosa. Lei c’è sempre per le sue amiche, anche quando mancano le parole.

Nella nota di regia leggo: «Se c’è una cosa che le donne sanno fare è essere terribili, spietate e capaci di affrontarsi». Come vive lei il rapporto con le donne? 

Tutte le donne sono mie alleate, vado sempre d’accordo in gruppi tutti al femminile e adoro lavorare con registe donne. Anzi, direi che la crescita maggiore, il sostegno, le possibilità, la spinta mi sono arrivate quasi tutte da donne. Sì, indubbiamente siamo molto articolate, ma credo che se c’è rispetto per il lavoro, se c’è ascolto e confronto, si annulla lo scontro. Scrivere di donne apre un ventaglio di possibilità enormi. È vero, a volte sappiamo essere terribili e spietate; tuttavia, per esserlo occorre una grande forza. A noi non è permesso di retrocedere, noi siamo quelle che restano, sempre, anche nei momenti più difficili.

Fiori d’acciaio è una commedia divertente. Si trova più a suo agio in ruoli drammatici o comici?

Ho la necessità di variare. Più che una preferenza sento che molto spesso prediligo una direzione invece che l’altra in modo naturale e, senza accorgermene, alterno testi divertenti a testi più seriosi o drammatici. Mi succede la stessa cosa quando scrivo. È come se l’argomento mi scegliesse di volta in volta, non forzo più di tanto l’inclinazione della scelta. Vado sempre verso ciò che istintivamente mi sceglie.

La commedia è ambientata negli anni Ottanta. Qual è il suo rapporto con il passato? Cosa rappresenta?

Sono una fan della malinconia. Il passato mi è necessario, purtroppo. Dico purtroppo, perché a volte è difficile scegliere il nuovo quando il ricordo e le sensazioni sono così ben conservate. Ne sono prova le cose che scrivo, primo fra tutti Rusina, testo autobiografico che racconta la storia di mia nonna. Non sarei riuscita a fare un salto, a concedermi di andare oltre se non fossi partita dal passato, se non fossi certa d’aver testimoniato quella parte della mia vita. Il passato rappresenta la radice, il gancio saldo che mi ricorda da dove vengo ma anche la via che avrei voluto intraprendere. Ricordo che ho sempre avuto il desiderio di “andare” e sono ancora in viaggio.
La nostra commedia è ambientata in anni in cui ancora c’era poca contaminazione, le modernità erano la tv, la radio, un nuovo giornale, e in qualche modo anche le anime di una volta erano più chete. Il passaggio è stato così rapido che molti, avendo vissuto quegli anni, ne sentono ancora la mancanza. Sarà un divertente tuffo nel passato.

Tanto teatro, ma anche tanto cinema. Quali progetti a cui ha partecipato le sono rimasti nel cuore?

Ci sono sempre dei lavori che ti cambiano, a cui ci si affeziona più che ad altri. Io ne ricordo molti; ricordo la mia prima volta a teatro, per esempio. Il primo lavoro pagato, quando era ancora tutto un punto interrogativo. Ricordo le parole che Ettore Scola mi disse sul set, in occasione del film Che strano chiamarsi Federico, l’emozione di portare in scena i miei due spettacoli Rusina e Ultimo Strip e le parole del pubblico. L’ emozione di stare in scena con giganti del cinema e del teatro come Roberto Herlitzka, Isa Danieli, Eros Pagni. Porto nel cuore alcuni colleghi eccellenti da cui ho imparato tanto, che con gioia sono diventati amici come Tosca d’Aquino, conosciuta sul set di Veleni per la regia di un’altra grande donna, Nadia Baldi. E poi il piacere di essere nel cast di Fiori d’acciaio insieme ad altre grandi attrici: Martina Colombari, Gioia Spaziani, Stefania Micheli, Tosca d’Aquino, Martina Difonte.
Sei donne in scena, sei storie da condividere.